Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9365 del 28/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9365 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 10736-2010 proposto da:
NOVELLI ALESSANDRO, quale titolare dell’omonima Ditta
Individuale C.F. NVLLSN42T19H501S, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELL’UNIVERSITA’ 27, presso
lo studio dell’avvocato MARCELLO PIZZI, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014

contro

872

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

I.N.P.S.
SOCIALE,

C.F.

80078750587,

in persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

Data pubblicazione: 28/04/2014

proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
• dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

delega in atti;
– controricorrentí nonchè contro

EQUITALIA GERIT S.P.A. C.F. 00410080584;
– intimata –

avverso la sentenza n. 7257/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/10/2009 r.g.n. 1109/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/03/2014 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato PIZZI MARCELLO;
udito l’Avvocato D’ ALOISIO CARLA per delega verbale
CALIULO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

MARITATO LELIO, CALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO giusta

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 12.10.2009, la Corte di appello di Roma accoglieva il gravame
dell’INPS, anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a., e per l’effetto, in riforma della
impugnata decisione, respingeva l’opposizione proposta da Novelli Alessandro awerso la
cartella esattoriale n. 097 2002 00238297 51, notificata al predetto il 20.5.2002, rilevando
che i documenti versati in atti non costituivano quietanze di pagamento, attestando
bancario debitamente quietanzato non si riferiva ai crediti azionati.
Riteneva il giudice d’appello che la stessa stampigliatura del timbro datario era superata
dalle informazioni fornite su richiesta di ufficio ai sensi dell’art. 213 c.p.c. e dalla mancanza
di firma del dipendente addetto attestante l’incasso di danaro contante da parte dell’istituto
medesimo. Quanto alle somme aggiuntive, il gravame era da ritenersi ugualmente
fondato, posto che la mancata presentazione del modello DM/10 configurava la fattispecie
dell’evasione e non già della semplice omissione, ricadente nella previsione della lettera b)
dell’art. 1, comma secondo, della legge 662/96, che comminava una sanzione una tantum,
il cui pagamento poteva essere evitato effettuando la denuncia della situazione debitoria
spontaneamente e, comunque, entro sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei
contributi, purchè il versamento degli stessi fosse effettuato entro 30 giorni dalla denunzia,
rton spiegando influenza ai fini di causa l’entrata in vigore dell’art. 116, commi 8 e ss. della —
legge 388 del 2000, attesane la indiscutibile inapplicabilità alle vicende pregresse.
Era indubbio che la fattispecie integrasse gli estremi della più grave ipotesi di evasione
contributiva, atteso che la presentazione dei modelli DM 10 era stata effettuata in ritardo,
non risultando neanche presentati i modelli 01/M comprensivi dei dati costitutivi del debito
contributivo, e che non vi era stato ravvedimento operoso. Quanto all’applicabilità della
legge n. 388/2000, veniva affermato che la nuova normativa non poteva applicarsi con
efficacia ex tunc alle vicende pregresse, posto che il medesimo art. 116 precisava che per
i crediti in essere ed accertati al 30.9.2000 le sanzioni erano dovute secondo le modalità
fissate dai commi 217 e ss. dell’art. 1 I. 662/96 e che nel caso di specie a tale epoca il
debito contributivo era ancora pendente e pure accertato, stante la presentazione dei
modelli DM 10 in data 25.1.00, e, dunque, il riconoscimento di esso, da ciò dovendo
desumersi che la sanzione una tantum e le sanzioni aggiuntive erano state correttamente
applicate dall’INPS sulla base della disciplina della legge 662/96.

l’apposizione del timbro datario soltanto la ricezione di moduli, e che l’unico versamento

Per la cassazione della decisione ricorre il Novelli, affidando l’impugnazione a cinque
motivi.
Resiste con controricorso l’INPS. La s.p.a. Equitalia è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il Novelli denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1199 c. c.
dei bollettini afferenti i singoli modelli D.M./10, ancorchè privo di firma e/o sigla da parte
del dipendente addetto alla relativa ricezione, costituisce quietanza di pagamento della
somma indicata. Osserva che nel singolo bollettino appaiono la dicitura “si versano in lire”
e l’annotazione di esenzione da imposta di bollo a conforto della natura di quietanza del
timbro apposto sul bollettino.
Con il secondo motivo, lamenta contraddittoria e/o illogica motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c. sotto il profilo
della contraddittorietà della decisione nella parte in cui aveva prima ritenuto che la
sottoscrizione doveva ricorrere almeno in sigla e, poi, collegato il disconoscimento del
valore di quietanza alla mancanza di sottoscrizione.
Con il terzo motivo, deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 della legge
388/2000, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., rilevando che nessuna contestazione era
stata operata dell’INPS in ordine all’eccepita insussistenza di un accertamento nei
confronti della ditta ricorrente al 30.9.2000 e che la Corte di appello è incorsa
nell’enunciato vizio avendo statuito la non applicabilità dell’art. 116 della I. 388/2000 su un
presupposto oggettivamente inesistente, vale a dire la sussistenza di un accertamento da
parte dell’INPS a carico del Novelli alla data del 30.9.2000.
Con il quarto motivo, si duole dell’errata e/o illogica motivazione su un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., contestando, sotto diverso
profilo, che la fattispecie concretizzi un’ipotesi di evasione contributiva, atteso che,
seppure in ritardo, esso Novelli aveva comunque prodotto all’INPS i modelli D.M./10,
corrispondendo le somme di cui ai bollettini quietanzati, onde doveva ritenersi che, in
presenza dei prescritti adempimenti obbligatori ed in mancanza del solo pagamento (nel
caso di specie in parte effettuato), si fosse realizzata un fattispecie di omissione
contributiva.
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ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., rilevando che il timbro apposto dall’INPS sulla ricevuta

Con il quinto motivo, il ricorrente ascrive alla decisione impugnata il vizio di violazione e
falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., ribadendo che la
sentenza aveva ritenuto che ricorressero gli estremi dell’evasione, atteso che la
presentazione dei modelli DM 10 era avvenuta in ritardo, non risultando presentati i
modelli 01/M comprensivi dei dati costitutivi del debito contributivo e non essendovi stato
ravvedimento operoso, ma osservando che la Corte si era pronunciata d’ufficio sulla
eccepiti dall’istituto.
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo ed al secondo motivo – da trattare congiuntamente, attenendo entrambi
alla valutazione del timbro apposto sui bollettini relativi ai modelli D.M./10 e del valore di
quietanza da attribuire allo stesso – è principio pacifico quello secondo il quale il debitore
che esegue un pagamento ha il diritto, a norma dell’ad. 1199 cod. civ., di richiedere a chi
lo riceve di rilasciargli una quietanza, che costituisce un atto unilaterale ricettizio
importante il riconoscimento dell’avvenuto pagamento di una certa somma per un
determinato titolo. L’accertamento sul punto del giudice di merito costituisce, tuttavia, un
giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata e corretta motivazione, si sottrae a sindacato
in sede di legittimità (cfr. Cass.28.5.2013 n. 13189, Cass. 28.3.2003 n. 4688; Cass.
29.10.2002, n. 15245, anche con riferimento alla possibilità di ravvisare una più ampia
convenzione liberatoria ed, in particolare, la rinunzia al diritto). Nella specie il giudice del
gravame ha ritenuto con motivazione congrua, che si sottrae alle censure avanzate, che la
stampigliatura del timbro sui bollettini non fosse idonea, in mancanza di firma del
dipendente addetto, a comprovare l’avvenuto versamento delle somme relative al credito
contributivo, alla luce anche delle informazioni fornite su richiesta d’ufficio ai sensi dell’ad.
213 c.p.c. e della circostanza che l’unico versamento debitamente quietanzato si riferiva a
crediti diversi.
Quanto alla censura in diritto formulata nel terzo motivo, deve rilevarsi che la stessa
(sussistenza o meno di un accertamento nei confronti della ditta ricorrente al 30.9.2000 ai
fini dell’applicabilità dell’ad. 116 della I. 388/2000) è mediata da un accertamento in fatto,
rispetto al quale non è consentito alcun sindacato in sede di legittimità, relativo alla
indicata circostanza di fatto rilevante a fini giuridici, cui la ricorrente contrappone
genericamente una diversa prospettazione della stessa, indicativa della insussistenza alla
suddetta data di un credito per contributi. Al riguardo deve, invero, osservarsi che In tema
3

presunta mancata presentazione dei modelli 01/M e sul ravvedimento operoso, mai

di sanzioni per il ritardato o omesso pagamento di contributi previdenziali, la disposizione
di cui all’art. 116, comma diciotto, della legge n.388 del 2000 1 condiziona
inequivocabilmente l’applicazione della normativa sanzionatoria previgente (legge n.662
del 1996) alla circostanza che sussista un credito per contributi alla data del 30 settembre
.

2000, con la conseguenza che il nuovo regime sanzíonatorio è applicabile, qualora si tratti

,

di violazioni commesse antecedentemente, soltanto nel caso in cui il credito dell’INPS per
regime sia applicabile anche a violazioni commesse antecedentemente e non ancora
soddisfatte, qualora il provvedimento amministrativo (ordinanza ingiunzione o cartella
esattoriale) sia stato notificato dopo l’entrata in vigore della legge, posto che l’ordinanza ingiunzione non costituisce un provvedimento amministrativo costitutivo, ma un atto
puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito già sorto per
effetto della violazione commessa, momento a partire dal quale inizia a decorrere la
prescrizione, aì sensi dell’art. 28, comma 1, della legge n. 689 del 1981 (cfr. Cass.
21.7.2010 n. 17099). Nello stesso senso è stata ritenuta la conservazione delle sanzioni
già calcolate alla luce della legge n. 662 cit. solo se il credito dell’INPS per contributi sia
ancora sussistente alla data del 30 settembre 2000, deducendosene che, in caso
contrario, se il credito dell’INPS a quella data non esisteva più, perché già soddisfatto in
epoca precedente, le vecchie sanzioni non sono più applicabili, venendo sostituite da
quelle nuove, ossia da quelle introdotte dalla legge n.388 citata, ai commi da 8 a 10
dell’art. 116, tra le quali non figura la sanzione “una tantum”. La norma così interpretata
risponde ad esigenze di equità, non essendosi ritenuto giusto trattare nella stessa maniera
chi, al 30 settembre 2000, aveva un debito per contributi ( e sanzioni) e chi, alla medesima
data, aveva invece già pagato la somma dovuta per contributi, restando ancora da pagare
solo quella dovuta per sanzioni (cfr. Cass. 13.6.2007 n. 13794). Nella specie , il giudice
del merito, in base ad una valutazione, come detto insindacabile e conforme ai principi
enunciati, ha ritenuto che il credito contributivo fosse ancora in essere.
In ordine al quarto ed al quinto motivo, si osserva che, in tema di obbligazioni contributive
nei confronti delle gestioni previdenziali e assistenziali, la mancata presentazione del
modello DM/10 (recante la dettagliata indicazione dei contributi previdenziali da versare)
configura la fattispecie della evasione – e non già della semplice omissione – contributiva,
ricadente nella previsione della lettera b) dell’art. 1, comma 217, della legge n.662 del
1996, che commina una sanzione “una tantum” il cui pagamento (alla stregua della
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contributi sia stato soddisfatto alla data del 30 settembre 2000. Nè può ritenersi che tale

modifica apportata al predetto comma 217 dall’art. 59 della legge n.449 del 1997) può
essere evitato effettuando la denuncia della situazione debitoria spontaneamente (prima,
cioè, di contestazioni o richieste da parte dell’ente) e comunque entro sei mesi dal termine
stabilito per il pagamento dei contributi, purchè il versamento degli stessi sia poi effettuato
entro trenta giorni dalla denuncia (cd. ravvedimento operoso), senza che, “in subiecta
materia”, spieghi influenza l’entrata in vigore dell’art.116, commi 8 ss. della legge n.388 del
favorevoli al datore di lavoro), attesane la indiscutibile inapplicabilità alle vicende
precedenti alla sua entrata in vigore (cfr. Cass. 7.3.2005 n. 4808 ed, in senso conforme,
Cass. 17.4.2007 n. 9126, Cass. 10.6.2009 n. 13386).
Alla stregua di tutte le esposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio cedono a carico del Novelli nei confronti dell’INPS, nella
misura di cui in dispositivo, mentre nulla va statuito nei confronti della parte rimasta
intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3000,00 per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.
Nulla per spese nei confronti della s.p.a. Equitalia.
Così deciso in ROMA, in data 11.3.2014

2000 (configurante la fattispecie dell’ evasione contributiva in termini diversi e più

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