Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9377 del 12/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/04/2017, (ud. 03/03/2017, dep.12/04/2017),  n. 9377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10383/2015 proposto da:

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP ARL, in persona del

procuratore Dott. B.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato

PIERFILIPPO COLETTI, che la rappresenta e difende giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SAN GIUSTO SEA CENTER SPA, in persona del l.r.p.t. Dott. Z.P.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPONIO LETO 2, presso lo

studio dell’avvocato UMBERTO ROSSI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ELIANA LOBUONO, GIUSEPPIN MERSEDES giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 647/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 29/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che, con sentenza resa in data 29/10/2014, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, tra le restanti statuizioni, ha condannato la Cattolica Società di Assicurazioni coop a r.l. a tenere indenne la San Giusto Sea Center s.p.a. delle conseguenze relative alla condanna subita da quest’ultima per il risarcimento dei danni subiti da diversi proprietari di imbarcazioni a seguito della violenta mareggiata sviluppatasi, in una marina di (OMISSIS), nella notte tra l'(OMISSIS);

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come il complesso degli elementi istruttori acquisiti nel corso del giudizio avesse escluso che l’intensità e le caratteristiche dell’evento naturalistico oggetto d’esame fossero valse a integrare gli estremi per l’esclusione, ai termini di polizza, dell’operatività della garanzia prestata in favore della San Giusto Sea Center, sottolineando, per altro verso, l’inammissibilità (siccome tardivamente proposte solo in sede d’appello) delle eccezioni sollevate dalla compagnia in relazione alla copertura assicurativa di altri danni che la stessa aveva dedotto come del tutto estranei all’oggetto della garanzia;

che, avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione la Società Cattolica di Assicurazioni coop a r.l., sulla base di quattro motivi d’impugnazione, illustrati da successiva memoria;

che la San Giusto Sea Center s.p.a., resiste con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di successiva memoria ex art. 378 c.p.c.;

considerato che, con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2730 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso la natura confessuria delle dichiarazioni contenute negli scritti processuali della società resistente (espressamente richiamati in ricorso) con riguardo al carattere di forza maggiore dell’evento naturalistico oggetto d’esame, come tale idoneo a escludere l’operatività della polizza stipulata tra le parti;

che il motivo è inammissibile;

che, attraverso la censura in esame, la società ricorrente pretende inammissibilmente di reinterpretare in questa sede il contenuto delle dichiarazioni contenute negli scritti difensivi di controparte in senso difforme da quello fatto proprio dai giudici di merito (là dove hanno implicitamente escluso il ricorso di alcuna volontà confessoria ad opera della società odierna resistente); e tanto, sulla base di una soggettiva rilettura del relativo contenuto pretesamente confessorio, in coerenza a un’impostazione critica non ammissibile in sede di legittimità;

che è appena il caso di rilevare, peraltro, la mancata articolazione argomentativa, ad opera della società ricorrente, dei presupposti per la riconducibilità, delle dichiarazioni processuali attribuite alla controparte, ai termini propri dello schema confessorio precisati dall’insegnamento della giurisprudenza di questa corte, ai sensi del quale le dichiarazioni contenute negli atti processuali possono assumere il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dall’art. 229 c.p.c., purchè sottoscritte dalla parte personalmente, con modalità tali da rivelare inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche ammissioni dei fatti sfavorevoli così espresse, con la conseguenza che non può attribuirsi efficacia confessoria alla mera sottoscrizione della procura apposta a margine o in calce all’atto recante la dichiarazione, in quanto la procura è elemento giuridicamente distinto dal contenuto espositivo dell’atto cui accede, pur potendo tale dichiarazione contra se fornire elementi indiziari di giudizio (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 6192 del 18/03/2014, Rv. 630500 – 01);

che, con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1362 c.c. e ss., per avere la corte territoriale erroneamente interpretato l’art. 25 delle condizioni particolari di polizza, contenente la previsione dell’esclusione dalla garanzia assicurativa dei danni provocati da cause di forza maggiore, come quella verificatasi nel caso di specie;

che il motivo è inammissibile;

che, a riguardo, osserva il collegio come la doglianza avanzata dalla ricorrente, in contrasto con l’epigrafe del motivo d’impugnazione, appare in realtà espressione di un’invocata rilettura interpretativa del testo negoziale convenuto tra le parti, come tale inammissibile in sede di legittimità, avendo la stessa ricorrente trascurato di indicare in termini specifici le modalità attraverso le quali la corte territoriale si sarebbe sottratta alla corretta applicazione delle norme del codice civile dettate in tema di interpretazione degli atti negoziali;

che, peraltro, varrà tener conto di come la corte territoriale abbia proceduto alla lettura e all’interpretazione delle dichiarazioni negoziali in esame nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dalla legge, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, nè spingendosi a una ricostruzione del significato complessivo dell’atto negoziale in termini di palese irrazionalità o intima contraddittorietà, per tale via giungendo alla ricognizione di un contenuto negoziale sufficientemente congruo, rispetto al testo interpretato, e del tutto scevro da residue incertezze;

che, con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale, da un lato, travisato e, dall’altro, omesso di considerare nel loro complesso, le dichiarazioni rese dal teste M., in tal modo erroneamente escludendo che l’evento naturalistico oggetto d’esame rientrasse tra quelli cui le previsioni contrattuali ricollegavano l’inoperatività della garanzia assicurativa;

che il motivo è inammissibile;

che, al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso le censure indicate (sotto entrambi i profili di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), la ricorrente si sia sostanzialmente spinta a sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della motivazione;

che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente risulta aver prospettato le proprie doglianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

che, quanto al profilo del vizio di motivazione, la ricorrente si è spinta a delineare i tratti di un vaglio di legittimità esteso al riscontro di pretesi difetti o insufficienze motivazionali (nella prospettiva dell’errata interpretazione o configurazione del valore rappresentativo degli elementi di prova testimoniale esaminati) del tutto inidonei a soddisfare i requisiti imposti dal testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

che, con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), nonchè per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto inammissibili, siccome tardivamente proposte, le eccezioni relative all’estraneità, rispetto alla copertura assicurativa, dei danni relativi a cose diverse dalle imbarcazioni, o alla mancata considerazione della franchigia convenuta tra le parti, appartenendo dette questioni all’ambito di quelle concernenti l’operatività della garanzia assicurativa (costantemente richiamate nel corso del giudizio), senza peraltro considerarne la natura di mere difese (e non già di eccezioni in senso proprio), come tali sottratte al rigore di specifiche preclusioni processuali;

che il motivo è infondato;

che, sul punto, osserva il collegio come la natura di novità della questione, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 345 c.p.c., chiede d’essere misurata in relazione all’esigenza di una specifica istruttoria sui fatti su cui l’eccezione risulta fondata, con la conseguenza che l’introduzione di temi d’indagine nuovi e diversi da quelli originariamente introdotti in giudizio necessariamente comporta la relativa considerazione alla stregua di questioni nuove, per la prima volta proposte in sede di impugnazione con alterazione dei termini sostanziali della controversia e la violazione del principio del doppio grado di giurisdizione (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 4583 del 22/02/2008, Rv. 602166 01);

che, nella specie, il riferimento, contenuto nelle eccezioni della società ricorrente, a circostanze di fatto e occorrenze concrete connesse ad aspetti nuovi e diversi dell’ambito di operatività della garanzia assicurativa (come quello riferibile all’estensione della copertura assicurativa alla lesione di beni diversi dalle imbarcazioni o al ricorso e all’entità di eventuali franchigie contrattuali), vale a escludere la conservazione, in sede di gravame, degli stessi confini del thema decidendum oggetto della controversia, nella specie circoscritto all’interpretazione, nella prospettiva del caso fortuito o della forza maggiore, dell’evento naturalistico più volte richiamato, e dunque della relativa riconducibilità alle previsioni di polizza;

che, quanto alla pretesa natura di ‘mere difesè delle questioni de quibus, varrà sul punto richiamare il consolidato insegnamento sul punto della giurisprudenza di questa corte, ai sensi del quale, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 2, le c.d. mere difese (ammissibili in appello) si differenziano dalle nuove eccezioni (non ammissibili in sede di gravame) poichè con esse le parti si limitano a contestare genericamente le reciproche pretese (Sez. 3, Sentenza n. 15211 del 19/07/2005, Rv. 583386 – 01) e non già, come nel caso di specie, a preludere al compimento di specifiche indagini istruttorie dirette ad attestare il ricorso di fatti impeditivi o estintivi del diritto fatto valere dalla controparte;

che, sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata l’infondatezza dei motivi di censura avanzati dalla compagnia ricorrente, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della stessa al rimborso, in favore della società controri-corrente delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.900,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017

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