Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9363 del 26/04/2011

Cassazione civile sez. III, 26/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 26/04/2011), n.9363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 4377/2010 proposto da:

BLUELOON SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PROBA PETRONIA 27,

presso PISA Giuseppe nello studio dell’avvocato PISA FRANCESCO, che

lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

KERBAKKR IMMOBILIARE SRL (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GAVINANA 2, presso lo studio dell’avvocato OLIVA Maurizio, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2095/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

25/06/09, depositata il 03/07/2009;

udita a relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

e presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 9 febbraio 2010 la Blueloon S.r.l. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 3 luglio 2009 dalla Corte d’Appello di Napoli che, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva dichiarato risolto per inadempimento della medesima il contratto di locazione intercorso con la Kerbaker Immobiliare S.r.l. e l’aveva condannata a rilasciare l’immobile e a pagare Euro 31.813,25 a titolo di I.V.A. non corrisposta sui canoni versati.

La Kerbaker Immobiliare S.r.l. ha resistito con controricorso.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunciata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

in altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Il primo motivo denuncia nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4; violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 415 c.p.c., n. 5, art. 416 c.p.c. comma 3 e art. 437 c.p.c., comma 2 e dell’art. 24 Cost., nonchè dei principi regolatori della materia e dell’attività anche d’ufficio dei giudici; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; omesso esame di punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5.

A prescindere dalla “macchinosità” della rubrica, che denuncia una serie disomogenea di vizi, in palese contrasto con il carattere specifico che ciascun motivo di ricorso deve assumere ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, è decisivo il rilievo che il motivo in esame non contiene nè il quesito idoneo a postulare l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle numerose norme e principi indicati, nè il momento di sintesi necessario per circoscrivere il fatto controverso e specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza impugnata si riveli, rispettivamente, omessa, insufficiente, contraddittoria.

Le medesime considerazioni valgono a dimostrare l’inammissibilità anche del secondo motivo, mediante il quale la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, artt. 2934 e 2948 c.c., nonchè dei principi regolatori della materia e dell’attività anche d’ufficio dei giudici; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;

omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria sono in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2011

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