Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9405 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. III, 27/04/2011, (ud. 04/02/2011, dep. 27/04/2011), n.9405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21498/2006 proposto da:

ASSESSORATO REGIONALE BENI CULTURALI AMBIENTALI E PUBBLICA ISTRUZIONE

DELLA REGIONE SICILIANA (OMISSIS) in persona dell’Assessore in

carica, SOPRINTENDENZA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI DI ENNA

(OMISSIS) in persona del Soprintendente in carica, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;

– ricorrenti –

contro

SICILIA AMBIENTE S.P.A. già ENNA AMBIENTE S.P.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 1, presso lo

studio dell’avvocato CORSO LUCIA (STUDIO UGHI E NUNZIANTE),

rappresentata e difesa dall’avvocato SCARDINA Ignazio giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 514/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

Sezione Seconda Civile, emessa il 7/4/2006, depositata il 27/4/2006,

R.G.N. 1148/1999;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

04/02/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato GUIDO CORSO per delega dell’Avvocato IGNAZIO

SCARDINA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso e in

subordine rimessione atti al Primo Presidente per eventuale

assegnazione alle SS.UU..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27/4/2006 la Corte d’Appello di Palermo, in accoglimento del gravame interposto dalla società Enna Ambiente s.p.a. e in parziale riforma della sentenza Trib. Palermo 17/7/1998, condannava l’Assessorato Regionale Beni Culturali e Ambientali della Regione Siciliana e la Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Enna al pagamento, in solido, della somma di L. 302.737,84, con interessi, in favore della suindicata società a titolo di indebito arricchimento per l’esecuzione di scavi archeologici.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’Assessorato Regionale Beni Culturali e Ambientali della Regione Siciliana e la Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Enna propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

Resiste con controricorso la società Enna Ambiente s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 20 Statuto della Regione Siciliana, L.R. n. 28 del 1962, art. 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Con il 2^ motivo denunziano violazione dell’art. 345 c.p.c., art. 2041 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3^ motivo denunziano insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4^ motivo denunziano omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso va dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e da applicarsi in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti risultano formulati in termini dal medesimo difformi, non recando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, e si palesano astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr.

Cass., Sez. Un,, 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto del resto equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Tanto più che nel caso i motivi risultano formulati in violazione del principio di autosufficienza, atteso che il ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito es., al “libello introduttivo”, alla “concessione assentita con Delib. C.P. Enna 19 marzo 1990, n. 39”, alla “gara di appalto, aggiudicata al raggruppamento di imprese De Bartolomeo, S.A.L.P., Eurostrade”, al “fermo in data 30 aprile 1991”, alla comunicazione “alla Soprintendenza”, all’avere “a tali incombenze la Direzione lavori …

dedicato una squadra di dieci operai del R.T.I., sotto la vigilanza degli esperti della Soprintendenza”, alla “valutazione di inutilizzabilità dell’area ai fini della localizzazione dell’impianto stante il pregio architettonico”, al “Decreto 4 giugno 1991″ dell'”Assessore regionale BB.CC.AA.”, alla sentenza del “Tribunale di Enna 15/5-16/7/1998″, all'”atto di appello”, alla “conclusioni riportate a p. 13”, agli “accertamenti di fatto …

nella sentenza indicati”, alla “comparsa di risposta in appello (p. 10), limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti e, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, se siano stati prodotti anche in sede di legittimità (v. Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi (3 e 4) con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano la “chiara indicazione” -secondo lo schema e nei termini più sopra indicati- delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), a fortiori non consentita in presenza di formulazione come detto nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data ( 2 marzo 2006 ) di entrata in vigore del medesimo.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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