Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9392 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/04/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 09/04/2021), n.9392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5847-2016 proposto da:

C.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza

Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentata

e difesa dagli avvocati FABRIZIO GRANATA, CARMEN NAPOLETANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7345/2015 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 21/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

C.A.R. impugnava l’avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate per IRPEF (anno 2008) da reddito d’impresa, derivatole quale socia (con partecipazione del 60%) della CIPE Costruzioni S.a.s. di D.P. & C., la quale ultima aveva definito l’accertamento nei suoi confronti mediante adesione;

la C.T.P. di Napoli accoglieva il ricorso;

con la sentenza n. 7345/15/15 del 21/7/2015, la C.T.R. Campania – rilevando che il giudice di primo grado era incorso in un palese errore, perchè aveva ritenuto infondato l’atto impugnato in base ad argomentazioni che riguardavano un diverso avviso, oggetto di separata impugnazione, concernente il reddito derivante alla C. dalla partecipazione ad altra società (la Immobiliare P. S.r.l.) – accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e respingeva le originarie doglianze della contribuente;

in particolare, il giudice di secondo grado osservava che “a fronte dell’accertamento con adesione definito dalla CIPE, del tutto legittimamente l’Agenzia ha proceduto all’accertamento nei confronti dei soci in base alla percentuale posseduta rispetto al maggior reddito accertato con adesione, non avendo il contribuente allegato nè asseverato alcunchè a titolo di prova contraria, società in accomandita semplice”;

avverso la predetta sentenza C.A.R. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi; resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Col primo e col secondo motivo, sostanzialmente identici, la ricorrente deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il vizio di motivazione della decisione impugnata, per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione tra le parti; in particolare, si lamenta che la C.T.R. avrebbe mancato di pronunziarsi sugli ulteriori motivi dell’originario ricorso alla C.T.P. (rimasti assorbiti in primo grado, ma riproposti con le deduzioni in appello), riguardanti l’erronea determinazione dell’imponibile derivante dall’accertamento in capo alla CIPE Costruzioni S.a.s.; l’Ufficio aveva, infatti, considerato il reddito societario originariamente accertato nei confronti della società (Euro 204.249), prescindendo dall’intervenuto accertamento con adesione che aveva rideterminato il reddito societario in Euro 144.283.

I motivi – erroneamente intitolati con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – devono essere riqualificati come censure di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dato che in tali termini è in sostanza sviluppata la critica della sentenza (in proposito, Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 25557 del 27/10/2017, Rv. 646414-01).

Così riqualificati, i motivi sono fondati, in ragione della violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 2.

La ricorrente si duole dell’entità dell’accertamento nei suoi confronti, il quale avrebbe considerato un reddito da impresa superiore rispetto a quello determinato, nell’accertamento con adesione, per la società di cui era socia.

La circostanza trova conferma nel controricorso dell’Agenzia delle Entrate, la quale afferma che “la C., non avendo definito in adesione il proprio accertamento, non poteva avvalersi della riduzione della pretesa impositiva, scaturita nei confronti della società, che invece, aveva definito la propria posizione con l’adesione”.

In proposito si osserva che l’intervenuta definizione del reddito da parte della società di persone costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche in base al principio di trasparenza dettato dall’art. 5 T.U.I.R., per cui il reddito della società di persone è imputato automaticamente e direttamente ai soci, in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla sua effettiva percezione.

L’Erario deve procedere al recupero per trasparenza, ai sensi dell’art. 5, comma 1, TUIR, nei confronti dei soggetti estranei al procedimento di accertamento con adesione (nella specie, il socio) sulla base di questo e, quindi, nella misura concordata con la società di persone. Come già rilevato da questa stessa Sezione, “in caso di adesione soltanto da parte di alcuni soggetti, gli altri, che non hanno aderito o che non hanno partecipato al contraddittorio, benchè ritualmente convocati, ricevono un “atto di accertamento” fondato sull’adesione intervenuta nei confronti dei soggetti aderenti e, dunque, beneficiano della riduzione di imposta concessa agli stessi” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12137 dell’8/5/2019, in motivazione).

Infatti, nell’accertamento nei confronti dei soci che non hanno partecipato all’accertamento con adesione (che ha invece coinvolto la società), devono comunque trovare applicazione il principio costituzionale della parità di trattamento e quello della capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost., sicchè l’Agenzia, anche in base ai principi di razionalità e non contraddizione, non può chiedere ai soci (il cui reddito coincide pro quota con quello della società partecipata) somme diverse da quelle concordate con la società di persone.

2. In accoglimento dei predetti motivi, dunque, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

3. Resta assorbito il terzo motivo col quale la ricorrente ha lamentato (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) vizio di motivazione della sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione tra le parti, “essendosi la C.T.R. basata su una errata interpretazione della documentazione allegata dal ricorrente ed avendo ritenute valide presunzioni inammissibili in tema di prova”.

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso;

dichiara assorbito il terzo;

cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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