Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9376 del 08/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2021, (ud. 08/10/2020, dep. 08/04/2021), n.9376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11773/2015 proposto da:

L.P.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARLO MARSEGLIA;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO, e LETIZIA CRIPPA, che

lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 655/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 30/04/2015 R.G.N. 5303/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 14.5.2014, la Corte d’appello di Bari, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da L.P.S. al fine di conseguire la rendita per l’invalidità permanente parziale asseritamente residuatagli in esito a infortunio in itinere del (OMISSIS);

che avverso tale pronuncia L.P.S. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;

che l’INAIL ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c. per non avere la Corte di merito rilevato la cessazione della materia del contendere a seguito della produzione in giudizio della nota datata 24.1.2011 con cui l’INAIL attestava l’avvenuto consolidamento dei postumi della rendita a seguito di revisione T.U. n. 1124 del 1965, ex art. 83, procedendo, ai sensi del precedente art. 75, alla sua liquidazione in capitale;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 112,342 e 324 c.p.c., per avere la Corte territoriale dato ingresso ad un appello inammissibile per difetto di specificità dei motivi;

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che oggetto della domanda fosse la costituzione di una rendita per danno biologico-estetico;

che, con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere la Corte territoriale rigettato la domanda volta alla costituzione della rendita sul presupposto che fosse residuato esclusivamente un danno di tipo estetico, senza alcuna incidenza funzionale;

che, con il quinto motivo, il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per avere la Corte di merito fatto proprie le risultanze della seconda consulenza tecnica senza motivare il proprio dissenso rispetto alla prima e senza considerare che la prima consulenza aveva specificamente menzionato l’esistenza di danni funzionali e la seconda si era ingiustamente limitata ai danni incidenti sulla capacità lavorativa specifica;

che, con riguardo al primo motivo, risulta dalla nota INAIL del 24.1.2011 (debitamente allegata al ricorso per cassazione e il cui esame diretto è da ritenersi ammissibile in questa sede di legittimità in aderenza al principio secondo cui la mancata rilevazione da parte del giudice del merito della cessazione della materia del contendere, configurando denuncia di un error in procedendo, legittima la Corte di cassazione a verificarne la sussistenza mediante diretto esame degli atti: così espressamente Cass. n. 6617 del 2012) che il grado d’inabilità è indicato per relationem alla “CTU del 31.07.2008 a firma del Dott. D.”, in esito alla quale, con sentenza del 28.4.2010, il giudice di prime cure aveva condannato l’INAIL a corrispondere all’odierno ricorrente la rendita in misura pari al 15% con decorrenza dal (OMISSIS);

che, tanto premesso, la nota in oggetto appare prima facie come la rappresentazione di un’attività amministrativa strettamente collegata alla doverosa esecuzione della sentenza di primo grado, essendo commesso all’ente previdenziale di procedere alla revisione delle rendite che risultino costituite da un decennio e di liquidarle in capitale qualora il grado di inabilità permanente residuato all’infortunato risulti determinato in maniera definitiva nella misura superiore al dieci e inferiore al sedici per cento (T.U. n. 1124 del 1965, artt. 83 e 75), nè potendosi in quel momento accertare postumi invalidanti di entità differente rispetto alla sentenza provvisoriamente esecutiva, atteso che il relativo accertamento non poteva costituire oggetto di alcuna diversa valutazione fintanto che fossero rimasti immutati gli elementi di fatto e di diritto su cui la sentenza di pochi mesi prima aveva statuito (arg. ex Cass. n. 22740 del 2004);

che, così ricostruito il significato della nota del 24.1.2011, nessuna caducazione poteva in specie configurarsi dell’interesse dell’INAIL alla sorte dell’appello proposto in data 2.7.2010, non potendosi ricollegare alcuna acquiescenza nell’esecuzione del comando di una sentenza che sia dotata di provvisoria esecutività (così, tra le tante, Cass. nn. 8537 del 2012, 698 del 2013);

che, in conseguenza, il primo motivo di censura si rivela infondato;

che, con riguardo al secondo motivo, è consolidato il principio di diritto secondo cui l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 20405 del 2006, 12664 del 2012, 22280 del 2017), il che, quando si denunci l’erroneità della pronuncia in punto di ammissibilità o inammissibilità dell’appello, richiede che si indichino specificamente nel ricorso per cassazione i fatti processuali posti a base dell’errore denunciato, ossia tanto il ragionamento seguito dal giudice di prime cure quanto le argomentazioni e le censure del gravame, al fine di mostrare l’efficacia (o specularmente l’inefficacia) delle seconde rispetto allo scopo di attaccare validamente il primo;

che, nulla dicendosi nel ricorso per cassazione circa l’argomentazione della sentenza di primo grado (salvo che aveva fatto proprie le risultanze della CTU favorevole a parte ricorrente), non risulta ovviamente possibile apprezzare la specificità o meno dell’appello dell’INAIL pur riportato a pagg. 6-7 del ricorso, di talchè la censura va dichiarata inammissibile;

che parimenti inammissibile, ancorchè per estraneità al decisum, risulta il terzo motivo, avendo la Corte fatto riferimento al danno biologico, così come a quello estetico, non già per identificare la domanda giudiziale, ma solo per qualificare il tipo di danno residuato all’odierno ricorrente ed escludere, ricadendo la presente fattispecie nel vigore del T.U. n. 1124 del 1965, anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 38 del 2000, la sua indennizzabilità;

che il quarto e il quinto motivo sono del pari inammissibili, veicolando entrambi – e a dispetto del riferimento del quarto motivo a supposte violazioni della legge processuale plateali richieste di revisione del giudizio di fatto compiuto dai giudici territoriali mediante comparazione delle risultanze delle CTU espletate in primo e in secondo grado circa il tipo di danno residuato all’odierno ricorrente, che è cosa ovviamente non possibile in questa sede di legittimità; che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.750,00, di cui Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2021

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