Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9413 del 27/04/2011
Cassazione civile sez. III, 27/04/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 27/04/2011), n.9413
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. LEVI Giulio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27179/2006 proposto da:
B.G. (OMISSIS), B.N.
(OMISSIS), B.J. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo” studio dell’avvocato
ROMANELLI Guido Francesco, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato PASOTTI GRAZIA giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
F.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA LOCULLO 3, presso lo studio dell’avvocato VILLANI Roberto,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAVIZZOLI ANGELO
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2155/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
Sezione Prima Civile, emessa il 15/06/2005, depositata il 17/09/2005;
R.G.N. 4603/2003.
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
09/03/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;
udito l’Avvocato LUDOVICA FRANZIN (per delega Avvocato ROMANELLI
GUIDO FRANCESCO);
udito l’Avvocato ANGELO RAVIZZOLI (per delega Avvocato ANGELO
RAVIZZOLI);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17 settembre 2005 la Corte di appello di Milano rigettava il gravame proposto da B.G., B.N. e B.J. contro la omologa decisione del Tribunale di Busto Arsizio del 15 novembre 2002, che, a sua volta, aveva respinto la domanda di risarcimento danni, svolta nei confronti di F. R., asseritamene cagionati da una frase, ritenuta dagli attori e poi appellanti, diffamatoria, inserita dal F. nella sua relazione al Comune di Fagnano Olona e allegata alla delibera di quel Comune in merito all’assetto di viabilità di alcuni tratti di terreno dei B..
Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione i B., affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso il F..
I ricorrenti hanno depositato memoria.
All’udienza del 21 ottobre il Collegio ebbe a disporre la notifica dell’avviso di udienza al difensore del F., all’indirizzo indicato nella relata di notifica.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va premesso che il ricorso non è inammissibile, come eccepisce, invece, il resistente, per difetto dei requisiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè per genericità delle conclusioni.
1. – Con il primo motivo, pur enunciato sotto il profilo dell’errore di diritto, i ricorrenti lamentano che i principi di diritto, tenuti in considerazione dal giudice dell’appello e che riconoscono correttamente trascritti nella impugnata sentenza, per cui non sarebbero soggetti a critiche, nella specie, non sarebbero stati applicati.
In realtà, la censura se, in alcuni passaggi, si sofferma sulla errata applicazione, ad avviso dei ricorrenti, dell’esimente del diritto di critica, che sarebbe subordinata alla sussistenza del requisito della continenza del fatto, ovvero all’accertamento se il fatto narrato sia corrispondente alla realtà, sia pure non assoluta, ma soggettiva e se la esposizione del fatto stesso sia contenuta negli spazi strettamente necessari, in realtà attinge a valutazioni di merito.
Infatti, assumono i ricorrenti che simile accertamento sarebbe del tutto mancato, sebbene essi avessero richiesto nelle fasi del merito l’ammissione di capitoli di prova per testi da essi dedotti al riguardo.
Di qui, il grave difetto di motivazione-testualmente nel ricorso a p. 13 – con richiamo a S.U. n. 15982/01.
La censura va disattesa.
Di vero, nel criticare il passaggio logico del ragionamento del giudice dell’appello nella parte in cui ha ritenuto che la espressione incriminata “la tutela dell’accessibilità nel tratto originario è una pretestuosa volontà disfattista ad una iniziativa privata di interesse pubblico”, contenuta alle pagine 11 e 12 della relazione tecnica del F., allegata alla Delib. n. 77 del 2000 del Comune di Fagnano Olona” fosse priva del connotato screditante i B., rientrando piuttosto nel legittimo esercizio del diritto di critica nell’ambito dell’espletamento da parte del F. dell’incarico professionale conferitogli dal Comune (p. 3 sentenza impugnata), i ricorrenti non discutono di possibili vizi dell’iter formativo del convincimento del giudice del merito, ma instano per una revisione della valutazione effettata dal giudice dell’appello e, come tale, in questa sede inammissibile (Cass. n. 12912/04).
2. – Del resto, e passando all’esame del secondo motivo, tutto centrato sulla valutazione dei fatti oggetto della controversia e contenente anche circostanze fattuali che non compaiono nella sentenza impugnata, in quanto attengono, per quanto sembra di cogliere, alla natura pubblica dell’attività del F., mai posta in discussione, va rilevato quanto segue.
Il giudice dell’appello, pur evidenziando la sussistenza di “parole forti, graffianti e screditanti”, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale costante e consolidato, afferma che quelle parole non possono essere estrapolate dal contesto entro cui si inseriscono, ma debbono essere sempre valutate secondo la loro articolazione nell’argomentare che le sorregge.
Dal che ha correttamente dedotto che la frase critica del F. è semplicemente una interpretazione soggettiva corrispondente alla visuale del professionista nel ruolo di consulente del Comune, che si colloca in un confronto dialettico tra contrapposte tesi e, pur connotata da una spiccata incisività, non travalica, attesa l’elaborazione, in tema, di giurisprudenza e dottrina, il limite del legittimo esercizio del diritto di critica.
Il F. non ha dichiarato il falso (nè di questo lo “accusano” i ricorrenti); ha solo espressa una sua opinione, come risposta critica alle deduzioni degli attuali ricorrenti nella controversia che li vedeva all’epoca contrapposti al Comune.
Peraltro, vale la pena di porre in rilievo che la valutazione del giudice del merito circa la valenza offensiva o meno delle espressioni usate costituisce quaestio facti, non censurabile in sede di legittimità, in particolare, tenuto conto del contesto nel quale si inseriva l’indagine del consulente del Comune, per cui con motivazione congrua ed appagante il giudice dell’appello ha fatto prevalere sul preteso intento oltraggioso il precipuo compito dell’incaricato volto ad accertare la situazione dei luoghi, controversa tra le parti.
Quindi, questa censura va disattesa.
Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011