Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9396 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. I, 27/04/2011, (ud. 01/04/2011, dep. 27/04/2011), n.9396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

VAL ITALIANA S.A.S. DI ALBERTO BAGGIO E C. (C.F. (OMISSIS)), in

persona dell’Accomandatario pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso l’avvocato DI PIERRO NICOLA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati PIETROBON VITTORINO,

PIVATO ALDO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2174/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 29/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato SASSANI, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 31 luglio 1993 la sas Val Italiana conveniva davanti al Tribunale di Venezia l’Amministrazione della Difesa Aeronautica chiedendo che fosse condannata a risarcirle i danni subiti per l’occupazione di un appezzamento di terreno in (OMISSIS), di sua proprieta’. Precisava che con precedente atto di citazione in data 27/12/85 essa aveva gia’ convenuto davanti allo stesso Tribunale Veneto la medesima Amministrazione chiedendone la condanna al pagamento della somma corrispondente al valore venale dello stesso terreno a titolo di indennita’ di esproprio o, subordinatamente, al pagamento dell’importo di L. 45.701.400, nonche’ a corrispondere l’indennita’ per l’occupazione temporanea a decorrere dal 5 maggio 1981. Era avvenuto che il Tribunale di Venezia con sentenza del febbraio 1988 accogliendo in parte la domanda aveva condannato la convenuta a corrisponderle a titolo di indennita’ per l’occupazione di urgenza la somma di L. 5.672.749 oltre interessi, e quindi a seguito dell’appello, che la Corte di Venezia con sentenza n 773 del luglio 1992 passata in giudicato, aveva dichiarato l’incompetenza del Tribunale essendo invece funzionalmente competente in unico grado essa medesima. Aveva pertanto dichiarato nulla la sentenza di primo grado e respinto la domanda sul presupposto dell’insussistenza della prova che la proprieta’ del bene fosse stata acquisita dall’Amministrazione. Tutto cio’ premesso, dunque, l’attrice sosteneva che benche’ non fosse intervenuto un atto di trasferimento della proprieta’ dell’immobile in capo all’Amministrazione, questa tuttavia lo occupava senza titolo a decorrere dal maggio dell’81, ed aveva provveduto a realizzarvi talune costruzioni cosicche’ aveva reso impossibile la restituzione.

Affermava il proprio diritto al risarcimento del danno per l’occupazione a decorrere dal maggio dell’81.

Resisteva la convenuta affermando che la domanda proposta era inammissibile per incompetenza del tribunale, trattandosi ormai non piu’ di risarcimento, ma di indennita’ per un’espropriazione conclusa nei termini fin dal 1985,e la cui determinazione era di competenza della Corte di Venezia. Eccepiva sul punto il giudicato promanante dalla sentenza n 773 del 1992. Resisteva comunque nel merito.

Il Tribunale di Venezia respingeva la domanda condannando la Val Italiana al pagamento delle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione.

Proponeva appello la sas e la Corte di merito lo respingeva.

La sentenza oggi in esame, rilevando che il presupposto della domanda dell’appellante era che il terreno fosse stato illegittimamente occupato dalla Pubblica Amministrazione e pertanto irreversibilmente trasformato, lo escludeva, rilevando come esso fosse contraddetto da tutte le emergenze istruttorie. Osservava peraltro che nessuna preclusione derivava in conseguenza di un preteso giudicato dal giudizio concluso con la citata sentenza della corte d’appello numero 773 del 1992. Infatti in quel giudizio, nota l’odierna Corte d’appello, la prima Corte, dopo aver dichiarato nulla la sentenza di primo grado stante la competenza a decidere in unico grado in capo ad essa medesima, aveva respinto la richiesta di determinare l’indennita’ di espropriazione rilevando che il relativo diritto presupponeva che la proprieta’ del bene fosse stata acquisita dall’Amministrazione. Tale presupposto,invece, non sussisteva.

Ricorre per cassazione contro questa sentenza la societa’ Val Italiana, con atto articolato su due motivi. Resiste con controricorso il Ministero della Difesa. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dei principi in materia di giudicato di cui all’art. 2909 c.c., e all’art. 324 c.p.c.. Lamenta altresi’ la motivazione insufficiente, omessa e contraddittoria sul punto stesso, considerato decisivo. Afferma ancora, come gia’ nel corso del giudizio di merito, che la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 773 del 92 era passata in giudicato sul punto relativo al mancato compimento del provvedimento di esproprio e dunque della permanenza della proprieta’ del fondo occupato in capo ad essa societa’ Val Italiana. Ritiene, poiche’ il giudicato si forma su tutto cio’ che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto che ne rappresentano le premesse necessarie,che sia passato in giudicato non soltanto l’accertamento secondo il quale non era stata provato un atto di trasferimento del bene,ma anche che si era realizzata la perdita della proprieta’ del bene da parte di esso societa’ in forza di occupazione acquisitiva.

2. Con il secondo motivo, che deve essere esaminato unitamente al primo costituendone uno sviluppo, la ricorrente lamenta ancora la violazione e la falsa applicazione dei principi in tema di giudicato, ovvero dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., e quindi la motivazione contraddittoria sul punto da considerarsi decisivo della causa. Conseguentemente all’errore gia’ denunciato, infatti, ritiene che ancora una volta in modo errato la sentenza impugnata ha ritenuto esperibile fra le parti l’azione di’ accertamento dell’avvenuto esproprio, ammettendo pertanto la produzione di documenti e di atti relativi al procedimento stesso.

2.a. Le doglianze, che basano entrambe sull’affermazione del medesimo giudicato, sono infondate.

E’ ben vero che il giudicato implicito concerne gli accertamenti che costituiscono il presupposto logico giuridico della decisione passata in cosa giudicata. Tuttavia l’accertamento, in questo caso negativo, compiuto dalla corte d’appello di’ Venezia, con la sentenza n. 773 del 1992, ovvero la affermazione della insussistenza di atto ablativo conclusivo di una procedura di espropriazione, non aveva affatto come proprio presupposto implicito, da considerarsi dunque anche esso accertato, l’avvenuto perfezionamento dell’illecito da occupazione acquisitiva. Piuttosto a foglio 10 della sentenza n. 773 della Corte veneta, (rigo sei e segg. in particolare) tale presupposto sostenuto dalla ricorrente e’ esplicitamente negato. Il giudice rileva che in quel giudizio non era stato provato alcuno dei dati necessari ad accertare il periodo durante il quale l’azione era stata legittima e quindi (cfr al predetto rigo sei) che “la sentenza (che in tesi avrebbe dato luogo al giudicato di cui si tratta) non ha compiuto alcun accertamento in merito alla positiva sussistenza dei presupposti per ottenere il risarcimento del danno da illegittima occupazione”.

La circostanza di cui si tratta, insomma, e’ considerata tutta da accertare. E nel rigettare la domanda di danni da occupazione acquisitiva tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello non erano vincolati da quanto ritenuto dalla prima Corte di merito con la sentenza n 773, giacche’ questa non aveva affatto accertato che nella vicenda si potesse prendere atto dell’acquisizione della proprieta’ del bene da parte della P.A. a seguito di occupazione illegittima.

Peraltro, il giudicato sul difetto di prova della espropriazione non impediva neppure esso di’ provare che essa fosse successivamente intervenuta. Considerazione, questa, che vale a togliere valore in particolare alla seconda doglianza.

3. Il ricorso deve essere respinto. La societa’ ricorrente deve essere condanna al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione che liquida in Euro 5000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, nonche’ alle spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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