Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9389 del 08/04/2021

Cassazione civile sez. III, 08/04/2021, (ud. 04/12/2020, dep. 08/04/2021), n.9389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7639-2019 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE LECCE, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FRANCESCO BORGATTI, 25, presso lo studio dell’avvocato

ANTONGIULIO AGOSTINELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO FAVALE;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ COOPERATIVA SOCIALE L’ADELFIA, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA L. MANTEGAZZA N. 24, presso lo studio dell’avvocato MARCO

GARDIN, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIAGABRIELLA SPATA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1240/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 21/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 29 luglio 2011 la Società Cooperativa Sociale L’Adelfia conveniva davanti al Tribunale di Lecce la Asl di Lecce per ottenere la sua condanna a pagarle quanto le sarebbe spettato per integrazione, in relazione a prestazioni di riabilitazione psichiatrica erogate in regime di convenzione in due Comunità Alloggio e in due Gruppi Appartamento che l’attrice aveva gestito, per il periodo (OMISSIS), quale differenza tra la retta già pagata dall’Asl e gli adeguamenti previsti dal Regolamento Regionale n. 7/2002, a decorrere dal 1 aprile 2007 per le Comunità Alloggio e dal 1 settembre 2007 per i Gruppi Appartamento. Tutte e quattro le suddette strutture sarebbero state in regime di accreditamento transitorio ai sensi della L.R. n. 8 del 2004.

Si costituiva la Asl, eccependo la giurisdizione del giudice amministrativo e, nel merito, negando che tali strutture avessero mai operato in regime di convenzione, nè nei confronti della Usl nè nei confronti della stessa Asl, deducendone che non erano mai state in accreditamento transitorio.

Il Tribunale, con sentenza del 25 giugno 2015, rigettava l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario e condannava la convenuta a pagare all’attrice una somma – Euro 549.831,79 – inferiore a quanto richiesto – Euro 730.146,39 -, oltre ad accessori, reputando fondata la domanda soltanto per le due strutture di Comunità Alloggio.

La Asl proponeva appello, cui la cooperativa resisteva.

La Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 21 dicembre 2018, rigettava il gravame sulla base di una motivazione differente rispetto a quella del giudice di prime cure, in particolare ricostruendo la vicenda del rapporto tra la cooperativa e controparte nel senso che, nell’originaria convenzione del 1987 e nella convenzione del 1994 emessa allo scopo di “prorogare in sanatoria” la convenzione originaria – per evitare l’interruzione dell’assistenza in attesa dell’approvazione di un nuovo schema-tipo delle convenzioni vista la sospensione dello schema-tipo vigente disposta dalla Delib. G.R. 18 maggio 1994, n. 2965 -, “la qualifica di “soggetto convenzionato”… non va riferita alle singole strutture nel tempo destinate all’erogazione delle prestazioni dedotte in convenzione (nella prima del 1987 come prorogata con la seconda del 1994), bensì all’unico soggetto giuridico cooperativa L’Adelfia… quale Ente gestore di dette strutture”.

2. La Asl ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, il primo dei quali attinente al preteso difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice amministrativo. La cooperativa si è difesa con controricorso e memoria.

Le Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 28 ottobre 2020 n. 23744 hanno deciso in ordine al primo motivo del ricorso, rigettandolo, e hanno rimesso l’esame del secondo e del terzo motivo del ricorso a questa sezione semplice.

La causa pertanto è stata chiamata alla pubblica udienza del 4 dicembre 2020. La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso, per quanto esposto, deve essere deciso sugli ultimi due motivi.

3.1 Il secondo motivo, allora, denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6, delle L.R. n. 8 del 2004 e L.R. n. 26 del 2006 e del Regolamento Regionale n. 7/2002.

La corte territoriale avrebbe errato nel ritenere la cooperativa “la destinataria delle condizioni per l’accreditamento provvisorio” (sic; il riferimento è evidentemente a quello transitorio), “espungendo da tutta la normativa di riferimento il concetto di “struttura” che invece è il cardine di ogni autorizzazione”. Anche strutture diverse, pur se gestite dallo stesso soggetto giuridico, devono comunque rispettare i requisiti cui al D.Lgs. n. 502 del 1992, alla L. n. 724 del 1994, e alle L.R. n. 8 del 2004, L.R. n. 26 del 2006 e successive. In ogni caso la convenzione non potrebbe produrre effetto su “strutture diverse da quelle espressamente indicate in convenzione”; invece entrambi i giudici di merito “accordano tutti gli effetti possibili (anche quelli improbabili) della convenzione a due strutture completamente diverse da quelle ivi indicate delle quali hanno conservato solo la denominazione”.

Che si tratti poi di strutture diverse rispetto a quelle di cui alla convenzione del 18 novembre 1994 sarebbe stato più volte denunciato “negli scritti difensivi” dell’attuale ricorrente e ammesso pure da controparte, la quale, nell’atto di citazione, a pagina 1, avrebbe affermato che “tra le varie strutture gestite dalla società figurano anche le Comunità Alloggio “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” di (OMISSIS)”, producendo tra i documenti “la domanda di accreditamento provvisorio” ove si dichiarerebbe la sede della Comunità Alloggio (OMISSIS) in (OMISSIS).

La convenzione dell’8 agosto 1987 sarebbe “cessata” il 1 gennaio 1993, e la sua “ultrattività” non potrebbe sostenere un provvedimento concessorio finalizzato all’accreditamento transitorio introducendo così una modifica alla L. n. 724 del 1994.

3.2 A parte che i riferimenti normativi sono quasi del tutto generici, quel che a ben guardare rileva è che il motivo patisce una realtà fattuale.

Anche a prescindere, infatti, dall’affermazione (fattuale anch’essa) che nella convenzione non la cooperativa, bensì due strutture sarebbero state indicate, dirimente è che ad avviso della ricorrente le strutture “espressamente indicate in convenzione” non sarebbero quelle in riferimento alle quali è stata fondata la domanda.

Formulato questo asserto fattuale, la ricorrente tenta pure di sorreggerlo – ut supra riportato – con riferimenti assai generici a propri indefiniti “scritti difensivi” e a un breve inciso estrapolato in modo tale da renderlo insignificante/insufficiente dall’atto di citazione di primo grado, oltre a un ulteriore documento, di cui però non indica neppure il numero di produzione. Alla natura fattuale della censura si affianca, così, anche una evidente carenza di autosufficienza. Avrebbe dovuto essere riportato nel motivo, o comunque nel ricorso globalmente considerato, quanto meno il contenuto delle convenzioni nella parte relativa all’identificazione delle strutture.

Sotto entrambi i profili, dunque, il motivo risulta inammissibile.

4.1 Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo; denuncia altresì “insussistenza convenzione-nullità Delib. Commissario straordinario 19 settembre 1994, n. 211 (Convenzione del 18/11/1994)”.

L’affermazione del giudice d’appello che le due convenzioni si riferiscono al “soggetto convenzionato” e non invece – come dovrebbe essere secondo la ricorrente – alle singole strutture sarebbe contraddittoria: da un lato la corte territoriale “riconosce l’errore in cui è incorso il giudice di prime cure”, dall’altro “si sostituisce al legislatore modificando la L. n. 724 del 1994 e creando un nuovo genus ma anche alla p.a. ritenendo legittima la proroga di una convenzione nulla ed invadendo il campo della giurisdizione speciale”.

La necessità delle prestazioni specialistiche delle strutture di cui si tratta non giustificherebbe comunque la violazione della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6, da cui sarebbero derivate “la caducazione della convenzione del 1987 e l’assenza dei requisiti” per l’accreditamento transitorio che sole potevano legittimare a chiedere l’adeguamento delle rette in forza del regolamento regionale n. 7/2002.

Vengono in seguito versati ulteriori argomenti sul preteso difetto di giurisdizione in capo al giudice ordinario (ricorso, pagine 25-26) – questione già decisa dalle Sezioni Unite -, per affermare poi che il giudice d’appello avrebbe violato “il diritto (sic) di motivare”, e ribadire che “la delibera commissariale di proroga”, priva di fondamento normativo, avrebbe dovuto essere dichiarata nulla, e il non averlo fatto costituirebbe violazione di legge da parte della corte territoriale: quest’ultima avrebbe dovuto “dichiarare la nullità della convenzione del 1994 essendo cessata la convenzione del 1987 ex lege”.

4.2.1 Deve anzitutto rilevarsi che il preteso vizio motivazionale riguarda una questione di diritto, cioè la pretesa nullità della convenzione: pertanto è inammissibile, dato che nelle questioni di diritto l’eventuale vizio motivazionale non incide, neppure quando la motivazione è qualificabile come apparente, rilevando solo la corretta applicazione da parte del giudice di merito delle norme di diritto (cfr. da ultimo Cass. sez. 2, ord. 13 agosto 2018 n. 20719; Cass. sez. 5, ord. 13 dicembre 2017 n. 29886; S.U. 2 febbraio 2017 n. 2731; Cass. sez. 5, 3 agosto 2016 n. 16157; Cass. sez. 1, 24 giugno 2015 n. 13086; Cass. sez. L, 11 novembre 2014 n. 23989; Cass. sez. 1, 27 dicembre 2013 n. 28663; S.U. 5 novembre 2008 n. 28054; trattasi logicamente di principio generale, relativo anche alla giurisdizione di legittimità in materia penale: cfr. da ultimo Cass. pen. sez. 1, 20 maggio 2015 n. 16372 e Cass. pen. sez. 3, 23 ottobre 2014-11 febbraio 2015 n. 6174).

4.2.2 Esaminando comunque l’effettivo contenuto del motivo, e a prescindere dalla intrusione di ulteriori argomenti sul preteso difetto di giurisdizione, emerge con evidenza che si tratta di un novum, perchè nei gradi precedenti non risulta che l’Asl avesse eccepito la nullità di nessuna delle due convenzioni, risultando invece – anche secondo la stessa esposizione dei fatti presente nel ricorso – che si era difesa negando che “le strutture indicate in citazione” fossero state “oggetto di convenzione”, da ciò deducendo che non potevano quindi godere di accreditamento “provvisorio” (ricorso, pagina 4), “non essendo intercorso tra le parti alcun “accordo contrattuale” ” (ibidem).

Pure questo motivo deve ritenersi, pertanto, inammissibile.

5. Essendo stato dalle Sezioni Unite rigettato il primo motivo, il ricorso complessivamente deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7200, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente” dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2021

 

 

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