Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9417 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 09/04/2021), n.9417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12448/2019 proposto da:

I.H., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Teresa Discenza, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

15/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Campobasso del 15 febbraio 2019. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente I.H. potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112,116,132 c.p.c., art. 11 Cost., art. 1 Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, in uno con l’art. 10 Cost., artt. 2 e 14 del medesimo D.Lgs., nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, con riguardo alla disciplina del rifugio politico, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria; denuncia, altresì, la motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio.

Il motivo è inammissibile.

Esso consta della disarticolata sovrapposizione di plurime censure afferenti le diverse affermazioni contenute nella sentenza impugnata, per modo che risulta oltremodo difficile individuare i singoli profili di doglianza e coordinarli con le diverse statuizioni del giudice del merito che si intenderebbero impugnare.

E’ da osservare che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso; il singolo motivo, infatti, assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore: la tassatività e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; in senso sostanzialmente conforme: Cass. 29 maggio 2012, n. 8585; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 14 maggio 2018, n. 11603). D’altro canto, lo sviluppo di un singolo motivo in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, costituisce ragione d’inammissibilità dell’impugnazione quando la sua formulazione non consente o rende difficoltosa l’individuazione delle questioni prospettate (Cass. 17 marzo 2017, n. 7009); in particolare, l’articolazione del motivo costituisce ragione d’inammissibilità quando, come nel caso in esame, non è possibile ricondurre i profili inerenti alle distinte censure a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790).

Il motivo risulta inoltre orientato, in più passaggi, a una inammissibile revisione critica degli accertamenti riservati al giudice del merito, quali quelli vertenti sulla credibilità del richiedente o sulla ricorrenza, nella regione di provenienza dell’istante, di una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato o internazionale: profili, questi, su cui la pronuncia ha reso una diffusa motivazione, che non può di certo considerarsi apparente o contraddittoria. Al riguardo, va ricordato che la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa: ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass. 6 marzo 2019, n. 6519; Cass. 28 novembre 2014, n. 25332).

Il mezzo, da ultimo, mostra di non cogliere la ratio decidendi del decreto impugnato, allorquando lamenta che la condizione di vulnerabilità del richiedente deriverebbe dalla vicenda persecutoria allegata, che il Tribunale ha ritenuto non credibile (e, come tale, insuscettibile di essere posta a fondamento della protezione umanitaria); trascura altresì di considerare che il giudice del merito non era tenuto a occuparsi di fatti o situazioni non dedotti, giacchè la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197; in senso conforme: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27336; Cass. 31 gennaio 2019, n. 3016): in tal senso, non vale opporre, in questa sede, il mancato esame di specifici aspetti di vulnerabilità se non si spiega, nel rispetto del principio di autosufficienza, quando e in che modo la relativa allegazione sia stata formulata (indicando gli atti processuali pertinenti e trascrivendone le parti che assumono rilievo ai fini del vaglio della censura svolta).

2. – Il secondo mezzo oppone la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, nonchè la violazione degli artt. 3 e 24 Cost.. La censura investe il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha escluso l’ammissione al patrocinio dello Stato, stante la manifesta infondatezza del ricorso per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il motivo è inammissibile.

La statuizione di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a carico dello Stato non è sindacabile in questa sede, dovendo essere impugnata con l’opposizione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170 (cfr. Cass. 27 maggio 2008, n. 13833, in tema di diniego di accesso al patrocinio in materia di espulsione).

3. – Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

4. – Non è luogo a pronuncia sulle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

 

 

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