Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9373 del 08/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 9373 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 28662-2008 proposto da:
DI PRETORO AMEDEO C.F. DPRMDA75T11E243C, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
3985

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio

dell’avvocato

FIORILLO

LUIGI,

che

la

Data pubblicazione: 08/05/2015

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controri corrente sul ricorso 29299-2008 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

DI PRETORO AMEDEO C.F. DPRMDA75T11E243C, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7463/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 03/12/2007 r.g.n. 7480/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
DI CER50;

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale e rigetto del
ricorso incidentale.

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

28662.08 + 29299.08

Udienza 11 dicembre 2014

Pres. F. Roselli
Est. V. Di Cerbo

Sentenza
La Corte, rilevato che:
1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha
dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, protrattosi
dal 2 novembre 2000 al 31 gennaio 2001, stipulato da Poste Italiane s.p.a. con
Amedeo Di Pretorio, e, conseguentemente, la sussistenza fra le parti di un
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Con la stessa sentenza
la Corte territoriale ha rigettato la domanda di condanna della società Poste
Italiane al risarcimento del danno derivante dalla illegittimità del termine. Ed
infatti, premesso che tale danno doveva essere determinato equitativamente
con riferimento alle retribuzioni maturate dalla data della costituzione in mora a
quella di scadenza del triennio successivo alla cessazione del contratto a
termine, ha osservato che, nel caso di specie, non era configurabile un danno
risarcibile atteso che la messa in mora si era verificata dopo la scadenza del
suddetto triennio.
2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Amedeo Di Pretoro,
notificato il 26 novembre 2008 e depositato nella cancelleria di questa Corte di
cassazione in data 11 dicembre 2008; anche Poste Italiane s.p.a. ha proposto
autonomo ricorso avverso la stessa sentenza, notificato il 3 dicembre 2008 e
depositato il successivo 18 dicembre; entrambe le parti hanno proposto
controricorso avverso il ricorso avversario. Il lavoratore ha resistito ha
depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
3. Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.
4. Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso
la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).
5. Deve premettersi che il lavoratore è stato assunto con un contratto a termine,
protrattosi per il periodo sopra indicato, che è stato stipulato a norma dell’art. 8
del c.c.n.l. 26 novembre 1994 ed in particolare in base alla previsione
dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi
legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze
eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli
assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa
dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse
umane.
6. La Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo ai fini della statuizione
sull’illegittimità del termine apposto a tale contratto, tra l’altro, alla
considerazione che lo stesso è stato stipulato, per esigenze eccezionali … – ai
sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, come integrato dall’accordo
3

.

7.

In ordine logico deve essere esaminato per primo il ricorso di Poste Italiane
s.p.a., anche se proposto successivamente.

8.

Con il primo motivo di Poste Italiane s.p.a. viene censurata (con riferimento
alla violazione degli artt. 1372, primo comma, 1175, 1375, 2697, 1427 e 1431
cod. civ. nonché art. 100 cod. proc. civ.) la statuizione della sentenza
impugnata che ha rigettato l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo
consenso.

9.

La censura è infondata; secondo il costante insegnamento di questa Suprema
Corte (cfr., in particolare, Cass. 17 dicembre 2004 n. 23554), nel giudizio
instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di
lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al
relativo contratto di un termine finale ormai scaduto), per la configurabilità di
una risoluzione del rapporto per mutuo consenso è necessario che sia accertata
– sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo
contratto a termine, nonché alla stregua delle modalità di tale conclusione, del
comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una
chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente
fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata
del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui
conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi
logici o errori di diritto; nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che la
mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto non fosse
sufficiente, stante la sua durata, e in mancanza di ulteriori significativi elementi
di valutazione, a far ritenere la sussistenza dei presupposti della risoluzione del
rapporto per mutuo consenso e tale conclusione in quanto priva di vizi logici o
errori di diritto resiste alle censure mosse in ricorso.

10. La statuizione sulla illegittimità del termine è censurata da Poste Italiane s.p.a.
con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, con i quali si denuncia
violazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 230 del 1962, dell’art. 23 della legge
n. 56 del 1987, dell’art. 8 c.c.n.l. 26 novembre 1994 e di altre norme collettive
nonché vizio di motivazione. Tali motivi sono infondati e devono essere
pertanto rigettati.
11. Ed infatti, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato che
l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del
1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli
previsti dalla legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di
considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del
lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti
(con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da
assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
di individuare ipotesi specifiche di
prescinde, pertanto, dalla necessità
collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni
4

aziendale 25 settembre 1997 – in data successiva al 30 aprile 1998. Sotto altro
profilo ha rigettato l’eccezione, proposta da Poste Italiane s.p.a., di risoluzione
del rapporto per mutuo consenso.

12. L’ultimo motivo del ricorso di Poste Italiane s.p.a. è inammissibile in quanto del
tutto inconferente. Tale motivo, infatti, è basato sull’assunto dell’esistenza di
un capo della sentenza impugnata contenente una condanna della società a
pagare al lavoratore le retribuzioni maturate dalla data di messa in mora. Ma
come si è evidenziato in narrativa nessuna condanna in tal senso è contenuta
nella sentenza impugnata, che anzi ha rigettato la domanda in tal senso
formulata dal ricorrente in primo grado.
13. Con il ricorso del lavoratore viene censurata con ben otto motivi la statuizione
concernente rigetto della domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno.
14. In proposito deve premettersi, in via di principio, che, per quanto concerne le
conseguenze economiche derivanti dalla dichiarazione di illegittimità della
clausola appositiva del termine, si pone il problema dell’applicabilità al caso di
specie dello ius superveniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5 0 , 6° e 7°
della legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore dal 24 novembre 2010.

5

oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di
procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n.
21063; cfr. altresì Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862,
Cass. 26 luglio 2004 n. 14011). Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in
bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari,
non essendo questi vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a
quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della
disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato
(cfr., fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n.
18378); in tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale
sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del
contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di
apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23 agosto 2006 n. 18383, Cass.
14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866); in particolare, quindi,
come questa Corte ha univocamente affermato e come va anche qui ribadito, in
materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale
del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e
con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le
parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione
straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla
conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne
consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio,
con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti in
contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962
n. 230 (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 novembre
2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979,
Cass. 18378/2006 cit.). La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione
dei suddetti principi.

16. Nel ricorso in esame il Di Pretoro sostiene, in particolare, I ‘erroneità della
decisione impugnata con riferimento alla limitazione del danno ipoteticamente
risarcibile ai primi tre anni successivi alla conclusione del rapporto a termine.
Degli otto motivi di ricorso almeno l’ottavo, con il quale, denunciando la
violazione degli artt. 113, 114 e 432 cod. proc. civ., si censura il ricorso, da
parte della Corte territoriale ad una valutazione equitativa del danno, deve
ritenersi ammissibile atteso che il quesito di diritto, formulato ex art. 366-bis
cod. proc. civ., è ammissibile in quanto rispettoso dei parametri di
ammissibilità fissati da questa Corte di legittimità. Tale quesito è stato infatti
formulato nei termini che seguono: viola gli artt. 113, 114 e 432 cod. proc.
civ. il giudice che, come nel caso di specie, decida il merito della causa secondo
equità, piuttosto che seguire le regole di diritto, senza che la legge gli
attribuisca tale facoltà o le parti ne facciano concorde richiesta, o quando sia
comunque possibile determinare la somma dovuta dal datore di lavoro debitore
al lavoratore “stabilizzato” a seguito della dichiarazione di nullità del termine.
Si tratta di quesito formulato in maniera specifica e chiaramente riferibile alla
fattispecie dedotta in giudizio, come stabilito, in particolare, dalla già citata
Cass. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36.
17.In relazione alla ritenuta (per le ragioni sopra esposte) ammissibilità del
suddetto motivo di ricorso, ed a prescindere dalla sua fondatezza, deve
applicarsi lo ius superveniens sopra indicato, compito che deve essere
pacificamente svolto dal giudice del merito in quanto implica valutazioni allo
stesso riservate.
18. In definitiva, mentre il ricorso di Poste Italiane s.p.a. deve essere rigettato,
quello del lavoratore deve essere accolto nei limiti sopra indicati e per l’effetto
la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, indicato
in dispositivo, che provvederà alla liquidazione del risarcimento del danno
tenendo conto dello ius superveniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5 0 , 60
e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183. Lo stesso giudice provvederà altresì
alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione (art. 385, terzo comma,
cod. proc. civ.).

6

15 Questa Corte di legittimità ha più volte precisato che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che
abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto
controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto
alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del
controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso
(cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070); in tale
contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe, anche
indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere
sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria. Ne
consegue che, con riferimento alla disciplina qui invocata, la necessaria
sussistenza della questione ad essa pertinente nel giudizio di cassazione
presuppone che vi siano motivi di ricorso che investano specificatamente le
conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine.

P.Q. m .
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso di Poste Italiane s.p.a.; accoglie il ricorso di
Amedeo Di Pretoro per quanto di ragione; cassa in relazione al ricorso accolto e rinvia,
anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 dicembre 2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA