Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9370 del 08/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 08/04/2021), n.9370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20747/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A., Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,

CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;

– ricorrenti –

contro

RISCOSSIONE SICILIA s.p.a. già SE.RI.T. SICILIA S.p.A., Agente della

Riscossione per la Provincia di (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIO BONANNO;

FALLIMENTO di (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 11,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE PIERMARTINI, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE IPPOLITO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 518/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/06/2014 R.G.N. 908/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per accoglimento con eventuale

rinvio;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza pubblicata il 4 giugno 2014, la Corte di Appello di Catania ha dichiarato estinto il giudizio intrapreso nel 2004 in primo grado dalla (OMISSIS) Spa avverso la cartella esattoriale avente ad oggetto il pagamento della somma di Euro 527.220,95 per contributi INPS e sanzioni.

2. La Corte ha rilevato che all’udienza del 27 novembre 2012 era stata prodotta sentenza dichiarativa del fallimento della società appellata dall’INPS, risalente al 31 agosto 2010, per cui veniva dichiarata l’interruzione del processo.

Ha ritenuto che “l’INPS – peraltro già informato dell’intervenuto fallimento, L. Fall., ex art. 92, sin dagli inizi dell’anno 2011 – avrebbe dovuto pertanto immediatamente attivarsi per riassumere il giudizio nei confronti della curatela entro sei mesi dalla data dell’apertura del fallimento”, mentre l’Istituto lo aveva fatto tardivamente il 5 dicembre 2012, solo in seguito alla declaratoria di interruzione del processo.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’INPS con unico articolato motivo; ha resistito con controricorso il curatore del Fallimento di (OMISSIS) Spa nonchè la Riscossione Sicilia Spa; il Fallimento ha anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: “violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 43, art. 305 c.p.c. (entrambe le disposizioni nel testo applicabile ratione temporis) e dell’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Si sostiene che della L. Fall., art. 43, u.c., collega all’apertura del fallimento l’effetto interruttivo, ma tale automatismo dell’effetto interruttivo non implica, necessariamente, la decorrenza del dies a quo del termine per la riassunzione dalla data del verificarsi dell’evento; l’art. 305 c.p.c., deve essere infatti interpretato nel senso che il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui l’evento è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione, in forma legale, ossia attraverso una dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza altrimenti acquisita dalla stessa parte; in particolare non sarebbe sufficiente neanche “l’avviso inviato dal curatore fallimentare a tutti i creditori della società dichiarata fallita ai sensi della L. Fall., art. 92”.

2. La censura è fondata.

L’art. 43 della legge fallimentare stabilisce al comma 3, inserito dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 41, che: “L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”.

Pertanto la dichiarazione di fallimento produce automaticamente l’effetto interruttivo nei processi in corso (tra le altre: Cass. n. 9578 del 2018; Cass. n. 27165 del 2016; Cass. SS.UU. n. 7443 del 2008, in motivazione).

La creazione di una nuova ipotesi di interruzione automatica, operante indipendentemente dalla dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo ai sensi dell’art. 300 c.p.c., ha comportato la riproposizione della questione dell’individuazione del termine a quo per la riassunzione, a fronte della permanente formulazione dell’art. 305 c.p.c., secondo cui: “Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di sei mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue” (formulazione applicabile al presente giudizio instaurato antecedentemente all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, che ha ridotto il termine per la riassunzione a mesi tre).

Ha risolto il dubbio la Corte costituzionale (Corte Cost. 21 gennaio 2010, n. 17) che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c., nella parte in cui farebbe decorrere il termine per la riassunzione del processo ad opera di parte diversa da quella dichiarata fallita dalla data dell’interruzione del processo per intervenuta dichiarazione di apertura di fallimento e non dalla data di effettiva conoscenza dell’evento interruttivo; nella pronuncia si evidenzia come sia da tempo acquisito il principio, accolto dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui, nei casi di interruzione automatica del processo, il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l’evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima.

Questa Corte ha poi specificato che la conoscenza che innesca il decorso del termine per la riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., è la “conoscenza legale”, non occorrendo viceversa la conoscenza effettiva. La conoscenza legale ricorre in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa del menzionato evento interruttivo, assistita da fede privilegiata (tra molte: Cass. n. 27165 del 2016; Cass. n. 3782 del 2015; Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 3085 del 2010). Per converso, viene esclusa, ai fini del decorso del termine per la riassunzione, la sufficienza della “conoscenza aliunde acquisita” (così, ad ex., Cass. n. 20744 del 2012; Cass. n. 3085 del 2010).

L’onere di provare la legale conoscenza dell’evento interruttivo in data anteriore al semestre (oggi, al trimestre) precedente la riassunzione o la prosecuzione del giudizio incombe alla parte che ne eccepisce l’intempestività, non potendo farsi carico alla controparte dell’onere di fornire una prova negativa (da ultimo: Cass. n. 17944 del 2020, conf. a Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 3085 del 2010; Cass. n. 5348 del 2007; Cass. n. 14691 del 1999).

Numerosi i precedenti di questa Corte volti a specificare regole che individuino il dies a quo del termine per la riassunzione in caso di interruzione del processo per intervenuto fallimento di una parte, al fine di ancorare la verifica della decorrenza “a criteri quanto più possibile sicuri ed oggettivi, così da neutralizzare, per quanto possibile, l’elemento di criticità operativa derivante dall’avere il giudice delle leggi disancorato il termine per la riassunzione dal verificarsi dell’interruzione, così rendendolo mobile e variabile” (cfr. Cass. n. 2659 del 2019).

Ai fini della “conoscenza legale”, innanzi tutto, non è richiesto che essa provenga esclusivamente dal difensore della parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo (Cass. n. 2659 del 2019), sicchè è ben possibile che detta conoscenza sia offerta alla controparte non dal difensore della parte colpita dall’evento interruttivo, ma anche da soggetti diversi e, quindi, anche dal curatore fallimentare.

Ad esempio, questa Corte ha già avuto modo di ritenere che la conoscenza legale dell’intervenuto fallimento è in linea di principio integrata dalla comunicazione via fax della sentenza che lo ha dichiarato, effettuata a cura della cancelleria al creditore istante che abbia partecipato alla fase prefallimentare e che sia parte del giudizio colpito da interruzione (Cass. n. 6398 del 2018). Parimenti è stato affermato che la comunicazione della dichiarazione dell’evento interruttivo del giudizio, effettuata dal curatore, mediante posta elettronica certificata è equivalente, ai sensi del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 48, commi 1 e 2, alla notificazione a mezzo posta ed è pertanto idonea, in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell’evento da parte del destinatario (Cass. n. 21375 del 2017; v. pure Cass. n. 8640 del 2018).

La comunicazione, inoltre, deve avere specificamente ad oggetto tanto l’evento in sè considerato quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i propri effetti (Cass. n. 2658 del 2019; Cass. n. 6398 del 2018; Cass. n. 16887 del 2018).

Di recente (v. Cass. n. 12890 del 2020), nel ribadire tale principio rispetto ad un contrario avviso (Cass. n. 21325 del 2018), si è pure precisato che “la comunicazione deve essere diretta al procuratore che assiste la parte nel processo della cui interruzione deve valutarsi la conoscenza legale”, e non alla parte personalmente (salvo il caso che quest’ultima non sia assistita da procuratore in giudizio).

In particolare, per quanto più interessa il presente giudizio, è stata ritenuta astrattamente idonea a far decorrere il termine per la riassunzione anche la comunicazione effettuata dal curatore ai sensi della L. Fall., art. 92 (Cass. n. 21325 del 2018), precisandosi che “può costituire strumento idoneo ai fini della decorrenza di detto termine, sempre che sia indirizzata al difensore della parte processuale, contenga esplicito riferimento alla lite pendente (ed interrotta) e sia corredata da copia autentica della sentenza di fallimento (a comprova della legittimazione del soggetto mittente della comunicazione)” (in termini: Cass. n. 31010 del 2018).

3. Conclusivamente la Corte territoriale ha errato nel ritenere che l’INPS avrebbe dovuto attivarsi per la riassunzione “entro sei mesi dalla data (31.08.2010) di apertura del fallimento, pena l’estinzione del giudizio”.

Pertanto il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà al seguente principio di diritto (di recente ribadito da Cass. n. 17944 del 2020):

“In caso d’interruzione del processo determinata, ai sensi della L. Fall., art. 43, comma 3, dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione non decorre dalla data dell’evento interruttivo, ma da quella in cui la parte interessata ne ha avuto conoscenza legale, per tale dovendosi intendere quella acquisita non già in via di mero fatto, ma attraverso una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento stesso, assistita da fede privilegiata”.

Al giudice del rinvio competerà, poi, esaminare funditus se la comunicazione dell’intervenuto fallimento L. Fall., ex art. 92, così come eccepito dal Fallimento, avesse i requisiti richiesti per produrre l’effetto della decorrenza del termine per la riassunzione alla stregua del principio espresso nonchè secondo quanto affermato dalle altre pronunce di questa Corte in precedenza richiamate.

A mente dell’art. 385 c.p.c., comma 3, il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2021

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