Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9392 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. II, 04/04/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 04/04/2019), n.9392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6363-2015 proposto da:

IMMOBILIARE B. S.A.S. DI C.A. E C., rappresentata

e difesa dall’Avvocato GIANLUCA BOLLICI e dall’Avvocato FRANCESCO

GALANTI ed elettivamente domiciliata a Roma, via dei Gracchi 135,

presso lo studio dell’Avvocato ELISA NERI, per procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., e M.L., rappresentati e difesi, sia

congiuntamente che disgiuntamente, dall’Avvocato VITTORIO SALA e

dall’Avvocato FRANCO CHIAPPARELLI, presso il cui studio a Roma, via

Angelo Emo 106, elettivamente domiciliano per procura speciale a

margine della seconda pagina del controricorso;

– controricorrenti –

e

M.P., e M.C.;

– intimati –

e

A.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato GAETANO

PATTA, presso il cui studio a Roma, viale Trastevere 259,

elettivamente domicilia per procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2744/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/7/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/1/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.G., M.L., M.P. e M.C., comproprietari di un terreno agricolo in (OMISSIS), censito in catasto al f. (OMISSIS), hanno citato in giudizio, innanzi al tribunale di Monza, la Immobiliare Bondella s.a.s., proprietaria del mappali limitrofi (OMISSIS), terreni in parte asserviti a parcheggio pubblico, e A.A., proprietario del mappale (OMISSIS), ubicato a nord rispetto a quello degli attori, e, dopo aver lamentato l’interclusione del proprio fondo a seguito della recinzione dei fondi vicini, dapprima ad opera di A. e poi da parte dell’Immobiliare Bondella, e l’impossibilità di accedere alla pubblica via, hanno chiesto la pronuncia di una sentenza costitutiva della servitù di passaggio pedonale e carraio in favore del loro fondo, a carico, alternativamente, di uno dei fondi dei convenuti.

L’Immobiliare Bondella ed A.A. si sono costituiti chiedendo il rigetto della domanda attrice ed, in subordine, la condanna degli attori al pagamento dell’indennità di cui all’art. 1053 c.c.. L’ A. ha proposto anche domanda riconvenzionale chiedendo l’accertamento dell’intervenuta usucapione del terreno inglobato con la recinzione contestata.

Il tribunale, con sentenza del 28/10/2011, pur ritenendo la sussistenza di una situazione di interclusione relativa del fondo ai sensi dell’art. 1052 c.c., ha, tuttavia, osservato che i proprietari del fondo intercluso avevano omesso di esercitare il diritto, ad essi spettante in forza di un titolo contrattuale, di passaggio con accesso alla pubblica via, e che non si poteva far gravare su altri soggetti, mediante la costituzione di una servitù coattiva a seguito di interclusione del fondo, la colpevole inerzia del proprietario del fondo dominante nella tutela del proprio diritto: il tribunale, quindi, ha rigettato la domanda degli attori di costituzione di servitù coattiva ed ha, invece, accolto la domanda riconvenzionale proposta da A. di accertamento dell’usucapione della porzione di terreno di cui al mappale (OMISSIS), inglobata per effetto dell’avvenuta recinzione del mappale di sua proprietà. Il tribunale, infine, ha compensato le spese tra le parti e posto a carico delle stesse, per un terzo ciascuna, le spese della consulenza tecnica d’ufficio.

M.G., M.L., M.P. e M.C. hanno proposto appello chiedendo, nel merito, la riforma della sentenza di primo grado e la costituzione di una servitù coattiva di passaggio a favore del fondo di loro proprietà ed a carico di uno dei fondi limitrofi.

A.A. ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado ed, in via subordinata, in caso di accoglimento della domanda di costituzione della servitù coattiva, ha chiesto, con appello incidentale, che la stessa fosse costituita a carico della Immobiliare Bondella, quale soluzione più agevole per lunghezza e posizione. L’ A. ha proposto appello incidentale anche in ordine alle spese di giudizio, per le quali ha chiesto la condanna dei M. per l’intero.

L’Immobiliare Bondella ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado.

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, in parziale riforma della sentenza, accertata l’interclusione del fondo di proprietà degli appellanti, ubicato in (OMISSIS) e censito in catasto al f. (OMISSIS), ha accolto l’appello principale ed ha, per l’effetto, costituito, in favore del predetto fondo, una servitù di passaggio pedonale e carraio della larghezza di tre metri a carico del fondo di proprietà dell’Immobiliare Bondella s.a.s. di C.A. e C., ubicato in (OMISSIS), f. (OMISSIS), lungo il suo lato sud-ovest per tutta la lunghezza di 18,58 metri, sino alla pubblica (OMISSIS), dietro pagamento in favore della medesima Immobiliare Bondella s.a.s. di C.A. e C. di un’indennità di Euro 2.500,00. La corte, che ha per il resto confermato la sentenza impugnata, ha posto a carico degli appellanti le spese necessarie per l’apertura del passaggio e la sistemazione dei confini ed ha compensato tra le parti le spese di lite del grado d’appello.

La corte, in particolare, pur considerata l’intervenuta usucapione della fascia di terreno che i M., proprietari del fondo dominante, precedentemente utilizzavano per il passaggio, ha osservato che, a norma dell’art. 1051 c.c., “la oggettiva situazione di interclusione del fondo (al quale è consentito solo l’accesso pedonale attraverso un varco a malapena sufficiente per il passaggio di una persona) comporta il diritto del proprietario dello stesso fondo di ottenere coattivamente una servitù coattiva di passaggio fino alla pubblica via”. Peraltro, ha aggiunto la corte, “la decisione non cambierebbe anche se si ritenesse sussistente una situazione di interclusione relativa, essendo necessario garantire il passaggio per le esigenze del fondo, terreno agricolo (art. 1052 c.c.)”. Ed infatti, ha proseguito la corte, “la recinzione dei tre mappali confinanti ( Ma. a ovest, A. a nord, B. a nord-est) ha privato il fondo dei tre accessi di cui originariamente godeva sulla pubblica via”.

La corte, poi, ha rilevato che, come è emerso dalla consulenza tecnica d’ufficio, il “passaggio più agevole e più breve per accedere dal fondo M. alla pubblica via è quello a nord verso il mappate 2, adibito a parcheggio, di proprietà della Immobiliare B.” e che “il passaggio sull’area di proprietà privata ma di uso pubblico limiterebbe l’uso della stessa senza pregiudicarne destinazione e fruibilità”: il Comune, del resto, ha confermato di non opporsi a tale soluzione una volta accertata l’interclusione del fondo.

La corte, quindi, ha stabilito di costituire la servitù coattiva in tal senso, attribuendo alla Immobiliare B., a norma dell’art. 1053 c.c., un’indennità pari – secondo la stima del consulente tecnico d’ufficio (“che si condivide e si ritiene attuale, considerato l’andamento del mercato immobiliare dei terreni che non ha comportato aumento del loro valore dall’epoca della stima, tenuto conto della loro ubicazione e della loro destinazione a parcheggio”) – ad Euro 2.500,00, e ponendo a carico dei proprietari del fondo dominante il costo delle opere necessarie.

La corte, inoltre, ha confermato la decisione del tribunale in ordine alla compensazione delle spese di primo grado, “considerata la peculiarità del caso di specie, in relazione al mancato esercizio del diritto di passaggio da parte dei proprietari del fondo dominante, che solo dopo decenni di mancato esercizio ne pretendono, peraltro legittimamente, il ripristino”.

La corte, infine, in ragione delle circostanze del caso, della costituzione della servitù a carico di uno solo dei convenuti e della soccombenza di entrambi i convenuti, ha compensato integralmente le spese di lite del secondo grado del giudizio.

La Immobiliare B. s.a.s., con ricorso notificato il 26.27/2/2015 ed il 26/2.2/3/2015, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello.

Hanno resistito M.G. e M.L. con controricorso notificato in data 7/4/2015.

Ha resistito, con controricorso spedito per la notifica il 31/3/2015, A.A. il quale ha proposto, per un motivo, ricorso incidentale, al quale hanno resistito M.G. e M.L. con controricorso notificato in data 8/5/2015.

M.P. e M.C., invece, sono rimasti intimati.

Hanno depositato memorie la società ricorrente e M.G. e M.L..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 841,1051 e 2697 c.c. e degli artt. 112,115 e 116 e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che “la oggettiva situazione di interclusione del fondo (al quale è consentito solo l’accesso pedonale attraverso un varco a malapena sufficiente per il passaggio di una persona) comporta il diritto del proprietario dello stesso fondo di ottenere coattivamente una servitù coattiva di passaggio fino alla pubblica via”. In realtà, ha osservato la ricorrente, dagli atti di causa emerge la sussistenza di due elementi che non consentono di qualificare il fondo di proprietà dei M. come un fondo totalmente intercluso, ai sensi dell’art. 1051 c.c., e cioè: – una precedente servitù di passaggio di natura contrattuale, già gravante sul fondo dell’ A. in favore del fondo dei M.; – l’esistenza di un accesso allo stesso fondo dei M., attraverso il parcheggio su (OMISSIS), insistente sul fondo di proprietà dell’Immobiliare B.. Risulta, infatti, evidente, ha aggiunto la ricorrente, che la sussistenza di un diritto di passaggio di origine contrattuale in favore del fondo M. ed a carico di uno dei fondi che lo circondano, impedisce la costituzione di una ulteriore servitù coattiva, a norma dell’art. 1051 c.c., a carico del fondo B., così come è chiaro che, ove tale diritto sia ostacolato o reso impossibile dal comportamento illegittimo di un terzo, e il relativo titolare omessa di tutelare la sua posizione soggettive, l’inerzia di quest’ultimo non può ricadere in danno di altri soggetti, con la costituzione di un nuovo diritto di passaggio a loro carico. L’esistenza di un passaggio pedonale su (OMISSIS), seppur di esigue dimensioni, avrebbe, inoltre, dovuto portare, ha aggiunto la ricorrente, al rigetto dell’appello proposto dai M. posto che, in difetto del requisito dell’interciusione assoluta, la domanda di passaggio coattivo non può essere accolta, tanto più che il fondo era coltivato anche al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado, risultando, quindi, evidente la possibilità di accedervi con mezzi agricoli.

2. Con il secondo motivo, la società ricorrente,

lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1052 e 2697 c.c. e degli artt. 112,115 e 116 e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che “la decisione non cambierebbe anche se si ritenesse sussistente una situazione di interclusione relativa, essendo necessario garantire il passaggio per le esigenze del fondo, terreno agricolo (art. 1052 c.c.)”. In realtà, ha aggiunto la ricorrente, l’art. 1052 c.c. mira a tutelare un effettivo interesse della collettività in quanto il passaggio può essere concesso solo qualora il giudice accerti che la domanda risponda alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria, la cui prova grava sugli attori. Nel caso in esame, invece, ha aggiunto la ricorrente, le esigenze dell’agricoltura o dell’industria non sono presenti, nè sono state dedotte dagli attori, nè sono state valutate dalla corte d’appello la quale, pertanto, in violazione dell’art. 1052 c.c., a fronte della situazione di interclusione relativa del fondo, ha ritenuto fondato l’appello senza alcuna motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze dell’industria e dell’agricoltura.

3. Con il terzo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha tenuto conto del fatto che la costituzione della servitù di passaggio impone al giudice di individuare l’accesso sulla parte di fondo servente che comporti il minor sacrificio per quest’ultimo, sia con riferimento alla minore brevità del percorso, che al minor danno per il fondo medesimo, e che il criterio della minore brevità del percorso non attiene semplicemente alla maggiore o minore lunghezza del tragitto ma anche alla sua onerosità, in relazione alla situazione materiale o giuridica dei fondi. Pertanto, ha aggiunto la ricorrente, di fronte a più percorsi alternativi, il giudice deve operare una comparazione non limitata al solo criterio della brevità del percorso ma dovrà ricercare una soluzione armonica con il criterio del minor danno per il fondo servente, anche attraverso la valutazione dei fondi intercludenti di proprietari che non siano parti in causa. Nel caso di specie, la ricorrente aveva prospettato, attraverso le osservazioni del consulente tecnico di parte, una soluzione alternativa fondata sul fatto che i M. erano titolari di una servitù di natura contrattuale, consistente nel passaggio su una strada campestre, in gran parte ancora esistente e solo parzialmente inglobata dalla recinzione del fondo A., sita sul fondo Ma. (mappale (OMISSIS)), realizzando, quindi, una nuova e breve strada campestre su quest’ultimo fondo, peraltro meno gravosa per gli stessi M.. La costituzione della servitù sul fondo di proprietà della ricorrente, invece, determina la riduzione di circa un terzo dell’area asservita a parcheggio pubblico, con evidenti e gravi ripercussioni sull’attività esercitata nei locali che la ricorrente ha concesso in locazione alla Marta Trasporti e Spedizioni s.a.s.: la quale richiede un’ampia area di manovra per consentire l’entrate e l’uscita degli automezzi. Ne consegue, ha aggiunto la ricorrente, che l’ampiezza attuale del parcheggio pubblico su (OMISSIS) sia un elemento strutturale e indispensabile al mantenimento del contratto di locazione in essere con la Marta Trasporti. La corte d’appello, quindi, ha valutato esclusivamente la brevità del percorso, omettendo di tenere nella dovuta considerazione tutte le conseguenze negative a carico del fondo servente dell’Immobiliare B. e limitandosi ad accogliere la valutazione espressa dal consulente tecnico d’ufficio il quale, pur evidenziando che la soluzione alternativa costituita dall’apertura di un accesso dalla via Milano sarebbe maggiormente lunga e presenterebbe maggiori difficoltà per lo stato dei luoghi, ha, tuttavia, omesso ogni riferimento tecnico alla lunghezza del percorso alternativo, ai costi delle operazioni e soprattutto agli svantaggi a carico di ciascuno degli ipotetici fondi serventi. In definitiva, ha concluso la ricorrente, la sentenza impugnata non ha svolto una completa ed esauriente indagine in ordine alla possibilità di costituire la servitù sul fondo Ma., costituendo, invece, il passaggio coattivo sul fondo di sua proprietà, dove la servitù determina i costi e gli svantaggi di gran lunga superiori, con la conseguente violazione dell’art. 1051 c.c. e l’omesso giudizio su una questione fondamentale discussa tra le parti.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale che ha articolato, A.A., lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, pur a fronte della totale vittoria riportata nel giudizio dall’ A., ha provveduto alla compensazione delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio, senza indicare la sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni per poter dichiarare la compensazione integrale delle spese processuali, in tal modo violando tanto l’art. 91 c.p.c., che sancisce la condanna della parte soccombente al rimborso delle spese di lite in favore della parte vittoriosa, quanto l’art. 92 c.p.c., la quale consente al giudice di compensare le spese solo qualora ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere esplicitamente indicate nella motivazione mediante l’esposizione di argomentazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la statuizione di compensazione adottata in concreto.

5. Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente, sono fondati, con assorbimento del terzo e del ricorso incidentale. Questa Corte, infatti, ha costantemente affermato che, in materia di servitù coattive, occorre distinguere tra il passaggio coatto, e cioè il passaggio che può essere concesso officio iudicis a norma dell’art. 1052 c.c., ed il passaggio necessario previsto dall’art. 1051 c.c.: quest’ultimo ricorre quando il fondo sia circondato da fondi altrui e non abbia uscita sulla strada pubblica o non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, laddove, al contrario, il passaggio coatto può essere disposto quando il fondo abbia un accesso alla via pubblica e sia, quindi, non intercluso, ma l’accesso sia inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo medesimo e non possa essere ampliato (Cass. n. 6184 del 1994). La differenza tra le due ipotesi normative è stata, peraltro, costantemente ribadita nel corso degli anni dalla giurisprudenza di legittimità, essendosi anche di recente affermato che (Cass. n. 14788 del 2017) in tema di servitù coattive, ricorrono le condizioni per disporre il passaggio necessario ex art. 1051 c.c. allorchè il fondo sia circondato da fondi altrui e non abbia uscita sulla strada pubblica o non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, mentre, laddove un immobile non sia intercluso, ma il suo accesso alla via pubblica sia inadatto od insufficiente ai relativi bisogni e non possa essere ampliato, si verte in ipotesi di passaggio coatto, che può essere disposto officio iudicis, ex art. 1052 c.c. (conf., Cass. n. 30317 del 2017): tant’è che le domande di cui agli artt. 1051 e 1052 c.c. hanno titolo diverso, atteso che i fatti ai quali le due disposizioni citate legano il diritto potestativo del proprietario del fondo assolutamente o relativamente intercluso o il diritto del proprietario del fondo non sufficientemente collegato sono rispettivamente individuabili, per il fondo assolutamente intercluso, nella totale assenza di una uscita sulla via pubblica (art. 1051 c.c., comma 1), per il fondo relativamente intercluso nella insufficiente ampiezza del passaggio esistente (art. 1051 c.c., comma 3), per il fondo non intercluso, nella inadeguatezza del passaggio sulla via pubblica rispetto alle esigenze dell’agricoltura e dell’industria e nell’impossibilità di ampliamento di detto passaggio (art. 1052 c.c.). Nell’ipotesi prevista dall’art. 1052 c.c., il diritto alla costituzione della servitù è, quindi, condizionato all’esistenza dei seguenti presupposti: che il preesistente accesso sia inidoneo od insufficiente, che il suo ampliamento sia materialmente irrealizzabile od eccessivamente oneroso e che il nuovo passaggio risponda in concreto alle esigenze di sfruttamento agricolo od industriale del fondo dominante, senza impedire o compromettere analoghe utilizzazioni del fondo servente (Cass. n. 3125 del 2012). La sussistenza di quest’ultimo requisito, in particolare, dev’essere valutata non già in base a criteri astratti ma con riguardo allo stato attuale dei fondi e alle concrete possibilità di un più ampio loro sfruttamento o di una loro migliore utilizzazione (Cass. n. 5489 del 2006; Cass. n. 16970 del 2005; Cass. n. Cass. n. 281 del 1997). Emerge, quindi, in maniera evidente che la norma di cui all’art. 1052 c.c. impone una valutazione diversa e ben più rigorosa di quella invece richiesta dall’art. 1051 c.c. per l’ipotesi di interclusione assoluta ovvero di ampliamento del passaggio preesistente: la costituzione coattiva di una servitù di passaggio a favore di un fondo non intercluso postula, infatti, ai sensi dell’art. 1052 c.c., la rispondenza della domanda alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria, che trascende gli interessi individuali e giustifica l’imposizione coattiva solo se rispondente ad un interesse generale, potendo, quindi, essere ravvisato solo se il richiedente dimostri che attraverso la costituzione della servitù è possibile realizzare un più intenso sfruttamento del proprio fondo, a vantaggio sia del proprio interesse che di quello generale della produzione agricola. L’accoglimento della domanda di costituzione di una servitù di passaggio coattivo a favore di un fondo non intercluso, in definitiva, non presuppone soltanto l’accertamento dell’inidoneità del passaggio esistente e l’impossibilità ad ampliarlo, ma richiede altresì che il giudice accerti la maggiore utilità che ne deriverebbe per le esigenze dell’agricoltura o dell’industria, mirando l’art. 1052 c.c., a differenza dell’art. 1051 c.c. che tutela l’interesse individuale del fondo intercluso, a tutelare un effettivo interesse della collettività, da accertare dal giudice in concreto (Cass. n. 5765 del 2013, per cui la costituzione coattiva della servitù di passaggio in favore di un fondo non intercluso, ai sensi dell’art. 1052 c.c., postula la rispondenza alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria, requisito che trascende gli interessi individuali e giustifica l’imposizione solo per interesse generale della produzione, da valutare, non già in astratto, ma con riguardo allo stato attuale dei fondi e alla loro concreta possibilità di un più ampio sfruttamento o di una migliore utilizzazione). Nel caso di specie, la corte d’appello ha accertato, in fatto, che “la recinzione dei tre mappali confinanti ( Ma. a ovest, A. a nord, B. a nord-est) ha privato il fondo dei tre accessi di cui originariamente godeva sulla pubblica via” e che al fondo (dominante) “… è consentito solo l’accesso pedonale attraverso un varco a malapena sufficiente per il passaggio di una persona”, traendone la conclusione per la quale, a fronte della “oggettiva situazione di interclusione del fondo”, seppur determinata dall’intervenuta usucapione della fascia di terreno precedentemente utilizzata per il passaggio, il proprietario dello stesso fondo ha il diritto, a norma dell’art. 1051 c.c., “di ottenere coattivamente una servitù coattiva di passaggio fino alla pubblica via”, o, quanto meno, a norma dell’art. 1052 c.c., essendo “necessario garantire il passaggio per le esigenze del fondo, terreno agricolo (art. 1052 c.c.)”. La corte distrettuale, quindi, per un verso, ha ritenuto di applicare l’art. 1051 c.c., costituendo la relativa servitù coattiva di passaggio, nonostante l’accertata sussistenza di un passaggio, sia pur insufficiente (“è consentito solo l’accesso pedonale attraverso un varco a malapena sufficiente per il passaggio di una persona”), dal (presunto) fondo dominante alla pubblica via, e, per altro verso, ha ritenuto che, pur a voler qualificare la situazione di fatto come di interclusione relativa, con conseguente applicazione dell’art. 1052 c.c., la servitù coattiva dovesse essere nondimeno costituita essendo “necessario garantire il passaggio per le esigenze del fondo, terreno agricolo (art. 1052 c.c.)”. Così facendo, però, la corte territoriale non ha correttamente applicato i principi in precedenza esposti: se, infatti, è vero che, ai fini della costituzione di una servitù coattiva, non ha alcun rilievo il fatto che il fondo dominante si sia venuto a trovare in una situazione di interclusione in conseguenza dell’inerzia dei suoi proprietari, posto che la causa dell’interclusione può dipendere anche da un comportamento, attivo ovvero omissivo, dei proprietari del fondo dominante; è anche vero, però, che, da un lato, la situazione di interclusione assoluta dev’essere esclusa tutte le volte in cui il fondo dominante sia dotato, come quello di specie, di un precedente accesso, ritenuto tuttavia insufficiente da parte del titolare del fondo dominante, con la conseguenze che la domanda volta alla costituzione di un nuovo passaggio, sia pure a carico dello stesso fondo già gravato dall’accesso inadeguato, ne impone la qualificazione in termini di domanda proposta ai sensi dell’art. 1052 c.c.; e che, dall’altro lato, tale domanda, intanto può essere accolta, in quanto risponda alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria, che trascende gli interessi individuali e giustifica l’imposizione coattiva solo se rispondente ad un interesse generale, con la conseguenza che il giudice, avendo riguardo allo stato attuale dei fondi, deve accertare che il nuovo passaggio risponda, in concreto e non in astratto, alle esigenze di sfruttamento agricolo od industriale del fondo dominante, senza impedire o compromettere analoghe utilizzazioni del fondo servente: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto.

6. La sentenza impugnata, nei limiti dei profili indicati, dev’essere, quindi, cassata, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte così provvede: accoglie, nei limiti indicati in motivazione, il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo ed il ricorso incidentale; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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