Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9411 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9411 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

sul ricorso 24672-2013 proposto da:
LA QVITA ENZO (LCVNZE49R01I8040) elettivamente domiciliato
v/ n-

in ROMA,Lpresso

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la CORTE DI CASSAZION-fi

Pi tifi p

rappresentato e

difeso dall’avv. VINCENZO COLAIACOVO, giusta procura in calce
al ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 08/05/2015

- controricorrente –

avverso il decreto n. 124/2013 della CORTE D’APPELLO di
CAMPOBASSO del 15.5.2013, depositato il 29/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Enzo La CIVITA adiva la Corte di appello di Campobasso per ottenere la
condanna del Ministero della giustizia al pagamento della equa riparazione del
danno non patrimoniale causato dalla durata non ragionevole (dal dicembre
1988-3 febbraio 1989 al 21 settembre 1999 per il primo grado, fino al 10
novembre 2004 per l’appello e fino al 5 ottobre 2011 per il giudizio di legittimità)

del processo civile introdotto avanti al Tribunale di Sulmona da Guido Bianchi
che lo aveva convenuto e poi proseguito dinanzi alla Corte di appello dell’Aquila,
nonchè in sede di legittimità, per ottenere la risoluzione del contratto preliminare
di cessione di quote societarie.
La Corte di appello di Campobasso con decreto del 29 maggio 2013 ha respinto
il ricorso in ragione della mancata indicazione di quale fosse il danno scaturito
dalla ‘permanenza in una attesa in ordine alla richiesta di risarcimento’, non
configurabile un danno in re ipsa.
Ricorre per cassazione il LA CIVITA, sulla base di un unico motivo; il Ministero
della giustizia resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella
redazione della sentenza.
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione
dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 giacché la corte di merito sembrerebbe

Ric. 2013 n. 24672 sez. M2 – ud. 26-11-2014
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26/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

pretendere in ordine alla dimostrazione di un danno non patrimoniale una
ulteriore prospettazione circa il modo nel quale il danno conseguito dalla
permanenza della controversia abbia determinato

l’alterazione dello stato

psichico.
Il ricorso è fondato.

di questa Corte secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata
del processo ai sensi della L 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 anche per le persone
giuridiche il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo
correlato a turbamenti di carattere psicologico, è — alla luce dell’orientamento in
proposito maturato nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo – conseguenza
normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla
ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a causa dei disagi e
dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente
provoca alle persone la lunghezza eccessiva del processo. Sicché, pur dovendo
escludersi la configurabilita di un danno “in re ipsa” – ossia di un danno
automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata
ragionevole del processo, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre
che non risulti la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che
facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente
(Cass. n. 7145 del 29 marzo 2006).
Conclusivamente il ricorso va accolto e il decreto impugnato cassato, con rinvio
alla Corte di appello di Campobasso in diversa composizione, che nel
riesaminare la controversia si atterrà ai principi sopra esposti.
Ai sensi dell’art. 385, comma 3, c.p.c., rimette al giudice del rinvio anche la

liquidazione delle spese del giudizio di legittimità

Ric. 2013 n. 24672 sez. M2 – ud. 26-11-2014
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Il giudice di merito si è infatti discostato dalla giurisprudenza ormai consolidata

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le
spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Campobasso, in diversa

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI – 2^ Sezione Civile, il 26
novembre 2014.

composizione.

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