Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9382 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. II, 04/04/2019, (ud. 07/11/2017, dep. 04/04/2019), n.9382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13404/2014 proposto da:

GARANTE PROTEZIONE DATI PERSONALI, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA FOGGIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO EMO

56, presso lo studio dell’avvocato SERGIO DELVINO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA MARTINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1638/2013 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 19/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/11/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DELVINO Sergio, difensore del ricorrente che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Garante per la protezione dei dati personali propone ricorso. per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Foggia 19.11.2013, che ha accolto l’opposizione della provincia di Foggia all’ordinanza n. 44 del Garante, che aveva ingiunto la sanzione di Euro 20.000 per la violazione dell’art. 162, II bis del codice di protezione dei dati personali, per la diffusione dello stato di salute di una dipendente in difformità da quanto previsto dall’art. 22 VIII.

La Provincia aveva dedotto che dell’illecito, ove esistente, rispondeva il dirigente del servizio e che non vi era alcuna violazione stante l’esigenza della trasparenza amministrativa mentre il Garante aveva eccepito la mancata impugnazione del provvedimento presupposto e l’infondatezza della opposizione.

La sentenza ha escluso la definitività del provvedimento presupposto, che consentiva di produrre scritti difensivi, e sancito la fondatezza dell’opposizione ritenendo che la sola diffusione della determina non fosse lesiva della c.d. privacy.

Il Garante denunzia 1) violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 10 III, perchè i ricorsi avverso i provvedimenti del Garante vanno proposti entro 30 giorni dalla loro comunicazione ed il Tribunale ha errato nel sostenere che non osta all’esame del merito l’omessa impugnazione del provvedimento del luglio 2009 che ha seguito quello del giugno precedente di inibitoria alla pubblicazione dei dati; 2) violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 22 VIII, nonchè dell’art. 20, I e II, art. 65, V, art. 68, III, per essere stata ritenuta illegittima la sanzione in ordine alla diffusione di un dato sensibile.

Resiste la provincia con controricorso.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La mancata presentazione di scritti difensivi e la inerzia nella fase cautelare non comportano una sostanziale acquiescenza ai provvedimenti e non escludono la possibilità di far valere in sede giurisdizionale ogni opportuna difesa in applicazione dei principi costituzionali desumibili dall’art. 24 Cost., I e II.

Del resto può considerarsi acquisito il principio che l’acquiescenza e la rinunzia al ricorso possono avvenire anche tacitamente ma solo con atti inequivocabili, incompatibili con la volontà di impugnare (S.U. 22.4.2013 n. 9687) e tale accertamento è prerogativa del giudice di merito (Cass. 21.7.2008 n. 20085) che, nella specie, ha escluso la definitività del provvedimento presupposto.

Il secondo motivo è fondato.

La tutela del dato sensibile prevale su una generica esigenza di trasparenza amministrativa sia sotto il profilo costituzionalmente rilevante della valutazione degli interessi in discussione sia sotto quello della sostanziale elusione della normativa sulla protezione dei dati personali, accentuata nel caso dei dati sensibili, ove si dovesse far prevalere una generica esigenza di trasparenza amministrativa nemmeno concretamente argomentata e provata.

Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte ha sancito che nella nozione di trattamento, ai sensi dell’art. 4, I, lett. a), del codice della privacy, sono compresi l’estrazione dei dati ed il successivo utilizzo.

Queste attività, se non precedute da idonea informativa sul trattamento dei dati personali e dalla acquisizione del consenso del titolare, integrano due illeciti amministrativi previsti dagli artt. 13,23,130 e 161, art. 162, comma 2 bis, e art. 167 del codice della privacy, riferiti alla omessa informativa ed alla non assentita comunicazione automatizzata (Cass. 24.6.2014 n. 14326).

E’ consolidato il principio che i dati sensibili idonei a rilevare lo stato di salute possono essere trattati dai soggetti pubblici soltanto mediante modalità organizzative che rendano non identificabile l’interessato.

L’accoglimento del motivo comporta la cassazione con rinvio della sentenza, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Foggia in persona di altro Magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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