Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9386 del 20/04/2010

Cassazione civile sez. I, 20/04/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 20/04/2010), n.9386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.R.C. e D.N., elettivamente domiciliati

in Roma, via dell’Acqua Traversa 195, presso l’avv. DAPEI Enrico, che

li rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, a

richiesta di parte imposto dalla legge domiciliato in Roma, via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende per legge;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1370/08 in data

31 marzo 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 17 dicembre 2009 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

udito, per i ricorrenti, l’avv. Enrico Dapei;

udito il Pubblico Ministero, nella persona del sostituto procuratore

generale, Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso dichiarando di

concordare con la relazione in atti.

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi

dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al

Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE.

Letti gli atti depositati.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

1. R.C.D. e D.N., cittadini egiziani, hanno proposto ricorso per Cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1370/08 in data 31 marzo 2008, che ha rigettato l’appello dai medesimi proposto contro la sentenza del Tribunale di Roma in data 27 febbraio 2006, che ha respinto la domanda con la quali essi avevano chiesto di essere dichiarati cittadini italiani, sul presupposto che la dichiarata incostituzionalità della L. n. 555 del 1912, in base alla quale C.P.A.I., madre degli attori, aveva perso la cittadinanza italiana avendo contratto matrimonio nel 1936 con un cittadino egiziano, non spiega effetti sui rapporti già interamente definiti prima della entrata in vigore della Costituzione e che pertanto neppure il riacquisto della cittadinanza italiana da parte della C.P., verificatosi soltanto nel 1979, quando la medesima si è avvalsa della facoltà a lei concessa dalla L. n. 151 del 1975, art. 219, può spiegare i suoi effetti per il periodo antecedente all’entrata in vigore della costituzione, essendo gli attori nati entrambi prima del 1948;

1.1. il Ministero dell’Interno non ha svolto difese;

OSSERVA:

2. appare manifestamente fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri due motivi, in quanto, per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e 30 del 1983, la cittadinanza italiana deve essere riconosciuta in sede giudiziaria alla donna che l’abbia perduta L. n. 555 del 1912, ex art. 10, per aver contratto matrimonio con cittadino straniero anteriormente al 1^ gennaio 1948, indipendentemente dalla dichiarazione resa ai sensi della L. n. 151 del 1975, art. 219, in quanto l’illegittima privazione dovuta alla norma dichiarata incostituzionale non si esaurisce con la perdita non volontaria dovuta al sorgere del vincolo coniugale, ma continua a produrre effetti anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione, in violazione del principio fondamentale della parità tra i sessi e dell’uguaglianza giuridica e morale tra i coniugi, contenuti negli artt. 3 e 29 Cost.. Ne consegue che la limitazione temporale dell’efficacia della dichiarazione d’incostituzionalità al 1^ gennaio del 1948 non impedisce il riconoscimento dello “status” di cittadino, che ha natura permanente ed imprescrittibile ed è giustiziabile in ogni tempo, salva l’estinzione per effetto della rinuncia del richiedente. In applicazione del principio, riacquista la cittadinanza italiana dal 1^ gennaio 1948 anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della L. n. 555 del 1912, e tale diritto si trasmette ai suoi figli, determinando il rapporto di filiazione, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, la trasmissione dello “status” di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto in assenza della legge discriminatoria (Cass. S.U. 2009/4466;

Cass. 2009/17548);

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”; B) osservato che non sono state depositate memorie di parte e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione depositata; ritenuto altresì che le considerazioni che precedono conducono all’accoglimento del ricorso in ordine alla censura accolta; che di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa, ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Roma in diversa composizione, che si pronuncerà sulla domanda dei ricorrenti alla luce del principio in precedenza enunciato e provvederà anche a regolare le spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, le generalità e gli altri dati identificativi di D.R.C., D.N. e C.P.A.I..

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2010

 

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