Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9415 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 09/04/2021), n.9415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4786/2019 proposto da:

I.S., domiciliato in Roma, Via Augusto Riboty 23, presso

l’avv. Valeria Gerace, da cui è rappresentato e difeso, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

27/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Campobasso pronunciato il 27 dicembre 2018. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente I.S. potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su tre motivi. Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione della dir. 204/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. Viene lamentato che il giudice di primo grado abbia deciso la controversia senza approfondimento istruttorio, operando una lettura del tutto superficiale delle fonti consultate che, invece, davano evidenza della sistematica violazione dei diritti umani e dell’incapacità del paese di origine del richiedente (l’India) di proteggere i propri cittadini.

Il motivo è infondato.

Il Tribunale ha ritenuto che il racconto del richiedente – imperniato su di una relazione da lui intrattenuta con una donna di differente classe sociale che sarebbe stata uccisa dai fratelli, i quali lo avrebbero poi ritenuto responsabile della morte della stessa – non integrava il presupposto necessario per il riconoscimento dello status di rifugiato ed era inoltre palesemente inverosimile.

Ciò posto, ove vengano in questione le ipotesi del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. 20 marzo 2014, n. 6503; Cass. 20 giugno 2018, n. 16275; cfr. pure Cass. 19 giugno 2020, n. 11936; Cass. 3 luglio 2020, n. 13756), non vi è ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo. In casi siffatti, una indagine nel senso indicato si manifesta inutile proprio in quanto il rischio prospettato dall’istante, siccome riferito a fatti non dimostrati, difetterebbe comunque di concretezza e non potrebbe mai presentare il richiesto grado di personalizzazione. In tal senso, va qui ribadito che “la riferibilità soggettiva e individuale del rischio di subire persecuzioni o danni gravi rappresenta un elemento costitutivo del rifugio politico e della protezione sussidiaria ex lett. a) e b) dell’art. 14, escluso il quale dal punto di vista dell’attendibilità soggettiva, non può riconoscersi il relativo status” (Cass. 17 giugno 2018, n. 16925, in motivazione).

2. – Il secondo mezzo denuncia la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). E’ dedotto che il giudice del merito avrebbe dovuto approfondire la situazione generale del paese onde verificare l’esistenza di quel sistema di violenza generalizzato che è contemplato dall’art. 14, lett. c), cit..

Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale ha escluso, sulla base delle risultanze del rapporto di Amnesty International 2017-2018, che la regione di provenienza del ricorrente sia interessata a situazioni paragonabili a quelle in cui è presente una violenza indiscriminata derivante dal conflitto armato.

Si è qui in presenza di un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064), suscettibile di essere censurato in sede di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105), oltre che per assenza di motivazione (nel senso precisato da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054): censure che non risulta siano state nemmeno sollevate.

3. – Col terzo motivo viene lamentato l'”omesso esame della storia del ricorrente in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani in India”. Assume l’istante che il Tribunale attenendosi a una visione troppo superficiale dei fatti narrati e del contesto ove questi si erano svolti, sarebbe caduto in errore nella valutazione dei medesimi, travisando la storia del ricorrente; in particolare, il giudice del merito non avrebbe compreso che la vicenda evocata dal richiedente era incentrata non su di una offesa e una vendetta, quanto piuttosto su “credenze ancestrali che permeano l’intera vita degli individui e dello Stato”.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non prospetta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5), ma deduce, in sintesi, che il Tribunale avrebbe errato nell’apprezzare la vicenda narrata dal richiedente: e l’assunto non è neppure mediato da evidenze processuali; il mezzo di censura è infatti incentrato su mere considerazioni di carattere generale cui l’istante intende conferire di valenza assertiva.

Ora, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5) è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le particolare che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa, spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578).

3. – Il ricorso è rigettato.

4. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA