Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9401 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/04/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 09/04/2021), n.9401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23753/2017 proposto da:

P.M.A., L.M., L.N.,

rappresentate e difese dall’Avv. Michele Galiano, elettivamente

domiciliati presso lo Studio dell’Avv. Vincenzo Cardinale in Roma,

Via Centuripe n. 11;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato (C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei

Portoghesi 12, è domiciliata;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3669/05/17 della Commissione tributaria

Regionale della Campania, depositata il 20/4/2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2021

dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. La CTR della Campania, con sentenza n. 3669/5/2017, depositata il 20/4/2017, rigettava l’appello formulato dalle contribuenti e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso da queste proposto avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro dovuta per la registrazione della sentenza emessa dal Tribunale di Sala Consilina.

La CTR rilevava l’infondatezza dell’eccepita erronea applicazione del principio di solidarietà tra i contribuenti litisconsorti facoltativi, della dedotta mancata allegazione dell’atto presupposto e dell’erronea applicazione della tariffa stante la parziale sospensione in appello del titolo di primo grado.

2. Avverso tale sentenza P.M.A., L.M., L.N. propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi.

3. L’Agenzia delle entrate non si costituiva.

4. In prossimità della camera di consiglio le contribuenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, le contribuenti deducono, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 8 della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nonchè dell’art. 57 del medesimo decreto per erronea applicazione del principio di solidarietà nel pagamento dell’imposta in esame.

In particolare, le ricorrenti lamentano che la CTR non ha tenuto conto della circostanza che la sentenza del Tribunale di Sala Consilina n. 33 del 2012, posta a fondamento dell’avviso impugnato, aveva disposto la liquidazione a loro favore con tre diverse disposizioni di tre differenti importi a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e morale subito iure proprio conseguente alla morte di L.G.. Pertanto, la CTR, stante la sussistenza di un litisconsorzio

facoltativo, avrebbe erroneamente ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione finanziaria che aveva posto l’imposta di registro dovuta per la sentenza cennata a carico solidalmente di tutte e tre le contribuenti e non pro quota.

2. Con il secondo motivo viene censurata, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza emessa dalla CTR per omessa motivazione circa l’eccepita mancata indicazione nell’avviso di liquidazione dei criteri seguiti dall’Amministrazione ai fini del calcolo dell’imposta dovuta, non essendo allegata la sentenza presupposto dell’imposizione e indicata la base imponibile di quest’ultima, con conseguente violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7.

3. Il primo motivo è fondato.

Con esso viene sottoposto allo scrutinio della Corte la portata del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57 e, in particolare, la sussistenza o meno della solidarietà nel caso di litisconsorzio facoltativo qualora la sentenza sottoposta a tassazione contenga più disposizioni relative ad ogni singola parte del giudizio.

In particolare, con la sentenza n. 33 del 2012 emessa dal Tribunale di Sala Consilina veniva riconosciuto a L.M., L.N. e P.M.A., le prime due figlie e la terza moglie di L.G., a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e morali subiti iure proprio per la morte di quest’ultimo, rispettivamente la somma di Euro 244.300,00, Euro 235.575,00, Euro 235.575,00.

In tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, comma 1, dispone che “oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti, le parti in causa (…)”.

La previsione secondo cui sono tenute al pagamento dell’imposta di registro le parti in causa, deve intendersi riferita a tutti coloro che abbiano preso parte al giudizio, nei confronti dei quali la pronuncia giurisdizionale si è espressa nella parte dispositiva e la cui sfera giuridica sia in qualche modo interessata dagli effetti di tale decisione, in quanto la finalità di detta norma è quella di rafforzare la posizione dell’Erario nei confronti dei contribuenti in vista della proficua riscossione delle imposte, salvo il diritto per ciascuno di essi di rivalersi nei confronti di colui che è civilmente tenuto al pagamento (ex plurimis: Cass. n. 1925 del 2008; Cass. n. 29158 del 2018).

Deve precisarsi che oggetto dell’imposta di registro non è la sentenza, ma il rapporto in essa racchiuso, quale indice di capacità contributiva, di talchè il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella pronuncia giudiziale, ma nel fatto che egli sia destinatario degli effetti del capo di sentenza assoggettabile ad imposta.

Sul punto questa Corte (Cass. n. 12009 del 2020) ha affermato il principio che “In tema di imposta di registro, l’obbligazione solidale prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57 nell’ipotesi di processo con pluralità di parti, ove si tratti di litisconsorzio facoltativo, non grava anche sui soggetti estranei al rapporto sostanziale oggetto del giudizio, assumendo rilevanza, quale indice di capacità contributiva, detto rapporto e non la sentenza in quanto tale”.

In ragione di tali principi l’obbligazione solidale di pagamento dell’imposta di registro sulla sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti non grava, quando si tratti di litisconsorzio facoltativo come quello di specie, indiscriminatamente su tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento unico. In tal caso, infatti, pur nell’identità delle questioni, permane l’autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici e delle singole causae petendi, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte.

Nei casi, infatti, come quello in esame in cui la sentenza contiene più disposizioni riferite ad ognuno dei litisconsorzi, si è in presenza di un atto giurisdizionale plurimo.

Sul punto il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 21 prevede che “1. Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto. 2. Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa (…)”. Tale principio risulta applicabile anche per la tassazione degli atti giurisdizionali di talchè anche con riferimento a questi occorre verificare se i singoli “capi” in cui il provvedimento giurisdizionale è articolato contengano disposizioni che derivano, necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre.

Risulta evidente che tale esame deve condurre ad una soluzione negativa nel caso in cui, come quello di specie, la sentenza contenga la liquidazione del danno a favore di più soggetti in misura diversa a causa di un medesimo fatto lesivo che li ha attinti in modo diverso.

In tal caso, infatti, seppure i singoli dispositivi di liquidazione del danno trovano causa in un unico evento dannoso, essi non derivano gli uni dagli altri, nel senso che il singolo avente diritto al risarcimento potrebbe rinunciare al suo diritto nei confronti del danneggiante senza intaccare il pari diritto che verso quest’ultimo vantano gli altri e tantomeno vi derivano per la loro intrinseca natura, poichè l’unico dato che esse hanno in comune è quello, del tutto esteriore e casuale, di essere contenuti nella stessa sentenza.

Sul punto questa Corte (Cass. n. 8607 del 2000) ha affermato che “ai termini del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 20, commi 1 e 2, (ora trasfuso nel D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 21), in tema di imposta di registro, gli atti anche dell’Autorità giudiziaria, contenenti più disposizioni che non derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, vanno assoggettati a tassazione diversificata, trattando le singole disposizioni come atti distinti, tassabili ciascuno secondo la propria specifica natura e secondo gli effetti che è idoneo a produrre” diversamente, se le plurime disposizioni contenute nell’unico atto si rivelino derivanti necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, in tale ipotesi dovendo applicarsi il regime di tassazione che dà luogo all’imposizione più onerosa.

In sostanza, l’unicità della sentenza, di per sè, non è idonea a costituire quel vincolo di interdipendenza reciproca fra le singole disposizioni in essa contenute che consente di applicare l’art. 21, comma 2, cit., laddove una diversa concezione, che legittimasse la richiesta dell’imposta nella misura più onerosa a carico di qualsiasi soggetto, eventualmente anche minore, solo in quanto “parte” di un giudizio, rischierebbe di collidere coi principi costituzionali della razionalità (art. 3 Cost.) e della capacità contributiva (art. 53 Cost.).

Sul tema oggetto di giudizio si è anche espressa l’Agenzia dell’entrate con la risoluzione n. 95/E/2015, riconoscendo che, nel caso di litisconsorzio facoltativo, l’imposta dovrà essere liquidata “pro quota” nei confronti di ciascun attore, in ragione del rapporto giuridico oggetto della statuizione allo stesso riferibile.

L’Agenzia dell’entrate, dopo aver rilevato che il litisconsorzio facoltativo si ha quando, per ragioni di opportunità, più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo o per la necessità di risolvere identiche questioni, ha osservato che in tali casi si è in presenza o di distinti rapporti, tra loro connessi, o di un unico rapporto sostanziale plurisoggettivo, nel quale però il litisconsorzio è solo facoltativo in quanto la pronuncia su di esso può regolare i rapporti solo tra alcuni di quei soggetti, senza che sia necessaria la partecipazione di tutti.

Alla luce di ciò l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 95/E/2015, afferma che, quando, nell’ambito di un litisconsorzio facoltativo, ciascun soggetto agisca per la tutela di un autonomo diritto e le statuizioni siano riferite distintamente a ciascun rapporto giuridico, ogni parte del processo risulta responsabile del pagamento dell’imposta di registro relativa esclusivamente alla propria posizione giuridica.

5. Il secondo motivo non è fondato.

Diversamente da quanto ritenuto dai contribuenti la CTR non è incorsa nel vizio di difetto di motivazione avendo i giudici di merito affermato che “nell’avviso di liquidazione tale sentenza è stata precipuamente richiamata donde alcun diritto di difesa può ritenersi leso”.

Tale affermazione oltre a non configurare la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui (ex plurimis e da ultimo Cass. n. 21713 del 2020, n. 29968 e n 4176 del 2019) secondo cui l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento, o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notifica. In particolare, deve ritenersi che la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisca esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, al fine di consentirgli il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove in mancanza egli sarebbe costretto ad un’attività di ricerca che comprimerebbe illegittimamente il suo diritto di difesa; attività difensiva che, per come emerge dal ricorso, i contribuenti hanno pienamente esercitato sin dal primo grado. 6. In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, respinto il secondo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra Sezione della CTR per il riesame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, della controversia che tenga conto dei principi indicati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania che nel decidere la controversia dovrà uniformarsi ai superiori principi e regolare le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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