Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9418 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. III, 27/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 27/04/2011), n.9418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1620/2006 proposto da:

B.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GAVORRANO 12, presso lo studio dell’avvocato GIANNARINI MARIO,

rappresentata e difeso dall’avvocato RICCA Lucio giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA S.P.A. (OMISSIS), in persona

dell’Avv. F.M. nella sua qualità di Procuratore

Speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso

lo studio dell’avvocato PROPERZI Patrizia, che la rappresenta e

difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 144/2004 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, emessa il 20/10/2004, depositata il 27/11/2004, R.G.N.

274/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/03/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Rigettata dal tribunale, la domanda della ventiquattrenne B. R. – che aveva riportato lesioni il (OMISSIS) a seguito dell’investimento della vettura sulla quale viaggiava da parte di un’auto della Polizia di Stato, sbandata a causa della velocità elevata – è stata parzialmente accolta dalla corte d’appello di Caltanissetta con sentenza n. 144 del 2004.

A fronte di una richiesta di risarcimento di L. 123.500.000 (senza specificazioni in sede di conclusioni), la corte d’appello ha riconosciuto Euro 31.993,87 in valori monetar della pronuncia, di cui Euro 18.673,05 per danno biologico da invalidità permanente del 12%, Euro 3.894,3 per danno biologico da invalidità temporanea ed Euro 9.336,52 per danno morale, oltre agli interessi compensativi sulle somme devalutate al momento del fatto e progressivamente rivalutate.

Ha dunque condannato il Ministero dell’interno e Le Assicurazioni d’Italia s.p.a. al pagamento dei relativi importi, oltre alle spese processuali del doppio grado, liquidate in complessivi Euro 9.700,00 oltre accessori.

2.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la B., affidandosi a tre motivi, cui resiste con controricorso la sola società assicuratrice.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Va pregiudizialmente revocata l’ordinanza interlocutoria depositata il 22.4.2010, con la quale era stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero, avendo la ricorrente successivamente prodotto documentazione dalla quale risulta che il ricorso era stato ritualmente notificato all’Avvocatura dello Stato.

2.- Il ricorso è infondato sotto tutti i profili nei quali si articola.

2.1.- Il primo motivo (col quale sono dedotte violazione di norme di diritto, vizio di omessa pronuncia o in subordine di motivazione, per non avere la corte d’appello liquidato alcunchè per danno patrimoniale da invalidità permanente) è infondato in quanto muove dall’erroneo, implicito presupposto che, essendosi in atto di citazione ed in comparsa conclusionale (di primo grado) richiesto il risarcimento del danno da invalidità permanente e di quello biologico, il risarcimento del danno patrimoniale fosse stato per questo richiesto. Così non è: “danno da invalidità permanente” non significa infatti “danno patrimoniale”, volta che l’invalidità non è il danno risarcibile ma il fatto dal quale il danno deriva, nella costante conseguenza biologica ed in quella, solo eventuale, di natura patrimoniale.

Nè sussistevano elementi sulla base dei quali la corte d’appello potesse interpretare la domanda nel senso preteso dalla ricorrente, neppure con riguardo alle precisazioni contenute nella comparsa conclusionale (peraltro di primo grado, com’è detto a pag. 4 del ricorso), giacchè non è affermato che la locuzione “danno patrimoniale” sia stata mai usata. Anzi, il riferimento al grado di postumi permanenti determinato dal c.t.u. ai fini della percentuale di invalidità depone in senso opposto. In ricorso non si sostiene, infatti, che nelle due fasi del giudizio di merito sia stato in qualche modo spiegato perchè la ricorrente (che svolgeva attività di insegnante, come si afferma a pag. 11 del ricorso) avrebbe in futuro guadagnato il 12% in meno in ragione dei postumi derivatele dalle riportate fratture del bacino.

In conclusione, non può imputarsi alla corte d’appello di non essersi pronunciata su quanto la appellante riteneva di aver domandato, ma che non aveva in realtà chiesto per l’equivoco di fondo in cui ella, e non la corte territoriale, era incorsa.

2.2.- Il secondo motivo – col quale la sentenza è censurata per essere stato il danno biologico immotivatamente liquidato sulla base del valore di punto delle tabelle adottate dal tribunale di Palermo, anzichè da quello di Catania o da altri tribunali – è inammissibile in quanto la ricorrente non afferma che il valore di punto degli altri tribunali fosse diverso e maggiore, nè sostiene di aver chiesto nel giudizio di merito che si facesse riferimento all’una tabella anzichè all’altra.

Non è dunque possibile apprezzare l’interesse della ricorrente a ricorrere.

2.3.- Il terzo motivo – col quale la sentenza è censurata per violazione di norme di diritto e motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine al mancato riconoscimento del danno da interruzione della gravidanza alla quinta settimana – è infondato poichè la corte d’appello ha liquidato il danno morale nella metà di quello biologico “avuto riguardo al grave perturbamento provocato alla B., anche in relazione alla gravissima decisione di interruzione della gravidanza” (pagina 12 della sentenza, dalla terza alla quinta riga), così in realtà riconoscendo il nesso causale, che pure aveva formalmente escluso, tra lesioni e (decisione della B. di far ricorso alla volontaria) interruzione della gravidanza.

La ricorrente non chiarisce in alcun modo quale sia l’ulteriore danno lamentato.

3.- Il ricorso è conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE revoca la propria ordinanza in data 22.4.2010, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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