Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9370 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. I, 27/04/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 27/04/2011), n.9370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 9113/2005 proposto da:

T.G., T.P., T.

A., elettivamente domiciliati in Roma, alla via Principessa

Clotilde 2, presso lo studio dell’avv. LEONE Giovanni che li

rappresenta e difende come da procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO QUARTO POZZUOLI, in persona del legale rapp.te p.t.,

elettivamente domiciliato in Roma, al piazzale Porta Pia 121, presso

lo studio dell’avv. Giancarlo Navarra, rappresentato e difeso

dall’avv. CIMADOMO Bruno, come da procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 816/04 della Corte d’Appello di Napoli, emessa

i 25.2.04, depositata il 5.3.04; R.G. n. 4747/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24.11.2010 dal Consigliere Dr. Magda Cristiano;

udito l’avv. Leone;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza non definitiva del 13.7.2001, il G.O.A. del Tribunale di Napoli, pronunciando nelle cause riunite promosse dai germani G., P. e T.A. contro la PCM ed il Consorzio Quarto Pozzuoli, con le quali gli attori avevano chiesto in via principale l’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione d’urgenza di tre appezzamenti di terreno, siti in (OMISSIS), di loro proprietà comune, disposta – ex L. n. 219 del 1981, ed ai fini della realizzazione del progetto inerente la costruzione del c.d. Asse Mediano – con le ordinanze nn. 600/86, 1107/87 e 1470/89 e la conseguente condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento dei danni subiti, ed in subordine la liquidazione delle giuste indennità di occupazione e di esproprio, accolse le domande principali in relazione alle aree individuate nelle ordinanze nn. 600 e 1107 e quella subordinata in relazione all’area individuata nell’ordinanza n. 1470.

Il giudice di primo grado affermò, in particolare, che l’occupazione dei terreni individuati nell’ordinanza n. 600/86 andava qualificata come “acquisitiva”, in quanto fondata su una dichiarazione di p.u.

legittimamente emessa, ma scaduta il 31.12.90, mentre l’occupazione dei terreni individuati nell’ordinanza n. 1107/87, priva dell’indicazione dei termini di compimento dei lavori, era da ritenersi “usurpativa”, siccome fondata su un titolo radicalmente nullo.

La Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento dell’appello principale immediatamente proposto dal Consorzio Quarto, e dell’appello incidentale della PCM, con sentenza del 5.3.04, in riforma della pronuncia impugnata: rigettò integralmente le domande svolte in via principale dai T.; dichiarò improponibile la domanda di determinazione delle indennità di espropriazione; dichiarò il Consorzio unico legittimato al pagamento delle indennità di occupazione; compensò integralmente fra tutte le parti le spese del giudizio.

A sostegno della decisione, per ciò che nella presente sede interessa, la Corte territoriale rilevò: che l’ordinanza n. 1107/87, che aveva accolto la variazione progettuale con la quale era stato determinato un nuovo tracciato dell’Asse Mediano, che escludeva alcune particelle di terreno già sottoposte ad occupazione e ne includeva altre, andava letta ed interpretata in collegamento con la n. 600/86, che l’aveva preceduta, e con le numerose altre che ad essa erano succedute, le quali rientravano tutte nel medesimo procedimento, riguardante la realizzazione di un’unica opera pubblica; che, ciò premesso, e tenuto altresì conto dei principi ermeneutici di conservazione degli atti giuridici e di buona fede, la denunciata, mancata indicazione, nella predetta ordinanza, del termine di compimento dei lavori, era in realtà solo apparente, in quanto dovuta ad un’ involontaria, omessa trascrizione – nel paragrafo concernente, per l’appunto, la fissazione dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 – della parola “lavori”, contenuta invece nel corrispondente paragrafo dell’ ordinanza n. 600/86, per il resto con l’altro perfettamente coincidente; che, peraltro, nel sistema della L. n. 219 del 1981, l’individuazione delle aree disponibili ed utilizzabili per il programma straordinario di ricostruzione assurge a dichiarazione di p.u., con la conseguenza che la previsione del termine di durata del vincolo sostituisce il termine di compimento delle opere, venendo ad assumere la medesima funzione; che doveva pertanto concludersi nel senso della legittimità del potere ablativo esercitato dal Commissario in tutte e tre le ordinanze che avevano assoggettato al vincolo le porzioni di fondo di proprietà dei Tagliatatela; che poichè i termini previsti in tali ordinanze erano stati ulteriormente prorogati, sia da successive ordinanze sia da disposizioni normative (da ultimo sino al 31.12.04, con il D.L. n. 355 del 2003) le procedure espropriale dovevano ritenersi ancora in corso.

La sentenza è stata tempestivamente impugnata dinanzi a questa Corte dai germani Tagliartela, sulla base di due motivi di ricorso. Il Consorzio Quarto Pozzuoli ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso, che si articola in tre distinte censure, i germani Tagliartela denunciano violazione dell’art. 1324 c.c., art. 1362 c.c., e segg., della L. n. 2359 del 1865, art. 13 e del D.Lgs. n. 355 del 2004, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata.

1-a) Deducono, sotto un primo profilo, che il giudice d’appello, in aperta violazione dell’art. 1367 c.c., ha effettuato una vera e propria conversione di un atto nullo attraverso un’interpretazione integrativa e sostitutiva della volontà dell’amministrazione.

Sostengono che la Corte ha erroneamente applicato l’art. 1363 c.c. agli specifici, autonomi atti amministrativi costituiti dalle ordinanze nn. 600/86 e 1107/87, tra loro non collegate, ed, altrettanto erroneamente, ha ritenuto di poter colmare la lacuna dell’ordinanza n. 1107/87, costituita dall’omessa indicazione del termine di compimento dei lavori, ricorrendo ai canoni interpretativi della logicità e buona fede, senza considerare che, secondo il costante insegnamento della S.C., essi hanno carattere sussidiario e possono supplire al canone fondamentale, del significato proprio delle espressioni adoperate, solo quando il senso di queste non sia univoco. Infine, a dire dei ricorrenti, tenuto conto che il principio della buona fede va collegato a quello dell’affidamento che ciascuna parte ripone nel significato della dichiarazione dell’altra e che il testo dell’ordinanza è stato predisposto ed adottato unilateralmente dall’amministrazione, l’eventuale dubbio sul significato del paragrafo controverso avrebbe dovuto essere interpretato dal giudice a quo, ai sensi dell’art. 1370 c.c, a favore di essi destinatari.

1-b) Sotto altro profilo, i Tagliatatela sostengono che la Corte territoriale, nell’affermare che nel sistema della LI. n. 219 del 1981, il vincolo di destinazione ha effetti sostitutivi del termine per il compimento dei lavori, ha indebitamente confuso la norma urbanistica con quella espropriativa. Osservano a riguardo che il vincolo di destinazione, con il quale vengono individuate le aree preordinate all’esproprio, discende dallo strumento urbanistico e va tenuto distinto dalla dichiarazione di p.u., che viene emessa in attuazione del vincolo medesimo e che deve indicare i termini per il compimento dell’espropriazione e dei lavori e che tanto si desume anche dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, nel quale il sub-procedimento di sottoposizione al vincolo del bene da espropriare trova regolamentazione separata dal sub-procedimento che contempla la fase della dichiarazione di pubblica utilità.

La censura sub. 1.b), prima ancora che infondata, va dichiarata inammissibile, siccome priva di effettiva attinenza alla decisione.

Contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, la Corte di merito non ha operato indebite commistioni fra l’uno e l’altro sub- procedimento, ma si è limitata a rilevare che, nel sistema della L. n. 219 del 1981, essi coincidono, in quanto, ai sensi dell’art. 80, l’individuazione da parte del Commissario straordinario delle aree utilizzabili per il programma di ricostruzione assurge a dichiarazione di p.u..

Da tale interpretazione della norma, non oggetto di contestazione da parte dei T., la Corte ha poi tratto la logica conseguenza che il termine di durata del vincolo assolve alla medesima funzione del termine di compimento delle opere: è evidente, infatti, che se il citato art. 80 non prevede la formale emanazione di un provvedimento dichiarativo della p.u., i termini richiesti a pena di nullità dall’art. 13 della legge del 1865 non possono che essere gli stessi (di durata del vincoio) previsti dall’ordinanza commissariale, la quale vale, ad un tempo, a destinare all’esproprio le aree individuate ed a dichiarare indifferibili e urgenti le opere che vi devono essere eseguite.

Il rigetto della censura sin qui esaminata, concernente una delle due autonome rationes decidendi in base alle quali la Corte territoriale ha escluso che l’ordinanza n. 1107/87 potesse dichiararsi nulla in quanto priva del termine di compimento dei lavori, rende superfluo l’esame della prima, riassunta sub La), la cui eventuale fondatezza non potrebbe da sola condurre all’accoglimento, per tale parte, del motivo.

1.c) Sotto il terzo profilo, i Tagliartela deducono l’erroneità anche del capo della sentenza nel quale la Corte partenopea ha affermato che per il terreno individuato nell’ ordinanza n. 1107/87 (nonchè per quello di cui all’ordinanza n. 600/86), per effetto delle proroghe dei termini della dichiarazione di p.u. disposte prima in via amministrativa e poi per legge (da ultimo con il D.L. n. 355 del 2003), le procedure espropriative erano ancora validamente in corso alla data della decisione. Rilevano in proposito: 1.c1) che non v’è prova delle proroghe disposte in via amministrativa, in quanto il Consorzio Quarto di Pozzuoli ha tempestivamente depositato in atti solo l’ordinanza n. 1902/est del 1991, con la quale il termine finale di compimento dei lavori fu prorogato al 31.1.1996; 1.c2) che il D.L. n. 355 del 2003 (così come tutti quelli che lo hanno preceduto) ha prorogato esclusivamente i termini finali di occupazione, ma non anche quelli iniziali e finali di compimento dei lavori, che trovano fonte nell’atto amministrativo costituito dalla dichiarazione di p.u.; 1c3) che, in ogni caso, poichè nella specie il termine di compimento dei lavori era stato omesso ab initio, sue eventuali, successive proroghe sarebbero del tutto ininfluenti.

Le doglianze riassunte sub. 1.c1) ed 1.c3) sono infondate: la prima in quanto la causa, introdotta con citazione del 9.7.93, è soggetta al ed. vecchio rito, che non prevede(va) preclusioni istruttorie, neppure in grado d’appello; la seconda per le ragioni appena illustrate sub. 1.b).

La doglianza di cui al punto 1.c2) va invece accolta.

Dichiarazione di p.u. ed occupazione temporanea d’urgenza assolvono a due diverse funzioni: la prima consente che la potestà espropriativa possa esplicare la finalità di rendere possibile la realizzazione di un’opera di riconosciuto interesse pubblico e, quindi, di porre il proprietario dell’immobile in condizione di subire un procedimento ablativo legittimo, mentre la seconda costituisce titolo per l’apprensione o il godimento del bene altrui, attraverso la quale l’Amministrazione può, con remissione del relativo decreto, ottenere l’anticipata presa di possesso dell’immobile, onde iniziare i lavori necessari, in vista della futura espropriazione. (Cass. n. 4202/09).

In coerenza con tale premessa, questa Corte ha costantemente affermato (Cass. nn. 22399/08, 2870/05, 10251/02) che le proroghe dei termini fissati per l’occupazione d’urgenza delle aree soggette ad esproprio non interferiscono sui termini stabiliti con la dichiarazione di p.u. per il compimento della procedura ablativa, il cui decorso determina l’inefficacia di detta dichiarazione anche se il termine per l’occupazione non sia ancora scaduto, con la conseguenza che quest’ultima diviene illegittima in quanto non più assistita da titolo giustificativo. Il principio opera espressamente anche in tema di L. n. 219 del 1981.

Il D.Lgs. n. 354 del 1999, art. 9, comma 2 (cui hanno fatto seguito il D.L. n. 390 del 2001, D.L. n. 236 del 2002 e il D.L. n. 355 del 2003, citato nella sentenza impugnata), ha infatti per la prima volta disposto, in deroga alla L. n. 865 del 1971, art. 20, la protrazione dei termini di efficacia dei decreti di occupazione d’urgenza emanati per la realizzazione degli interventi di cui al titolo 8^ della L. n 219 del 1981, ma ha contestualmente previsto, al primo comma, che per l’attuazione dei procedimenti di espropriazione (emanati per la realizzazione dei medesimi interventi) l’ente destinatario delle opere provvede alla fissazione dei termini stabiliti dalla L. n. 2359 del 1865, art. 13, e, conseguentemente, ove necessario, alla proroga degli stessi. La Corte d’appello, affermando in sentenza che poichè (successivamente al 31.12.91) sono intervenute proroghe dei termini per il completamento dei lavori e poste per legge (da ultimo dal D.L. n. 355 del 2003) e contenute negli atti compiuti dal Funzionario CIPE (succeduto al Commissario Straordinario) e dall’ANAS (a sua volta succeduta al Funzionario CIPE), deve concludersi nel senso che le procedure espropriative sono tuttora in corso, ha dunque erroneamente fondato la propria decisione sulla supposta equivalenza fra i termini della dichiarazione di p.u. e quelli di efficacia delle occupazioni, mentre, al fine di verificare la perdurante legittimità delle procedure espropriative promosse con le ordinanze nn. 600/86 e 1107/87, avrebbe dovuto accertare se le proroghe legislative dei secondi erano intervenute prima della scadenza (non indicata in sentenza) delle proroghe dei primi, disposte nei provvedimenti dell’amministrazione allegati agli atti.

L’accertamento non risulta compiuto.

La sentenza impugnata va, in conseguenza, cassata e rimessa per un nuovo esame alla medesima Corte, in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale i Tagliatatela si dolgono dell’omessa pronuncia della Corte sulla domanda di liquidazione delle indennità di occupazione, da essi svolta in via subordinata, in quanto assorbita dall’accoglimento di quella risarcitoria.

P.Q.M.

La Corte: accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia per il nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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