Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9393 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. I, 27/04/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 27/04/2011), n.9393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 28317/2005 proposto da:

V.G., V.A., L.E., V.

F., gli ultimi due nella qualità di eredi di V.

S., tutti elettivamente domiciliati in Catania, alla Via A.

Cecchi 10, presso lo studio dell’avv. DONATI Massimo, che li

rappresenta e difende, come da procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di MONFORTE SAN GIORGIO, in persona del sindaco p.t.,

elettivamente domiciliato in Roma, al Viale Mazzini 131, presso lo

studio dell’avv. Antonino Iannelli, rappresentato e difeso dall’avv.

NICOSIA Manlio, come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso fa sentenza n. 313/04 della Corte d’Appello di Messina,

emessa il 17.5.04, depositata il 17.8.04;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 9.3.201 dal

consigliere Dr. Magda Cristiano;

udito l’avv. Iannelli;

udito il P.M., nella persona del Sostituto P.G. Dr. APICE Umberto,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con sentenza del 23.3.01, rigettò, per intervenuta prescrizione del diritto azionato, la domanda proposta da V.G., V.A. e V. S. nei confronti del Comune di Monforte San Giorgio, volta ad ottenere i risarcimento dei danni subiti per la perdita di un terreno di cui gli attori erano comproprietari, che era stato illegittimamente occupato dall’ente territoriale convenuto ed irreversibilmente destinato ad opera pubblica.

L’appello proposto contro la decisione da V.G., da V.A. e da V.F. ed L.E., questi ultimi nella qualità di eredi di V.S., nelle more deceduto, fu respinto dalla Corte d’Appello di Messina con sentenza del 17.5.04.

La Corte ritenne che il primo motivo di impugnazione, con il quale gli appellanti avevano eccepito l’erroneità della pronuncia del Tribunale, fondata sul presupposto che si versasse in fattispecie di c.d. occupazione acquisitiva, ed avevano dedotto che la domanda risarcitoria trovava invece fonte in un’occupazione c.d. usurpativa, disposta dal Comune in difetto assoluto di titolo e di dichiarazione di p.u., risultasse smentito non solo dal contenuto della citazione, ma anche e soprattutto dal comportamento processuale dagli stessi tenuto nel corso del giudizio di primo grado, ed in particolare dall’ostinazione con la quale avevano cercato di dimostrare che il fondo non era stato irreversibilmente trasformato sin dal 1966 e che, in conseguenza, il diritto al risarcimento non si era ancora prescritto alla data di notifica della citazione (20.4.83); osservò che un tale impegno difensivo non sarebbe stato certamente profuso nel caso in cui la domanda risarcitoria fosse stata correlata ad un’occupazione sine titulo ed affermò, in conclusione, che attraverso il gravame gli appellanti avevano tentato di introdurre inammissibilmente in giudizio una domanda nuova.

I V. e la L. hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi. Il Comune di San Giorgio Monforte ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo, i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e art. 345 c.p.c., contestano di avere proposto per la prima volta in appello la domanda di risarcimento del danno da occupazione usurpativa. Rilevano in proposito che l’atto introduttivo del giudizio di primo grado conteneva la chiara esposizione dei fatti costitutivi di tale domanda, individuati nell’illegittimità ab origine dell’occupazione del terreno di loro proprietà da parte del Comune di San Giorgio Monforte, siccome non preceduta da alcuna pratica espropriativa, nonchè la chiara enunciazione del petitum, posto che, nelle conclusioni precisate, essi avevano chiesto al tribunale adito di dichiarare che il Comune aveva occupato illegalmente il fondo.

Aggiungono che, in ogni caso, come riconosciuto dalla Corte territoriale, la domanda di risarcimento del danno conseguente all’illegittima occupazione del terreno era stata formulata in citazione e che, versandosi in tema di giudizio soggetto al c.d.

“vecchio rito”, in quanto introdotto con atto del 20.4.83, la sua reiterazione in appello, con specificazione giuridica della sua qualificazione in occupazione usurpativa, relativa ai medesimi fatti, non integrava una domanda nuova, ma costituiva modificazione di quella originaria, consentita dall’art. 184 c.p.c., nella sua previgente formulazione, od andava intesa come nuova eccezione, svolta ai fini di contrastare l’avversa eccezione di prescrizione.

Il motivo è fondato.

Va ricordato che nei giudizi soggetti al c.d. vecchio rito non era precluso alle parti di modificare le domande originariamente proposte nè di prospettare in appello nuove difese o di sollevare nuove eccezioni, ma soltanto di proporre domande nuove, fondate sull’allegazione di nuove circostanze di fatto, introduttive in giudizio di nuovi temi di indagine.

Ne consegue che, poichè nell’atto di citazione gli odierni ricorrenti avevano richiesto il risarcimento del danno loro derivato dalla perdita del diritto di proprietà del fondo, illegittimamente occupato dalla P.A. ed irreversibilmente trasformato, in tal modo tempestivamente allegando tutti i fatti costitutivi della pretesa, la (asseritamente) nuova qualificazione in appello della domanda risarcitoria, siccome fondata su una fattispecie di occupazione c.d.

usurpativa anzichè appropriativa, costituiva mera emendatio libelli (peraltro sicuramente deducibile anche come nuova eccezione, volta a contrastare l’eccezione di prescrizione accolta dal tribunale), e dunque introduceva una questione sulla quale il giudice di secondo grado era tenuto a pronunciare (cfr. Cass. nn. 6081/04, 16750/010).

L’accoglimento del motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo giudizio, alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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