Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9407 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 09/04/2021), n.9407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16301/2015 proposto da:

L.D.F., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso

la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato Console Elisabetta Maria Caterina, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Finecobank s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Gracchi n. 128, presso lo

studio dell’avvocato Biscardi Valeria, rappresentata e difesa

dall’avvocato Biscardi Giuseppe, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 53/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO

SEZIONE DISTACCATA di BOLZANO, pubblicata il 14/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/11/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Su richiesta della s.p.a. Finecobank, il Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, ha emesso decreto ingiuntivo nei confronti di L.D. per il pagamento dei saldi passivi di due conti correnti.

L’ingiunto si è opposto, rilevando, tra l’altro, che la Banca aveva appostato a debito delle perdite conseguenti a operazioni di investimento: perdite non supportate, peraltro, da un valido contratto di investimento, perchè non portante la sottoscrizione dell’intermediario, e, per certe ipotesi, pure inerenti a “operazioni di “marginazione” consistenti in compravendite allo scoperto di titoli, in relazione alle quali non era mai stato concluso alcun contratto d’intermediazione finanziaria”. Depurati i conti da dette illegittime annotazioni, i conti – ha concluso – risultavano con saldo attivo, in via riconvenzionale così chiedendo la condanna della banca al pagamento delle relative somme.

2.- Il Tribunale di Bolzano, sezione di Bressanone, ha respinto l’opposizione.

Nella resistenza della Banca, L.D. ha proposto appello avanti alla Corte di Appello di Trento, sezione di distaccata di Bolzano.

Questa, con sentenza depositata in data 14 marzo 2015, ha parzialmente accolto l’impugnazione.

3.- La Corte territoriale ha in particolare osservato che nella specie l’investitore appellante – anche producendo “prospetti desunti da internet, trattandosi di conti correnti online, indicanti le operazioni che avevano generato le minusvalenze di cui chiedeva lo storno” – aveva contestato la pretesa della Banca “indicando selettivamente, e dunque specificamente, quali erano le poste contabili che formavano i saldi dei conti” che veniva a impugnare: a fronte di una contestazione coì puntuale, pertanto, era onere della Banca “fornire la prova rigorosa del proprio credito”.

Quest’ultima, tuttavia, non aveva provveduto a soddisfare tale onere, posto che a supporto della propria pretesa aveva prodotto “unicamente copia della dichiarazione di credito ex art. 50 TUB”, che è “evidenza istruttoria insufficiente” nell’ambito dei giudizi a cognizione ordinaria. “Solo producendo il conto corrente” – si è aggiunto – “essa avrebbe fornito la prova degli ordini e delle disposizioni del correntista dalle quali erano conseguite le minusvalenze” contestate”, così rendendo possibile il “concreto apprezzamento delle causali delle annotazioni di debito come valide fonti di obbligazioni”.

4.- Quest’ordine di ragionamento, se vale per revocare l’emesso decreto ingiuntivo, pure si manifesta decisivo – ha proseguito la Corte Territoriale – per respingere la domanda riconvenzionale proposta dall’appellante investitore.

Se le prodotte “evidenze documentali possono servire a dare specificità alle contestazioni dell’investitore in ordine all’an e al quantum della pretesa della Banca fatta valere contro di lui, certo non possono bastare a dimostrare il controcredito che lui, a propria volta, fa valere nei confronti dell’avversaria”. “In mancanza degli ordini di investimento e delle annotazioni contabili nell’estratto conto delle conseguenti plusvalenze da essi generate, queste non si possono ritenere dimostrate solo perchè risultano da report stampati da internet”.

5.- Avverso questo provvedimento ricorre L.D., esponendo due motivi di cassazione.

Resiste Finecobank con apposito controricorso, che pure viene contestualmente a proporre ricorso incidentale ex art. 371 c.p.c., per un motivo di cassazione.

6.- Il ricorrente principale ha anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.- Il ricorrente principale assume, nel suo primo motivo, “omessa motivazione circa fatti controversia e decisivi per il giudizio” ovvero “omessa pronuncia relativa alla spiegata azione per la dichiarazione di nullità dei due contratti relativamente all’intermediazione finanziaria/marginazione”.

Ad avviso del ricorrente, i giudici del merito avrebbero dovuto, anche d’ufficio nel caso, rilevare la nullità dei contratti di intermediazione e di marginazione, giusta la norma dell’art. 23 TUF: con la conseguente nullità di “tutte le operazioni sottese, senza distinzione fra favorevoli e sfavorevoli”.

8.- Il motivo è inammissibile.

Lo stesso non si confronta con la ratio decidendi sviluppata dalla Corte territoriale nel respingere la domanda riconvenzionale formulata dall’investitore.

Nei fatti, la sentenza ha ritenuto non provato l’effettivo compimento delle operazioni di intermediazione finanziaria e di marginazione, pure rilevando che – in relazione alla domanda di condanna della Banca che era stata formulata dall’investitore – era onere di quest’ultimo provvedere alla dimostrazione dell’esistenza e consistenza delle medesime. Con la conseguenza che il tema dell’eventuale nullità dei contratti – con cui queste ipotetiche operazioni si sarebbero, nel caso, riannodate – si manifesta in sè stesso non rilevante.

9.- Il secondo motivo del ricorso principale lamenta omessa motivazione e omessa pronuncia in punto di “mancata ammissione della CTU in entrambi i giudizi di merito”, quale “errore derivato dalla mancata pronuncia relativa alla spiegata azione di nullità dei due contratti relativi all’intermediazione finanziaria/marginazione”.

La “richiesta di CTU formulata dal Dottor L. nell’atto introduttivo del giudizio non è mai stata revocata successivamente (: “si chiede inoltre ammettersi consulenza tecnica d’ufficio in caso di contestazione delle somme dovute dalla Finecobank all’odierno attore”), anzi è stata reiterata sia nel corso del giudizio di primo grado che in appello”, così illustra il motivo. Prodotti i report, “cosa avrebbe potuto il Dottor L. ulteriormente produrre se la documentazione ulteriore si trova nell’inaccessibile server della Banca?”.

10.- Il motivo è inammissibile.

Lo stesso si palesa infatti del tutto generico, posto che la richiesta di CTU – che il ricorrente principale dichiara di avere formulato nei gradi del merito (cfr. appena sopra, nel corso del n. 9) – non manifesta neppure quale sarebbe il suo oggetto, sì che essa risulta in sè stessa inapprezza bile.

D’altro canto, ove l’investitore avesse effettivamente inteso acquisire la documentazione ipoteticamente sussistente presso gli archivi informatici della Banca, avrebbe dovuto di necessità formulare una richiesta di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., ovvero, trattandosi di operazioni sostanzialmente incidenti sullo svolgimento di conta correnti bancari, inoltrare la richiesta di documentazione che risulta prevista dalla norma dell’art. 119 TUB.

11.- Il ricorso incidentale assume violazione delle norme dell’art. 113 c.p.c., comma 1 e art. 115 c.p.c., comma 1, nonchè omesso esame di fatto decisivo per l’esito del giudizio.

L’investitore non ha mai contestato – così si sostiene – la pretesa della Banca, se non nella parte costituita dall’illegittimo addebito delle somme dovute in base a contratti nulli. Non accolta questa prospettiva di lagnanza, la Corte di Appello avrebbe dovuto senz’altro accogliere la richiesta di condanna che la banca aveva formulato.

12.- Il ricorso incidentale non è fondato.

E’ noto, invero, che il c.d. principio di non contestazione attiene ai “fatti”, non già alle “pretese” (cfr., ad esempio, Cass. 5 maggio 2015, n. 8969). Come gravante sul convenuto (secondo la posizione sostanzialmente rivestita dall’opponente a decreto ingiuntivo), lo stesso viene, inoltre, a coordinarsi con l’allegazione dei fatti di causa che, nel concreto, è stata compiuta dall’attore (cfr. Cass., 26 novembre 2011, n. 26908).

Nella specie, i “fatti” indicati dalla Banca in sede di ricorso per decreto ingiuntivo si riducono alla “somma”, che il documento da questa prodotto al riguardo ha indicato come “saldo” del conto e come oggetto della pretesa: senza alcuna attinenza, dunque, con le diverse circostanze e operazioni che, in ipotesi, avrebbero supportato la richiesta ingiuntiva.

13.- In conclusione, il ricorso principale va dichiarato inammissibile, mentre va respinto quello incidentale.

A ciò segue, tra l’altro, anche la compensazione delle spese relative al giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; respinge il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, come pure a carico della parte ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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