Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9400 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/04/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 09/04/2021), n.9400

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 672/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato (C.F.: 80224030587), presso i cui uffici in Roma, Via dei

Portoghesi 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE NERVA S.r.l., in liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1326/23/16 della Commissione tributaria

Regionale della Puglia, sezione distaccata di Lecce, depositata il

26/5/2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2021

dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. La CTR della Puglia, sezione distaccata di Lecce, con sentenza n. 1326/23/16, depositata il 26/5/2016, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva il ricorso introduttivo della contribuente avverso l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle entrate aveva sottoposto ad imposta di registro l’ordinanza emessa dal Tribunale di Brindisi con la quale, preso atto della intervenuta transazione tra le parti, veniva dichiarata l’estinzione del giudizio e ordinata la cancellazione della causa dal ruolo.

2. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

3. La società contribuente non si è costituita.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza emessa dalla CTR per violazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in ragione della mera apparenza della motivazione.

La ricorrente lamenta che la CTR – nell’affermare che l’ordinanza emessa dal Tribunale di Brindisi non costituiva nella sostanza un provvedimento giudiziale e, in quanto tale non era soggetta a tassazione ex art. 8 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in quanto si limitava a richiamare l’intervenuta transazione intervenuta tra le parti del giudizio – avrebbe confermato pedissequamente le conclusioni della contribuente e, senza indicare l’iter logico argomentativo sulla cui base era giunta a tali conclusioni, non aveva preso posizione sulle difese proposte dall’Amministrazione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 e dell’art. 8 della Tariffa, Parte I, dalla lett. a) alla lett. g) allegata allo stesso D.P.R..

In particolare, l’Amministrazione ricorrente rileva che l’art. 37 cit. equipara agli atti giudiziari sottoposti a tassazione la conciliazione giudiziale, la quale produce sul piano processuale l’effetto tipico della rinuncia al ricorso e contiene accordi patrimoniali tra le parti; atti quest’ultimi riconducibili nell’art. 2 della Tabella allegata al D.P.R. n. 131 del 1986.

Alla luce di tali presupposti, a parere dell’Agenzia delle entrate, il provvedimento emesso dal Tribunale di Brindisi, nel prendere atto dell’intervenuta transazione tra le parti, ha inteso emettere un giudicato di natura sostanziale e non meramente processuale che deve essere equiparato ad una sentenza anche se fondata su di un atto di conciliazione.

Da ciò consegue che tale provvedimento, in quanto definitorio di un giudizio e in grado di incidere sulla situazione giuridica delle parti, doveva essere tassato ex art. 37 cit..

3. In via preliminare deve essere rilevato che la ricorrente nel ricorso da atto che la società contribuente, in liquidazione dal 14.9.2007, è stata cancellata dal registro delle imprese il 15.3.2013 nel corso del processo di secondo grado avviato il 16.10.2012 e definito il 26.5.2016. A fronte di tali eventi, in ragione della mancata comunicazione della intervenuta cancellazione della società, la ricorrente osserva che “in base alla regola dell’ultrattività del mandato, il presente ricorso viene validamente notificato all’Avv. (…) procuratore costituito in rappresentanza e difesa della società in secondo grado”.

Nella fattispecie, la ricorrente ha correttamente provveduto alla notifica della sentenza della CTR al procuratore costituito in ragione del principio secondo cui “In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300 c.p.c., comma 4” (Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014 Rv. 631466 – 01).

4. Nel merito, il primo motivo di ricorso non è fondato.

Diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente e per come si evince dalla stessa formulazione della censura, la CTR, dopo aver riportato i fatti di causa e la motivazione della sentenza di primo grado, ha dato conto dei motivi posti a fondamento del proprio decisum e ha affermato che “l’ordinanza emessa dal giudice istruttore non rientra fra gli atti della Autorità Giudiziaria tassabili ai sensi dell’art. 8 della tariffa allegata al TU di registro, perchè non costituisce, nella sostanza, un provvedimento giudiziale, avendo quel giudice emesso tal ordinanza solo al fine di certificare l’avvenuto accordo tra le parti e che è quello a cui fare riferimento per quel che riguarda i termini e l’ammontare della tassazione”.

Risulta, quindi, del tutta infondata la censura in esame laddove, in tema di provvedimenti del giudice, ricorre il vizio di omessa pronuncia quando il giudicante emetta una decisione sostanzialmente priva di argomenti coerenti, con una motivazione figurativa e meramente apparente, dovendosi ritenere tale la motivazione della sentenza oggetto di gravame che non consente di conoscere l’iter logico-argomentativo e giuridico seguito dai giudici di merito e posto a fondamento della decisione. Ed invero, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.

5. Il secondo motivo non è fondato.

Si osserva che il presupposto per l’applicazione dell’imposta di registro sugli atti giudiziari ed il conseguente obbligo di registrazione in termine fisso va ricercato nel combinato disposto del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 37 (di seguito TUR) e 8 della Tariffa, parte I, allegata allo stesso.

Ai sensi dell’art. 37 del TUR sono soggetti all’imposta di registro “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio (…) anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato”.

L’art. 8 della Tariffa, parte I del TUR, alle lettere dalla a) alla g), contiene un’elencazione tassativa dei suddetti atti, soggetti a registrazione, individuando altresì la relativa imposta.

Dall’esame di tali atti si evince che non tutti i provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria devono essere assoggettati a tassazione, ma esclusivamente quelli che intervengono nel merito del giudizio. Si può, infatti, affermare che in materia di imposta di registro, gli atti dell’Autorità Giudiziaria possono essere suddivisi prioritariamente in: a) atti esenti da registrazione, vale a dire quelli individuati, principalmente, nell’art. 2, della Tabella – Atti per i quali non vi è obbligo di chiedere la registrazione; b) atti “soggetti” a registrazione, vale a dire quelli delineati nell’art. 37, t.u.r. (la cui tassazione è poi da effettuare in base al disposto dell’art. 8, Tabella Parte Prima). La regola generale che governa la distribuzione degli atti tra questi due insiemi è recata dal predetto art. 2, secondo il quale sono esenti da registrazione gli “atti, diversi da quelli espressamente contemplati nella parte prima della tariffa, dell’Autorità giudiziaria in sede civile (..)”.

Da quanto sopra consegue, dunque, che, nell’area dell’esenzione da registrazione rientrano, ad esempio gli atti processuali con i quali ai sensi degli artt. 306 e 307 c.p.c., viene dichiarata l’estinzione del processo e ciò in quanto la tassazione degli atti dell’Autorità Giudiziaria in materia di controversie civili attiene a quegli atti che, definendo, anche parzialmente il giudizio, abbiano la concreta potenzialità di incidere sulla situazione giuridica dei soggetti (cfr. risoluzione n. 263 del 21.9.2007, dell’Agenzia delle entrate).

La rinuncia agli atti del giudizio, infatti, consiste nell’espressa dichiarazione della parte che ha intrapreso il giudizio di voler porre fine al processo senza giungere ad una pronuncia definitoria del giudizio stesso.

In particolare, osserva il Collegio che il verbale di conciliazione giudiziale non rientra fra gli atti dell’autorità giudiziaria tassabili ai sensi dell’art. 8 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, perchè non costituisce un provvedimento del Giudice, il quale vi interviene soltanto a fini certificativi ed esecutivi. Anche se redatto alla presenza e con la partecipazione del Giudice, il verbale di conciliazione continua quindi a rappresentare un’ordinaria manifestazione di autonomia negoziale (Cass. n. 5480 del 2008), la cui sottoposizione a tassazione dipende dall’effettivo contenuto di volta in volta assunto e non da valutazioni di tipo aprioristico ed astratto. Si vuole, cioè, dire che nonostante la sua peculiare collocazione, finalità ed efficacia, il verbale di conciliazione non assurge ad un ruolo tale da sovrapporsi ed assorbire qualsiasi antecedente, ma rimane un atto destinato a scontare l’imposta in base ai principi generali della materia. Se, dunque, il verbale di conciliazione costituisce titolo per il trasferimento di beni o diritti perchè, per esempio, prima di allora non era stato concluso alcun accordo fra le parti ovvero le stesse erano giunte soltanto ad un’intesa di massima da perfezionare o dettagliare in seguito, sarà proprio esso e non le eventuali scritture a monte a dover essere tassato. Se, invece, il verbale di conciliazione non trasferisce alcunchè, ma si limita a dare atto dell’avvenuta definizione della lite per effetto di un accordo già concluso prima, sarà quest’ultimo l’atto cui fare riferimento per quel che riguarda i termini e l’ammontare del pagamento (cfr. Cass. n. 27979 del 2011).

Alla luce di tali principi va osservato che nella fattispecie in esame l’ordinanza emessa dal Tribunale nel dichiarare l’estinzione del giudizio non entrava nel merito dello stesso (come ad esempio le pronunce di incompetenza, inammissibilità ecc.), in quanto si limitava a dare “atto della intervenuta transazione, come da foglio separato che si allegava al verbale di causa” (cfr. sentenza della CTR), risultando, pertanto, inidoneo ad incidere sulla posizione giuridica delle parti processuali e costituire presupposto del tributo ai sensi dell’art. 37 cit..

La CTR ha fatto corretta applicazione di tali principi e il ricorso va, pertanto, respinto.

6. Nulla sulle spese in ragione dell’assenza di attività difensiva della contribuente.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, l’art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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