Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9382 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. I, 27/04/2011, (ud. 21/01/2011, dep. 27/04/2011), n.9382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.S.A., B.E., F., M.

e R., elettivamente domiciliati in Roma Via Po 24, presso lo

studio dell’avv.to CLEMENTE Giuseppe (studio legale Gentile

&

partners) rappresentati e difesi dall’avvocato Biagio Tanzarella, per

mandato a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrenti –

contro

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 59/07 della Corte di Appello di Potenza,

sezione civile, emesso il 18 luglio 2007, depositato il 27 luglio

2007, nel procedimento n. 35/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 21 gennaio 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l’Avvocato Biagio Tavarella per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per la dichiarazione di

inammissibilità o in subordine per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.S.A., B.E., F., M. e R. impugnano per cassazione il decreto della Corte di appello di Potenza che ha escluso il loro diritto all’equa riparazione del danno morale conseguente alla irragionevole durata del giudizio svoltosi davanti al Tribunale di Taranto e alla Corte di appello della stessa città relativo alla richiesta di risarcimento dei danni provocati dal crollo di un immobile sito in (OMISSIS).

Tale giudizio iniziato da V., G., A. e V. B.N. ebbe inizio il 14 novembre 1992 e fu definito in primo grado con sentenza pronunciata il 1 aprile 2003 mentre la Corte di appello di Taranto dichiarò la nullità della sentenza di primo grado rimettendo le parti davanti al Tribunale dove la causa è stata riassunta da V., G., B.A. e dagli eredi di B.V.N., gli attuali ricorrenti. Nell’escludere il diritto all’equa riparazione di questi ultimi la Corte di appello di Potenza ha rilevato che essi hanno agito in proprio e non nella qualità di eredi per ottenere l’equa riparazione spettante al loro dante causa.

Il ricorso è basato su due motivi di impugnazione con i quali si deduce: 1) la violazione e falsa applicazione degli artt. 110, 112 e 116 c.p.c. e degli artt. 2697, 2699 e 2700 cod. civ., nonchè la incongruenza logica della motivazione con riferimento a circostanze pacifiche e documentate atteso che la Corte di appello, nonostante la chiara esposizione del ricorso, e pur sussistendo una prova documentale al riguardo, ha erroneamente ritenuto che gli odierni ricorrenti non avessero dichiarato di essere subentrati al loro de cuius e di aver agito nella loro qualità di eredi; 2) la nullità del decreto, per la parte impugnata e del procedimento, per violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 112 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, atteso che la Corte non ha esaminato il ricorso, in particolare la pagina 1, con riferimento alla dedotta documentata circostanza che gli odierni ricorrenti aveva esplicitato di agire quali eredi del loro dante causa B. V.N., producendo stato di famiglia originario.

Si difende con controricorso il Ministero ed eccepisce la tardività e inammissibilità del ricorso, sia perchè avente ad oggetto la deduzione di un vizio revocatorio sia perchè proposto congiuntamente per violazione di legge e difetto di motivazione, senza elaborazione di un quesito di diritto e di una sintesi diretta a individuare l’oggetto del vizio di motivazione, I ricorrenti presentano memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione di tardività del ricorso è infondata in guanto la ipotizzata notifica d’ufficio del decreto della Corte di appello di Potenza ad istanza della cancelleria non è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione di cui all’art. 325 cod. proc. civ., poichè, in difetto di un’espressa previsione di legge, non vi sono ragioni per derogare al disposto dell’art. 285 cod. proc. civ., ed al principio dispositivo, i quali impongono che sia un’iniziativa di parte a far decorrere il termine breve di cui sopra allo scopo di pervenire ad una più rapida conclusione del processo (cfr. Cass. civ., sez. 2^, n. 16861 del 30 luglio 2007 e Cass. civ., sez. 1^, n. 6924 del 7 maggio 2003).

Quanto alla prima eccezione di inammissibilità si osserva che l’errore revocatorio deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi (cfr. Cass. sez. lavoro, n. 9396 del 21 aprile 2006). Nella specie la Corte di appello ha fornito una motivazione insufficiente a sostegno della affermazione per cui gli odierni ricorrenti non avrebbero agito qualificandosi come eredi di B.V.N. e sulla necessità di verificare l’effettività di tale status e l’eventuale esistenza di altri eredi, senza peraltro prendere in esame la documentazione agli atti. Tale constatazione evidenza l’estraneità alla tipologia di errore giustificativa dell’impugnazione per revocazione.

Quanto alla seconda eccezione di inammissibilità si rileva, dalla lettura del ricorso, che i ricorrenti hanno proposto un quesito di diritto (alla fine della illustrazione del motivo) e hanno sintetizzato l’oggetto e le ragioni dell’impugnazione di seguito alla rubrica di ciascun motivo. Di conseguenza deve ritenersi assolto l’obbligo di cui all’art. 366 bis c.p.c., sia in relazione alla prescrizione di prospettare, in caso di violazione di legge, un quesito di diritto, sia a quella di operare, in caso di impugnazione per vizio di motivazione, una sintesi con la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Ciò rende ammissibile il ricorso in conformità a quanto ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione Sezioni Unite civili n. 7770 del 31 marzo 2009) secondo cui è ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si denunzino, con un unico articolato motivo di impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, qualora lo stesso si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto.

Il ricorso, così come prospettato complessivamente nei suoi due motivi, appare fondato in quanto la Corte di appello ha reso una motivazione insufficiente sulle ragioni per le quali ha ritenuto che gli odierni ricorrenti non avessero agito nella loro qualità di eredi del de cuius B.V.N. e per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennità spettante al loro dante causa per la irragionevole durata del processo da lui subita nonchè sulla ragione per la quale ha escluso che la qualità di eredi fosse stata adeguatamente provata.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnata e rinvia per il nuovo giudizio alla Corte di appello di Potenza che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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