Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9383 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. II, 04/04/2019, (ud. 12/04/2018, dep. 04/04/2019), n.9383

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19039-2014 proposto da:

L.R., L.C., rappresentati e difesi

dall’avvocato ROMANO MANFREDI;

– ricorrenti –

contro

F.G., B.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLA CONSULTA 50, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI

RAIMONDO, rappresentati e difesi dall’avvocato RINALDO PANCERA;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 473/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 03/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/04/2018 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con citazione notificata l’11/4/2002 B.G.P. e F.G., proprietari in (OMISSIS) ciascuno di un fabbricato a uso abitativo e area circostante, hanno convenuto davanti al tribunale di Brescia L.C. e L.R., proprietari di un fondo confinante con casa di abitazione, rustici e cortile, deducendo che questi ultimi, demolendo integralmente due preesistenti rustici, avessero realizzato due nuove costruzioni più alte e ampie delle precedenti a distanza inferiore a quella legale, prescritta in metri cinque dal confine e, in caso di sopraelevazioni, in metri tre come da c.c., per la zona B2, dall’art. 20 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale. Dopo aver ottenuto ordinanza di sospensione a seguito di denuncia di nuova opera, gli attori hanno chiesto condanna dei convenuti alla demolizione delle parti di edificio illegittime e al risarcimento dei danni.

2. Sulla resistenza dei convenuti, che in via riconvenzionale hanno domandato condannarsi gli attori all’eliminazione di irregolarità delle fabbriche degli stessi, con sentenza depositata in data 28/10/2009 il tribunale di Brescia ha condannato i convenuti alle demolizione e al risarcimento.

3. Adita da C. e L.R., con sentenza depositata il 3/4/2014 la corte d’appello di Brescia ha rigettato l’impugnazione. A sostegno della decisione la corte territoriale ha considerato:

– che, benchè la relazione del c.t.u. avesse “definito gli interventi edilizi” dei signori L. come “dei semplici ampliamenti, i detti interventi devono essere diversamente qualificati come vere e proprie nuove costruzioni realizzate al posto delle originarie di cui più non conservano nè murature nè dimensioni nè volumetria”; la corte di merito ha ritenuto non condivisibile la tesi degli appellanti secondo cui, avendo l’aumento della volumetria interessato solo il lato prospiciente il cortile, non vi sarebbe violazione delle distanze fra originarie costruzioni e confini; ha rilevato, quanto al fabbricato B, l’ampliamento della superficie coperta e del volume verso l’interno del cortile e, quanto al fabbricato C, l’inglobamento nel suo volume di quello preesistente, con ampliamento sia di pianta sia di altezza;

– che sussistesse la violazione delle distanze quanto a entrambi fabbricati, in particolare quanto al fabbricato C, non essendo applicabile l’art. 20 delle norme tecniche di attuazione, che consente la costruzione in aderenza con corpi di fabbrica a testate cieche, posto che detta norma è condizionata nell’applicabilità al sussistere di accordo registrato tra i comproprietari;

-che fosse inapplicabile la L. n. 122 del 1989, cosiddetta L. “Tognoli”, che consentirebbe la realizzazione di autorimesse e parcheggi anche in deroga agli strumenti urbanistici, in quanto i due fabbricati risultano “solo parzialmente destinati ad autorimessa”.

4. Avverso detta decisione hanno proposto ricorso per cassazione L.C. e L.R. sulla base di quattro motivi subordinati tra loro, illustrati da memoria. Hanno resistito B.G.P. e F.G. con controricorso contenente ricorso incidentale su un motivo; in data 3/10/2014 gli stessi hanno depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 20 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del comune di Leno. Si sostiene che i giudici di merito abbiano considerato le edificazioni come nuove costruzioni, senza valutare che le norme in questione del p.r.g. di Leno consentono ampliamento e sopraelevazione.

1.1. Il motivo è inammissibile. Va dato atto preliminarmente che effettivamente l’art. 20 delle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico prescrive, per la zona B2, che sia “ammessa la costruzione in aderenza fra pareti a testata cieca”, sia consentito “nel caso di ampliamento di fabbricati esistenti… l’allineamento purchè la distanza dai confini sia di minimo m. 5,00”, nonchè sia ammessa “la sopraelevazione degli edifici esistenti alla data di adozione della variante… ferma restando, per tale distanze, la misura minima prevista dal codice civile”. Ciò posto, deve rilevarsi come la corte di merito non abbia in alcun modo violato, ma abbia anzi applicato dette disposizioni, determinandosi nel senso che le stesse non consentano nel caso di specie l’esenzione dal rispetto della distanza, per non essere le fabbricazioni configurabili come ampliamenti o sopraelevazioni, trattandosi piuttosto di nuove costruzioni. Ciò posto, l’inammissibilità del motivo discende dalla circostanza che, sotto le spoglie della censura per violazione di norme di diritto, i ricorrenti sottopongano a questa corte un’inammissibile richiesta di revisione di apprezzamenti, quali quelli coinvolti nella determinazione in ordine al se, ai fini delle distanze, un determinato corpo di fabbrica rappresenti, rispetto allo stato preesistente dei luoghi, un ampliamento, una sopraelevazione ovvero una nuova costruzione, che secondo la ferma giurisprudenza di legittimità, trattandosi di valutazioni fattuali, sono riservati al giudice del merito (cfr. ad es. Cass. n. 20786 del 25/09/2006, n. 6926 del 21/05/2001, n. 8954 del 05/07/2000 e già n. 1739 del 15/03/1980).

2. Con il secondo motivo del ricorso principale, al pari dei successivi formulato per l’ipotesi di non accoglimento del precedente, si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere in tesi la corte d’appello errato nell’interpretare la domanda come riferita alla demolizione integrale dei corpi di fabbrica, essendo stato richiesto dagli originari attori, invece, il solo ripristino dello stato dei luoghi.

2.1. Anche tale motivo è inammissibile. Lo stesso, infatti, non reca trascrizione della statuizione resa dal tribunale, nè del motivo d’appello ove sia stata sollevata la questione, nè tantomeno – al di là di una espressione generica – è indicato con precisione il tenore della domanda attrice originaria, di tal che non è possibile la disamina del presunto vizio. A ogni buon conto dalla lettura della sentenza impugnata (p. 3) risulterebbe che il tribunale abbia ordinato la sola demolizione delle parti non rispettanti le prescrizioni, avendo la corte d’appello confermato la sentenza di primo grado. In tale situazione, non è ravvisabile alcuna presa di distanza dal principio affermato da questa corte (cfr. ad es. Cass. n. 3889 del 14/02/2017) secondo cui in tema di distanze legali nelle costruzioni il giudice, di fronte ad una domanda di riduzione in pristino di opere eseguite in contrasto con le prescrizioni vigenti, deve verificare la sussistenza delle lamentate violazioni sotto ogni profilo, alla stregua di criteri normativi identificabili e applicabili d’ufficio, e, pertanto, non incorre nel vizio di ultrapetizione ove applichi integralmente la disciplina sanzionatoria delle violazioni accertate, ancorchè la domanda non abbia fatto specifico riferimento a tutte le conseguenze derivanti dalla violazione delle prescrizioni predette.

3. Con il terzo motivo del ricorso principale si deduce violazione della L. n. 122 del 1989, art. 9 c.d. Legge “Tognoli”, che ritiene ammissibili deroghe agli strumenti urbanistici per la realizzazione di autorimesse e parcheggi. Si sostiene pertanto che almeno le porzioni di fabbricato adibite ad autorimessa non potessero formare oggetto di eliminazione.

3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto esso non si confronta con la ratio decidendi della decisione impugnata, che ha statuito non potersi individuare porzioni di immobile destinate nella loro interezza ad autorimessa, essendo tale destinazione solo parziale. In ordine a tale ratio non vi è stata impugnazione, salvo che per il generico richiamo del tenore della decisione. Solo per completezza dunque può ricordarsi che la giurisprudenza di questa corte ha chiarito che la deroga alla disciplina delle distanze, consentita dalla L. 24 marzo 1989, n. 122, art. 9 vale per le autorimesse di nuova costruzione (e non per la sopraelevazione di autorimesse già esistenti), anche se realizzate, anzichè nel sottosuolo dell’edificio o nei locali a piano terreno, in un’area pertinenziale dell’immobile, purchè esse siano, in tal ultimo caso, interamente sotterranee, essendo la norma diretta a contemperare il favore per la realizzazione di nuovi parcheggi con la necessità di salvaguardare l’aspetto esteriore e visibile del territorio (cfr. Cass. n. 20850 del 11/09/2013 e n. 11998 del 10/06/2016).

4. Con il quarto e ultimo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 20 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del comune di Leno, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto ammissibile la costruzione in aderenza tra edifici con testate cieche, affermando che all’uopo sarebbe necessario un accordo tra comproprietari (che i ricorrenti deducono trattarsi di accordo con i confinanti).

4.1. Il motivo è inammissibile. Pur citando l’art. 20 come innanzi riepilogato (p. 14), la sentenza impugnata (p. 15) statuisce sul motivo d’appello concernente la questione come segue: “il terzo motivo di gravame va… respinto… il tribunale ha escluso che nella fattispecie ricorra l’ipotesi dell’art. 885 c.c. Poichè gli appellanti concordano con tale assunto, si deve constatare che sul punto non vi è alcuna censura”. In altri termini, la statuizione sull’argomento è nel senso che il terzo motivo di appello (come riepilogato alle pp. 10 e 11 della sentenza impugnata), deducendo l’insussistenza di muri comuni ex art. 855 c.c. e l’assenza di sopraelevazione di essi, non costituiva ammissibile censura, convergendo nelle valutazioni sia la parte appellante sia il tribunale.

4.2. In tale situazione, corretta o no che sia la decisione della corte di merito, il motivo di ricorso in cassazione non è congruente con detta ratio decidendi, con cui – lungi dal dare applicazione all’art. 20 delle norme tecniche di attuazione – la corte territoriale ha statuito in rito la mera apparenza e quindi l’insussistenza del motivo di gravame, statuizione questa non idoneamente censurata con il ricorso per cassazione e, pertanto, preclusiva dell’esame della doglianza articolata.

5. L’unico motivo del ricorso incidentale – con cui si denuncia l’omessa pronuncia da parte dei giudici di merito della revoca dell’iniziale ordine giudiziale di produzione di fideiussione bancaria a cautela dell’iniziale sospensione delle opere, ritenuto ora inefficace a seguito dell’accoglimento delle domande – ha formato oggetto di rinuncia. La rinuncia – cui non hanno aderito le controparti evidenzia la sopravvenuta carenza di interesse, per cui va dichiarata l’inammissibilità del ricorso incidentale.

6. In definitiva, il ricorso principale va rigettato, mentre va dichiarato inammissibile in via sopravvenuta il ricorso incidentale, con compensazione delle spese per soccombenza reciproca. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1 quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti principali dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti principali dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 12 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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