Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9416 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. III, 27/04/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 27/04/2011), n.9416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5976/2009 proposto da:

GESTIONE AGENZIE IPPICHE VELLETRI DI VELLONE ELISABETTA & C

SAS

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante V.

E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA 478,

presso lo studio dell’avvocato BUGLIOSI Luigi, che la rappresenta e

difende giusta delega a margine del 717 ricorso;

– ricorrente –

contro

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA S. CROCE IN GERUSALEMME 75, presso lo studio dell’avvocato

ROBERTA BORATTO, rappresentata e difesa dall’avvocato USAI Carlo

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 121/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Terza Civile, emessa l’11/01/2008, depositata il 05/02/2008;

R.G.N. 7066/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato BUGLIOSI LUIGI;

udito l’Avvocato USAI CARLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ordinanza del 21 settembre 2005 il Tribunale di Velletri convalidava lo sfratto per morosità intimato da M.L. alla s.n.c. Gestione Agenzie Ippiche Velletri di Vellone Elisabetta &

C..

Su gravame della Gestione Agenzie Ippiche Velletri, la Corte di appello di Roma dichiarava inammissibile l’appello, con sentenza del 5 febbraio 2008.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Gestione Agenzie Ippiche, affidandosi a sette motivi.

Resiste con controricorso la M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Osserva la Corte che dei sette motivi di censura solo il terzo (omessa decisione su un punto decisivo circa l’attribuibilità all’avv. Guaitoli della condotta di utile gestore in relazione all’art. 660 c.p.c., comma 6, con violazione degli artt. 2028 e 2032 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3) non attiene alla questione centrale di cui si occupa il ricorso, ovvero sulla esistenza di una valida opposizione alla intimazione di sfratto, per comparsa “personale”dell’intimata.

2. – Al riguardo, va posto in rilievo che il giudice dell’appello ha dichiarato la inammissibilità della impugnazione, per come si legge nella sentenza impugnata e viene riconosciuto dalle parti, sulla base delle seguenti motivazioni, senza trascurare di sottolineare che è entrato anche nel merito della vicenda.

Ha, infatti, affermato il giudice a quo che all’udienza del 21 settembre 1995 davanti al Tribunale di Velletri per l’intimante M. comparve l’avv. Usai che dichiarava la persistenza della morosità ed insisteva per la convalida dello sfratto.

Per la società intimata compariva l’avv. Guaitoli – munito di delega (“a rappresentarla e difenderla contro M.L.”), compilata su carta intestata dello studio professionale e contestualmente depositata unitamente ad assegno bancario (offerto banco judicis) dell’importo di Euro 3.005,76.

L’avv. Guaitoli si opponeva alla convalida, attesa l’asserita sanatoria sopravvenuta della morosità.

Il difensore della M., dopo l’offerta dell’assegno, ha insistito ugualmente per la convalida e, comunque, per la risoluzione del contratto per grave inadempimento.

Il Tribunale riteneva la inammissibilità della sanatoria delle morosità nelle locazioni non abitative e la sostanziale mancanza di opposizione alla convalida da parte dell’intimato, convalidando lo sfratto, fissando per il rilascio la data del 31 ottobre 2005.

Ciò posto il giudice a quo ha confermato la decisione di prime cure, in estrema sintesi, perchè non ha ravvisato nella procura conferita all’avv. Guaitoli alcun riferimento alla procedura di sfratto promossa dalla M., anche perchè essa era stata conferita su foglio separato non congiunto ad una vera e propria comparsa di costituzione nel suddetto procedimento.

Quindi, si trattava di procura nulla ed inidonea a legittimare il difensore comparso ad agire in nome e per conto del proprio assistito e, quindi, ha condiviso l’assunto del primo giudice circa la sostanziale mancanza di opposizione alla convalida, poichè il soggetto chiamato non aveva i poteri per manifestare validamente – in assenza di una valida procura speciale – l’opposizione per conto dell’asserito rappresentato.

Peraltro, non poteva condividersi l’orientamento di questa Corte, di cui alla sentenza n. 16116/06, in virtù del quale l’opposizione manifestata da soggetto sfornito di effettivo potere rappresentativo “rende opportuno il rinvio della causa con salvezza di ogni diritto al fine di consentire all’intimato di comparire personalmente o conferire procura”.

Infatti, tale opinione, assume il giudice a quo, introduce una possibilità (il rinvio con salvezza dei diritti di prima udienza motivato dalla comparizione di un soggetto che, quale mero nuncius dell’intimato, dichiari di opporsi alla convalida) non prevista dalla legge, che giustifica il diniego dell’ordinanza di convalida solo se l’intimato compaia all’udienza e si opponga e, quindi, esige l’adempimento di uno specifico onere (l’opposizione previa comparizione) da parte del soggetto destinatario della intimazione.

Ha, quindi, concluso che se l’intimato può opporsi solo comparendo, ciò significa che soggetto autorizzato ad opporsi – e a produrre così il rilevante effetto di impedire l’emissione dell’ordinanza di convalida – può essere o l’intimato stesso o altra persona autorizzata a manifestare in sua vece la volontà di opposizione e tale autorizzazione non può essere fornita che da un atto idoneo a conferire il potere di agire in nome altrui con effetti rilevanti dal punto di vista processuale, ossia da una procura speciale rilasciata nelle forme di legge( atto pubblico o scrittura privata autenticata nei modi tassativamente previsti).

Sotto questo profilo la legittimazione del mero nuncius non è sufficiente perchè il nuncius non emette una propria dichiarazione di volontà (con effetti destinati – in forza dei poteri conferiti – a ricadere su altro soggetto), ma si limita a riferire ad una parte la volontà dell’altra ed è figura sconosciuta al processo civile, nel quale chi agisce in nome e per conto altrui deve essere munito di poteri conferitigli nelle forme rigorosamente previste dalla legge.

Fin qui la sentenza impugnata.

3. – Esaminando il ricorso, in riferimento a quanto argomentato dal giudice dell’appello, osserva il Collegio che il ricorso merita accoglimento per le considerazioni che seguono.

Come è noto l’intimato nel giudizio di convalida di sfratto per morosità ha la facoltà, invece di comparire personalmente, di nominare un procuratore speciale, il quale, tuttavia, può semplicemente manifestare la di lui volontà di opporsi o no alla convalida senza svolgere altre attività riservate alla difesa tecnica ed ha, anche, la facoltà di dare incarico ad un terzo di presentarsi all’udienza senza conferirgli poteri rappresentativi.

Ovvero, è sufficiente che ci sia qualcuno presente all’udienza che sia capace di far ritenere comparso l’intimato, perchè l’intimazione di sfratto non sia convalidata.

Nel caso in esame, la c.d. “procura”, mentre era inidonea come procura ad litem, certamente non poteva essere ignorata dal giudice del gravame, in quanto redatta su foglio intestato al professionista;

si riferiva alla intimante M. e l’avv. Guaitoli ebbe a presentare un assegno bancario, che fu ritirato dal difensore della intimante.

La società intimata, in buona sostanza, diede incarico, di cui non abbisognavano formule sacramentali, ad un terzo di presentarsi all’udienza , di purgare la mora: cosa che il terzo “delegato” fece, depositando l’assegno bancario con il relativo importo, che fu preso in consegna dal difensore dell’intimante.

Ed è ciò sufficiente perchè venga rispettato il comb. disp. artt. 660 e 663 c.p.c..

In altri termini, va posto in rilievo che, potendo comparire personalmente, la c.d. procura costituiva una manifestazione di volontà da parte della legale rappresentante della società di essere presente all’udienza, in quanto non va trascurato che la ratio dell’art. 660 c.p.c., è tutta consistente nel concedere al debitore la facoltà di comparire personalmente nella fase sommaria, mentre ha bisogno della difesa tecnica nella fase a cognizione ordinaria.

Ne segue che il richiamo che la sentenza impugnata fa al precedente di questa Corte (Cass. n. 16116/06) non è conferente al caso di specie, dovendosi ribadire che con qualunque terzo la parte intimata può ritenersi comparsa, soprattutto quando il terzo compie atti univoci e concludenti nell’interesse della stessa, come nella specie.

Peraltro, non si può non dare rilievo al fatto che il c.d.

“rappresentato” ebbe a consegnare un assegno che fu ritirato dal difensore dell’intimante e tale circostanza di per sè porta ad escludere, anche per quanto posto in rilievo per l’innanzi, che non persistesse la mora, per cui anche sotto questo profilo l’intimazione non poteva essere convalidata, come ha statuito questa Corte (v.

Cass. n. 332/01), ponendosi in risalto che l’avvenuta sanatoria in udienza, ancorchè irrilevante ai fini della L. n. 392 del 1978, art. 55, escludeva la situazione di persistente morosità.

La sentenza impugnata va, quindi, cassata, ritenuti assorbiti tutti gli altri motivi e rilevando che, essendo la decisione di inammissibilità dell’appello, appare come obiter dictum quella parte della stessa, ove si entra nel merito e si afferma la persistenza della morosità e l’inesattezza dell’adempimento.

In virtù di quanto sopra esposto la Corte di appello di Roma in diversa composizione dovrà esaminare l’appello e provvederà di conseguenza, anche sulle spese del presente giudizio di cassazione, non rinvenendosi un caso di rimessione al primo giudice ex art. 354 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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