Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9415 del 17/04/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 17/04/2018, (ud. 24/01/2018, dep.17/04/2018),  n. 9415

Fatto

RILEVATO

1. Che la Corte d’Appello di Torino, a conferma della decisione del Tribunale, ha rigettato il ricorso di G.M.T., rivolto a sentir dichiarare il proprio diritto alla corresponsione dell’assegno una tantum previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3, quale vedova di C.G., deceduto per effetto di epatopatia cronica HCV correlata, contratta per le trasfusioni subite durante il ricovero avvenuto in seguito ad un infortunio sul lavoro.

2. Che il Giudice dell’Appello ha ritenuto la legittimazione passiva del Ministero della Salute, e, quanto al merito, ha statuito che il C. avesse avuto conoscenza del danno epatico irreversibile sicuramente almeno dal 2001 al 2002, o molto probabilmente già dal 1991. Che pertanto, al momento del decesso (2008), e stante l’introduzione del nuovo termine di prescrizione triennale stabilito dalla L. n. 238 del 1997 per i danni da emotrasfusione, egli era già decaduto ai fini dell’indennizzo L. n. 210 del 1992, ex art. 1. Che di conseguenza, anche la domanda per il riconoscimento dell’assegno una tantum (L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3) proposta dalla vedova non poteva trovare accoglimento perchè priva di titolo, in quanto carente del suo presupposto di legittimità.

3. Che avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione G.M.T. con tre censure, cui resiste con tempestivo controricorso il Ministero della Salute, il quale propone altresì ricorso incidentale condizionato affidato ad una censura.

Diritto

CONSIDERATO

4. Che con la prima censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3 e art. 2, comma 3: diversità ed indipendenza tra le due opzioni previste dall’art. 2, comma 3 nella sua nuova formulazione. Scostamento della norma sia per quanto concerne il dato letterale che per quanto concerne la sua ratio”. Che operando un confronto fra il testo della L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3 antecedente, e quello successivo introdotto dalla L. n. 238 del 1997, parte ricorrente ricostruisce il diritto all’assegno in capo al coniuge del soggetto deceduto come diritto del tutto autonomo, rispetto a quello della persona direttamente colpita mentre è in vita. Da ciò consegue la doglianza secondo cui la Corte d’Appello sarebbe incorsa in una violazione di legge nonchè in una erronea ed illogica applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3, mancando di riconoscere la sussistenza del diritto all’indennità una tantum in capo alla vedova in funzione di un diritto suo proprio e non già in conseguenza del diritto a percepire in vita l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 1 da parte del danneggiato. Che nemmeno le preclusioni in cui il danneggiato sarebbe incorso qualora avesse deciso o potuto decidere di esercitare il suo diritto in via diretta, potrebbero esercitare un qualche condizionamento sulla scelta dell’assegno una tantum da parte della vedova, poichè essa trova la sua ragion d’essere proprio nella perdita del sostegno del familiare deceduto a causa dell’omessa vigilanza imputabile allo Stato.

5. Che con la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3 e art. 3, comma 1, nonchè della L. n. 238 del 1997, art. 3, comma 1, per aver ritenuto applicabile un termine decadenziale non previsto in ogni caso, violazione e falsa applicazione di legge in relazione ai principi generali stabiliti in tema di decadenza (art. 2935 c.c.), erroneità nell’individuazione del dies a quo e contraddittoria e/o omessa motivazione circa la conoscibilità del nesso di causa da parte del sig. C.. In ogni caso, violazione dei test fissati in materia da SS.UU. n.583/2008 in tema di dovere per il giudice del merito di procedere a rigorosa analisi circa il patrimonio di conoscenze del danneggiato e sua diligenza nel tutelare il diritto”. La Corte avrebbe violato le norme di cui in epigrafe in quanto nessun termine di decadenza la legge prevede a carico della vedova che domandi di poter fruire del diritto autonomo da quello del danneggiato all’indennizzo una tantum a seguito del decesso del congiunto. Che, comunque, la domanda della ricorrente era tempestiva essendo stata presentata dopo nemmeno due mesi dalla morte del coniuge, come hanno riconosciuto tanto il Ministero della Salute e l’Asl che la stessa Corte territoriale. Che lo stesso Giudice dell’Appello, ha, però, erroneamente considerato intempestiva l’istanza della ricorrente per violazione del termine triennale di decadenza decorrente dalla data in vigore della L. n. 238 del 1992, nel testo modificato dalla L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, ancorandone la decorrenza del dies a quo al momento dell’effettiva conoscenza della irreversibilità della patologia post trasfusionale da parte del C.. Che di tale dato temporale il Ministero non aveva mai dato prova in giudizio, e, pertanto, la conclusione della Corte d’Appello, secondo cui il danneggiato aveva avuto preso conoscenza del male irreversibile “…sicuramente almeno dal 2001/2002” (diagnosi di epatocarcinoma), “…ma molto probabilmente già dal 1991” (diagnosi di epatite cronica) (p. 15 sent.) era quanto meno superficiale.

6. Che con la terza censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente lamenta “Omessa pronunzia circa un punto oggetto di discussione fra le parti: mancato esame della questione legata al nesso di causalità fra trasfusioni, epatopatia e decesso.” Che la Corte territoriale avrebbe erroneamente omesso di motivare in ordine al nesso di causalità esistente fra le trasfusioni, la malattia e il decesso di C.G., senza neanche curarsi di specificare se, eventualmente, a causa della decadenza della vedova dall’esercizio del diritto non vi fosse necessità di esaminare specificamente tale punto controverso ai fini della decisione.

7. Che quanto al ricorso incidentale del Ministero della Salute, con l’unica censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, questi deduce “Violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 2. Difetto di legittimazione passiva quanto alla condanna del Ministero della Salute, trattandosi di domanda di indennizzo presentata in data 2008, successiva al trasferimento alla regione delle competenze e dei fondi relativi agli indennizzi ex L. n. 201 del 1992”. Essendo stata la domanda di indennizzo presentata dopo il trasferimento delle competenze e dei relativi fondi alla Regione, sarebbe erronea la statuizione della Corte d’Appello in merito alla legittimazione passiva del Ministero della Salute, legittimato solo in relazione alla domanda di accertamento del diritto al beneficio.

8. Che la prima censura, è infondata.

9. Che questa Corte, quanto al punto centrale della controversa vicenda, concernente la natura della titolarità del diritto all’assegno una tantum in capo al coniuge di soggetto deceduto a causa di emotrasfusioni, ha deciso che detto assegno “…previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3 in favore dei superstiti qualora a causa delle vaccinazioni o delle patologie indicate dalla legge sia derivata la morte del soggetto danneggiato, ha come fatto costitutivo del diritto azionato “iure proprio” la presenza dell’evento morte, ma presuppone necessariamente anche il fatto costitutivo del diritto all’indennizzo ex art. 1, comma 1, della medesima legge, sicchè il giudicato formatosi sulla mancanza dei presupposti dell’indennizzo in favore del soggetto danneggiato spiega efficacia anche nei confronti dell’avente diritto superstite.” (Cass. n.15352/2015).

10.Che pertanto, l’iter motivazionale della sentenza gravata è pienamente conforme al principio di diritto espresso da questa Corte.

11. Che la seconda e la terza censura, esaminate congiuntamente per intima connessione, sono assorbite.

12.Che il ricorso incidentale condizionato è anch’esso assorbito.

13.Che in definitiva, essendo la prima censura infondata, la seconda e la terza assorbita e il ricorso incidentale condizionato assorbito, il ricorso principale va rigettato.

14.Che le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e assorbe il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.500 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 24 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2018

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