Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9369 del 12/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/04/2017, (ud. 24/02/2017, dep.12/04/2017),  n. 9369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10408-2014 proposto da:

G.C., S.N., G.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PO 43, presso lo studio dell’avvocato

CESARE MASSIMO BIANCA, che li rappresenta e difende giusta procura

speciale notarile;

– ricorrenti –

contro

C.P., L.F., CA.GI., C.S.,

C.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIETRO

DELLA VALLE 1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ISGRO’, che

li rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1773/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 14/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/02/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.G. convenne in giudizio L.F., Ca.Gi. e A., C.P. e S. – quali eredi di Ca.Sa. – per sentir dichiarare la nullità o l’annullamento o la revoca per ingratitudine o la risoluzione per inadempimento del contratto con cui aveva ceduto a Ca.Sa. la nuda proprietà di un immobile a fronte dell’impegno dalla stessa assunto, per sè e per i propri eredi, di prestare assistenza e cura al G. per il resto della sua vita.

Il Tribunale qualificò il contratto come vitalizio alimentare o improprio e ne dichiarò la risoluzione per inadempimento dei convenuti.

La Corte di Appello di Catania ha riformato la sentenza, rigettando la domanda del G..

Hanno proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi, S.N., quale erede del G., nonchè G.C. e G., la prima quale donataria “del bene oggetto di giudizio” e la seconda quale avente causa di G.G..

Hanno resistito gli intimati a mezzo di controricorso; a seguito del decesso della controricorrente L., hanno proposto intervento gli eredi universali S., A. e C.P..

Le ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo (che denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.), le ricorrenti censurano la Corte per avere violato i criteri di ripartizione degli oneri probatori affermando che era onere del G. “delineare quali sarebbero state le esatte condotte di inadempimento da parte degli eredi della Sig.ra Ca.Sa.”; sostengono che il creditore avrebbe dovuto soltanto allegare l’avvenuto inadempimento, spettando invece al debitore la prova dell’eventuale avvenuto esatto adempimento; rilevano che i convenuti non avevano neppure allegato alcun fatto integrante adempimento e si dolgono che la Corte non abbia fornito alcuna motivazione sul punto.

1.2. Al riguardo, la Corte ha evidenziato come risultasse “ben difficile individuare, anche in riferimento ai fatti dedotti nell’atto di citazione, in cosa sarebbe consistito l’inadempimento di cui si lamenta il G. e in riferimento al quale i convenuti avrebbero dovuto assolvere all’onere dimostrativo sugli stessi indiscutibilmente gravante”; ha aggiunto che i fatti esposti nell’atto di citazione “configurano piuttosto la violazione di obblighi che, a ben vedere non attengono affatto alla sfera personale”, ma, “seppure imputabili agli odierni convenuti, quali eredi della Ca., sono inerenti alle vicende relative ai rapporti di costoro con un soggetto giuridico ben distinto dal G. – la Guardian Group s.r.l. – e che, in quanto tali, non sono per niente sovrapponibili agli obblighi di cura e di assistenza stabiliti nel contratto a carico della cessionaria e dei suoi eredi”.

1.3. La censura, prima ancora che infondata (dato che la Corte non ha violato i criteri di ripartizione dell’onere probatorio in ambito di responsabilità contrattuale, ma si è limitata ad evidenziare che sussisteva – a monte – un difetto di allegazione in merito ad inadempimenti riconducibili agli obblighi di assistenza propri del contratto di vitalizio), è inammissibile in quanto eccentrica rispetto alla ratio decidendi, che è basata sulla considerazione che i fatti ascritti agli eredi della Ca. non erano riferibili agli obblighi di assistenza e cura e concernevano un soggetto (societario) diverso dal vitaliziato.

2. Il secondo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo individuato nella “mancata pronuncia in ordine alla valenza della clausola risolutiva espressa” fatta valere con l’atto introduttivo del giudizio.

2.1. A prescindere da ogni considerazione sull’ammissibilità della censura sotto la specie dell’art. 360 C.P.C., n. 5 il motivo è assorbito dalla ritenuta inammissibilità del precedente, atteso che l’esclusione della riferibilità dei dedotti inadempimenti alla sfera degli obblighi derivanti dal contratto di vitalizio osta – in radice – alla possibilità di applicare la clausola risolutiva espressa.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza.

4. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna le ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017

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