Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9423 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9423 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA
sul ricorso 8884-2014 proposto da:
BUDETTA GIUSEPPE, CAPO ZZI ANTONIO, ZONTA ENZO,
DIOGUARDI ANTONINO, BERTIZZOLO SILVANO, DI
GIULIO GIOVANNI BATTISTA, GANASSIN PALMIRO,
PELLIZZARI ENRICO, PINNA GIOMMARIA, SERRA
ANTONIO, FAZIO FRANCESCO, CORSO RUGGERO,
GIORDANO MARIO, PILLONI PIERO, – VIDALE DELFINA,
MONTIBELLER LUCA, quali eredi di Montibeller Bruno -, DIANA
PIERO, BOSCA FRANCESCO, FRISALDI VITO, FACCO
RENATO, CAMILLI MAURO, REMOLI GIULIO, PIASENTE
ANGELO, GASPERIN CARMELA, MARTINUZZI GIOVANNI,
SERAFINI FRANCESCO, FALSO SALVATORE, ROMAN

559

,5-(5

Data pubblicazione: 08/05/2015

LUIGINO, GOFFI ATTILIO, ZANE1 1 E GIUSEPPE,
NOTARFONZO UGO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato
SALVATORE CORONAS, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato UMBERTO CORONAS giusta procure speciali in calce al

– ricorrenti contro
MINISTERO DF.I ,T ;ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DF.T.L0 STATO, che lo rappresenta
e difende ope legis;
.f

– controricorrente –

.

avverso il decreto n. 2103/2013 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA del 17/06/2013, depositato P 1 1 / 11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/01/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;
udito l’Avvocato Sgueglia Andrea (delega avvocato Coronas Salvatore)
difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti e chiede raccoglimento
del ricorso.

Ric. 2014 n. 08884 sez. M2 – ud. 28-01-2015
-2-

ricorso;

Svolgimento del processo
Budetta Giuseppe, Capozzi Antonio, Zonta Enzo, Dioguardi Antonino,
Bertizzolo Silvano, Di Giulio Giovanni Battista, Ganassin Palmiro, Pellizzari
Enrico, Pinna Giommaria, Serra Antonio, Fazio Francesco, Corso Ruggero,

Montibeller Bruno), Diana Piero, Bosca Francesco, Frisaldi Vito, Facce
Renato, Camilli Mauro, Remoli Giulio, Piasente Angelo, Gasperini Carmela
(erede di Martinuzzi Giovanni), Serafini Francesco, Falso Salvatore, Roman
Luigino, Goffi Attilio, Zanette Giuseppe, Notarfonzo Ugo, con separati
ricorsi, successivamente riuniti, depositati presso la Corte di appello di Roma,
dichiaratasi incompetente per territorio e successivamente in riassunzione
presso la Corte di Appello di Perugia, proponevano domanda contro il
,
.

Ministero dell’Economia e delle Finanze per ottenere l’equa riparazione, ex
legge n. 89 del 2001 per l’irragionevole durata di un processo amministrativo
dai medesimi, tutti ufficiali e sottoufficiali

delle Forse Armate, instaurato

davanti al Tar Lazio per il riconoscimento del diritto a vedere computare le
due ore settimanali, prestate obbligatoriamente in aggiunta all’orario in
servizio ex art. 63 legge n. 12 del 1981, nelle tredicesime mensilità corrisposte
successivamente all’entrata in vigore di detta legge, nonché nella base
contributiva dell’indennità di buona uscita.
Si costituiva il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
La Corte di appello di Perugia, con decreto n. 2103 del 2013 ER, rigettava la
domanda, condannava i ricorrenti al rimborso in favore del Ministero delle
spese processuali. Secondo la Corte di Perugia dagli atti acquisiti risultava che
il processo presupposto era iniziato con ricorso del 24 luglio 1996, che
1

Giordano Mario, Montibeller Luca, Piloni Piero e Vidale Delfina (erede di

l’istanza di fissazione dell’udienza era stata proposta in data 9 agosto 1996,
che la prima istanza di prelievo era stata presentata il 12 febbraio 1999, che il
processo è stato definitivo con sentenza del Tar Lazio pubblicata il 26
gennaio 2012, che dichiarava improcedibile il ricorso per avere il difensore

propri assistiti non avevano più interesse a coltivare il giudizio, e, considerato,
altresì, che la domanda amministrativa era sin dall’inizio destinata ad essere
rigettata perché in evidente contrasto con la giurisprudenza del Consiglio di
Stato formatosi nel 1993

e consolidatasi nel 1996, giurisprudenza che era

ragionevole presumere che i ricorrenti fossero consapevoli tramite il loro

_

legale, il ricorso appariva proposto secondo il criterio del “non si sa mai”,
sapendo, comunque, di poter in ogni caso rinunciare. Questa situazione,
,

_

..,

sempre secondo la Corte di Perugia, in difetto di specifiche allegazioni in
senso contrario, appariva incompatibile con un’effettiva sofferta ansia per
l’esito del giudizio.
La cassazione di questo decreto è stata chiesta da: Budetta Giuseppe, Capozzi
Antonio, Zonta Enzo, Dioguardi Antonino, Bertizzolo Silvano, Di Giulio
Giovanni Battista, Ganassin Palrniro, Pellizzari Enrico, Pinna Giommaria,
Serra Antonio, Fazio Francesco, Corso Ruggero, Giordano Mario, Montibeller
Luca, Pilloni Piero e Vidale Delfina (erede di Montibeller Bruno), Diana
Piero, Bosca Francesco, Frisaldi Vito, Facco Renato, Camilli Mauro, Remoli
Giulio, Piasente Angelo, Gasperini Carmela (erede di Martinuzzi Giovanni),
Serafini Francesco, Falso Salvatore, Roman Luigino, Goffi Attilio, Zanette
Giuseppe, Notarfonzo Ugo, con ricorso
corso affidato a tre motivi. Il Ministero
dell’Economia e delle Finanze, ha resistito con controricorso.
2

dei ricorrenti dichiarato alla pubblica udienza del 14 dicembre 2011 che i

Motivi della decisione
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma
semplificata.
1 .— Con il primo motivo del ricorso Budetta Giuseppe, Capozzi Antonio,

Battista, Ganassin Palmiro, Pellizzari Enrico, Pinna Giommaria, Serra
Antonio, Fazio Francesco, Corso Ruggero, Giordano Mario, Montibeller
Luca, Pilloni Piero e Vidale Delfina (erede di Montibeller Bruno), Diana
Piero, Bosca Francesco, Frisaldi Vito, Pacco Renato, Camilli Mauro, Remoti
Giulio, Piasente Angelo, Gasperini Carmela (erede di Martinuzzi Giovanni),
Serafini Francesco, Falso Salvatore, Roman Luigino, Goffi Attilio, Zanette
Giuseppe, Notarfonzo Ugo, lamentano la violazione e/o la falsa applicazione
degli artt. 2 e 3 , conuni 4 e 5, della legge 24.03.2001 n. 89 e dell’art. 6 del
.

C.D.U. (Convenzione europea dei diritti dell’uomo) ratificata e resa esecutiva
in Italia con legge n. 848 del 1955, dei consolidati principi della Corte
europea dei diritti dell’uomo e della S. C. di Cassazione in tema di danno da
violazione del diritto alla ragionevole durata del processo presupposto (art.
360, primo comma, n. 3 cpc). Secondo i ricorrenti, la Corte di Perugia avrebbe
errato nel ritenere che la fmale dichiarazione del procuratore dei ricorrenti, di
assenza di interesse, degli stessi, alla decisione (dovendosi spiegare con il
fatto che i ricorrenti erano pienamente consapevoli che la loro domanda
amministrativa fosse fin dall’inizio destinata ad essere rigettata) stesse ad
escludere un’effettiva e sofferta ansia per l’esito del giudizio e, quindi, l’equo
indennizzo per il protrarsi del giudizio, oltre la durata ragionevole, perché,
come più volte affermato dalla stessa Corte di cassazione, l’equa riparazione
3

Zonta Enzo, Dioguardi Antonino, Bertizzolo Silvano, Di Giulio Giovanni

di cui alla legge n. 89 del 2001 spetta a tutte le parti del processo,
indipendentemente dal fatto che siano state vittoriose

o soccombenti,

costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccesiva durata del processo i riflessi
psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine

alle posizioni in esso

coinvolte.

1.1.= Il motivo è fondato.
E’ sufficiente richiamare quanto è stato, già, affermato da questa Corte, in
altra occasione

(da ultimo Cass. n. 5429 del 2014), e cioè, che l’art. 6,

paragrafo 1, della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, in relazione alla cui inosservann L. 24 marzo 2001 n.
89, art. 2, accorda equa riparazione (ove si sia prodotto un danno patrimoniale

_

o non patrimoniale), stabilisce il diritto di ogni persona di ottenere entro un

termine ragionevole, una pronuncia sui diritti o doveri, oggetto di dibattito

civile. Ragion per cui, questa Corte, in caso di violazione del termine di durata
ragionevole del processo, è fermissima nel ritenere: 1) che il diritto all’equa
riparazione ai sensi della menzionata L. n. 89 del 2001, spetta a tutte le parti
del processo, attori o convenuti, indipendentemente dal fatto che esse siano
risultate vittoriose o soccombenti, o dalla consistenza ed importanza del
giudizio, neppur essa condizione di azionabilità della pretesa indennitaria
legata esclusivamente alla durata del processo; 2) che siffatta regola trova un
limite solo quando l’esito del processo presupposto abbia un indiretto riflesso
sull’identificazione, o sulla misura, del pregiudizio sofferto dalla parte in
conseguenza

dell’eccessiva durata della causa

stessa:

come accade

allorquando risulti che il soccombente abbia promosso una lite temeraria o
abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire, con tattiche
4

A

processuali di varia natura, proprio il perfezionamento della fattispecie di cui
al ricordato art.2 della L. 24 marzo 2001, n. 89, o, comunque, risulti la piena
consapevolezza

dell’infondatezza

delle proprie istanze

o della loro

inammissibilità, perché del tutto incompatibile con l’ansia connessa
all’incertezza sull’esito del processo; 3) che, tuttavia, dell’esistenza di ciascuna

di dette situazioni, costituenti abuso del processo e, perciò, comportanti
altrettante deroghe alla regola posta dalla norma, secondo il generale principio
dell’art. 2697 cod. civ. deve dare la prova la parte che la eccepisce per negare

la sussistenza dell’indicato danno (Cass. 12935/2003 – 13741/2003 16039/2003): altrimenti dovendo trovare applicazione il principio enunciato
dalle Sezioni Unite in conformità della giurisprudenza della CEDU che lo
stesso si verifica normalmente secondo l’id quod plerumque accidit, e, cioè, di

regola per effetto della violazione stessa; e non abbisogna di essere provato,

_
..

sia pure attraverso elementi presuntivi (Cass. Sez. Un. 1339, 1340 e

1341/2004).
Ora, il decreto impugnato non si è attenuto a questi principi e non ha
considerato che il Ministero non aveva neppure prospettato la sussistenza di
alcuna di dette eccezioni, e, comunque, non risultava che l’Amministrazione

_

avesse fornito la prova della volontà della parte privata di precostituire, con la
sua iniziativa giudiziaria il presupposto per un’azione ex L. n. 89 del 2001.
1.1.a).= A sua volta, non assume un’efficacia preclusiva della configurabilità
del diritto all’indennizzo da irragionevole durata, neppure, la circostanza che
la parte abbia infine dichiarato il proprio disinteresse alla definizione della
causa presupposta, nel merito, potendo, al più, la detta circostanza, rilevare ai
fini dell’esclusione per il periodo successivo, perché, ove cosi non fosse, si
5

61

4/

finirebbe con l’attribuire rilevanza preclusiva del danno ad una circostanza
sopravvenuta quando già era maturata la violazione del termine ragionevole:
come tale, inidonea ad escludere retroattivamente la sussistenza del
pregiudizio negli anni pregressi. E, comunque, il comportamento postumo

di dipendenza causale proprio con il ritardo prolungato nella definizione del
processo amministrativo; che, alterando la proporzione tra costi e benefici,
aveva plausibilmente determinato la rinunzia a coltivarlo.
2.= L’accoglimento di questo primo motivo comporta l’assorbimento degli
altri due motivi del ricorso.
a) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omesso esame circa fatti
decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (art.
t.
z
.

360 primo comma n. 5 cpc.) Secondo i ricorrenti la Corte distrettuale avrebbe
deciso sulla fattispecie de qua in ragione di una ricostruzione palesemente
carente ed erronea dei fatti sottostanti alla stessa i quali ove, correttamente
esaminati ed assunti, avrebbero comportato altra e diversa decisione. In
particolare, secondo i ricorrenti, la Corte di Perugia non avrebbe tenuto in
considerazione il fato che se ancora il Consiglio di Stato era stato costretto a
tornare sulla questione della comptuibilità delle ore aggiunte di lavoro
straordinario nella 13° mensilità

ed ai fini dell’indennità di buonuscita

sarebbe stato impossibile affermare l’insussistenza di un’effettiva e sofferta
ansia per l’esito del giudizio. Pertanto, sarebbe evidente il fatto che fosse del
tutto infondato l’accertamento affermato dalla Corte di Perugia secondo cui la
domanda amministrativa era sin dall’inizio destinata ad essere rigettata e di
ciò sarebbero stati consapevoli i ricorrenti.
6

della parte, di disinteresse alla .decisione, ben poteva essere posto in rapporto

b) Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 132,
secondo comma n. 4 e 156, secondo comma, cpc. 118 disp. att. cpc. e 111
cosi. (art. 360,primo comma, n. 4 cpc). Secondo i ricorrenti, la decisione resa
dalla Corte di merito di mancato riconoscimento dell’arco temporale di

soltanto apparentemente motivata, atteso che la Corte di Perugia ha fondato la
sua decisione sull’apodittico asserto dell’insussistenza di una effettiva e
,

sofferta ansia per l’esito del giudizio per un’asserita infondatezza della
controversia presupposta, senza elementi probatori dimostrativi dei fatti
rilevanti. Epperò, la carenza dell’impianto motivazionale del decreto di uno
dei momenti logici configura un vulnus al principio generale secondo cui
tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati

.

In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso e dichiarati assorbiti gli

:
.

altri. Il decreto impugnato va cassato e la causa rinviata alla Corte di Appello
di Perugia, in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del
presente giudizio di cassazione
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla
Corte di appello di Perugia in altra composizione anche per il regolamento
delle spese del presente giudizio di cassazione
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile
della Corte Suprema di Cassazione, Sottosezione Seconda, il 28 gennaio

irragionevole durata del processo presupposto risulterebbe immotivata o

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