Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9362 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9362 Anno 2015
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 20355-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente 2015
1283

contro
PORRETTA FILIPPO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA XX SETTEMBRE 1, presso lo studio dell’avvocato
PAOLO VITALI, rappresentato e difeso dall’avvocato
VALTER TERSIGNI giusta delega in calce;
– controrlcorrente –

Data pubblicazione: 08/05/2015

avverso

la
sentenza
Jo
)
COMM.TRIB.REG SEZ.DIST.
di

n.

282/2008

LATINA,

della

depositata il

20/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/03/2015 dal Consigliere Dott. LAURA

udito per il ricorrente l’Avvocato

TIDORE

che ha

chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato TERSIGNI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

TRICOMI;

3

RITENUTO IN FATTO
1. Con avviso n. RC2010200046 per IVA, IRPEG ed IRAP per l’anno di
imposta 2000 era stato accertato nei confronti di Porretta Filippo, esercente
l’attività di servizi contabili e fiscali, un maggior reddito ai sensi dell’art.39
del DPR n.600/1973 a seguito di una verifica fiscale nell’ambito della quale
erano state condotte indagini sui conti correnti bancari del contribuente ai
sensi dell’art.32 del DPR n.600/1973.

3. L’appello proposto da Porretta Filippo veniva accolto dalla Commissione
Tributaria Regionale del Lazio con la sentenza n. 282/40/08, depositata il
20.06.08 e non notificata.
Sosteneva il secondo giudice che il procedimento seguito dall’Ufficio non era
né lineare, né convincente perché non si era tenuto conto del fatto che il
conto era cointestato con la sorella, alla quale avrebbero potuto essere
imputate alcune operazioni, né, in ossequio del principio di capacità
contributiva, della incidenza dei costi sui maggiori ricavi accertati, dai quali
avrebbero dovuto essere detratti: inoltre deponeva contro la fondatezza
dell’accertamento il fatto che il contribuente non aveva continuato a
svolgere tale attività, sintomatico di una scarsa redditività.
4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a
quattro motivi. Il contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Con i primi tre motivi, la ricorrente lamenta, sotto vari profili, la
medesima violazione e falsa applicazione degli artt.32 e 39 del DPR
n.600/1973, degli artt.51 e 54 del DPR n.633/1972, nonché dell’art.2697 cc
(art.360, comma 1 n.3, cpc).
1.2.1. Secondo la Agenzia la CTR ha errato nel ritenere sufficiente a vincere
la presunzione legale secondo la quale le operazioni sui conti correnti
ineriscono all’imponibile, la circostanza della cointestazione del conto ad un
familiare, laddove avrebbe dovuto ritenere a carico del contribuente l’onere
probatorio della riferibilità delle operazioni compiute ai suoi familiari (primo
motivo).
1.2.2. Ancora la CTR ha errato nel ritenere invalido l’accertamento poiché
l’Ufficio non aveva tenuto conto di non meglio precisati costi, laddove
avrebbe dovuto invece considerare legittimo l’accertamento in assenza di
prova specifica dell’incidenza di costi da parte del contribuente (secondo
motivo).
1.2.3. Quindi la CTR ha errato nel ritenere rilevante la circostanza che il
contribuente avesse dopo poco tempo cessato la attività professionale,
desumendo da ciò una scarsa redditività della stessa, laddove tale indiretta

R.G.N. 203§5/2009
Cons. est. Laura Tricorni

2. Il ricorso proposto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di
Frosinone veniva respinto con la sentenza n. 195/02/06.

4

allegazione non poteva essere ritenuta sufficiente a vincere la presunzione
legale posta dalle norme suddette (terzo motivo).

1.3.2. In terna di accertamento dell’imposta sui redditi, l’art. 51, comma
secondo, numero 7, del DPR n.633/1972 non prevede alcuna limitazione
all’attività di indagine volta al contrasto dell’evasione fiscale e non
circoscrive l’analisi ai soli conti correnti bancari e postali o ai libretti di
deposito intestati esclusivamente al soggetto sottoposto a verifica, in
quanto l’accesso ai conti intestati formalmente a terzi, le verifiche finalizzate
a provare per presunzioni la condotta evasiva e la riferibilità allo stesso
soggetto delle somme movimentate sui conti cointestati con il coniuge del
contribuente o i suoi familiari, ben possono essere giustificati da alcuni
elementi sintomatici come il rapporto di stretta contiguità familiare,
l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di
imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’attività di impresa o professionale
compatibile con la produzione di utili, incombendo in ogni caso sul
contribuente la prova che le somme rinvenute sui conti cointestati con i suoi
familiari siano in tutto o in parte ad essi riferibili (cfr. Cass. n. 26173/2011,
n.21420/2012).
1.3.3. Inoltre, come anche di recente confermato da questa Corte in merito
all’onere della prova gravante sul contibuente “In tema di IVA, ed al fine di
superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo
comma, numero 2, del DPR n. 633/1972 (in virtù della quale le
movimentazioni di denaro, nella specie bancarie, risultanti dai dati acquisiti
dall’Ufficio si presumono conseguenza di operazioni imponibili), non è
sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di
somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la
prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle
operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle
stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale.” (Cass. sent.
n. 21303/2013). Tale principio è confermato anche in tema di imposte
dirette “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora
l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti
correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto,
secondo l’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, attraverso i dati e
gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione
dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che
gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad
operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma
analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento
bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate
sia estranea a fatti imponibili.” (Cass. sent. n.18081/2010; cfr anche sent.
n. 22179/2008).
1.3.4. Medesimo principio si applica anche per il riconoscimento di eventuali
costi deducibili, la cui indicazione e prova è a carico del contribuente (Cass.

R.G.N. 203g5/2009
Cons. est. Laura Tricorni

1.3.1. I primi due motivi sono fondati e possono essere trattati
congiuntamente.

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sent. n. 16896/2014) e non possono essere riconosciuti in via presuntiva a
cura dell’Ufficio.

1.4. Il terzo motivo è inammissibile perché sotto la forma del vizio di legge,
ci si duole di una mera argomentazione svolta ad abundantiam dalla CTR
che rientra ‘nell’ambito del vaglio probatorio, attiene al merito ed è
censurabile dinanzi al Giudice di legittimità solo per vizi logici e non per
violazione di legge.
la violazione e falsa
2.1. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta
applicazione degli artt.2 e 35, comma 3, del DLGS n.546/1992 e degli
artt.112 e 227 cpc (art.360, comma 1 n.3, cpc), giacchè con la decisione
impugnata la CTR si è limita ad affermare la illegittimità dell’accertamento ,
senza adottare alcuna statuizione sul merito della pretesa tributaria.
2.2. Il motivo è fondato giacchè il giudizio tributario non si connota come
un giudizio di “impugnazione-annullamento”, bensì come un giudizio di
“impugnazione-merito”, in quanto non è finalizzato soltanto ad eliminare
l’atto impugnato, ma è diretto alla pronuncia di una decisione di merito sul
rapporto tributario, sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione
finanziaria, previa quantificazione della pretesa erariale, peraltro entro i
limiti posti da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto
impositivo impugnato e, dall’altro lato, dagli specifici motivi dedotti nel
ricorso introduttivo del contribuente (cfr. Cass. sent. nn. 21759/2011,
22400/2014) e la CTR, al contrario, si è limitata a pronunciare un mero
annullamento.
2.3. Va peraltro rammentato che la sentenza della Corte Costituzionale
n.288 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32,
comma 1, numero 2), secondo periodo, del DPR n.600/1973 d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, limitatamente alle parole «o compensi», ha definito
in modo differente il perimetro applicativo della norma, a secondk che
debba essere applicato ad un imprenditore o ad un lavoratore autonomo e
che il giudice del rinvio dovrà tenere conto anche di ciò in relazione alla
fattispecie concreta sottoposta al suo esame.
3.1. In conclusione il ricorso va accolto sui motivi primo, secondo e quarto,
nei sensi di cui in motivazione, inammissibile il terzo.
La sentenza impugnata va cassata e la causa i poichè non può essere decisa
nel merito, va rinviata alla CTR del Lazió2in atitiza composizione, la quale
procederà al riesame limitatamente ai motivi accolti e quindi, adeguandosi
ai richiamati principi, deciderà nel merito e liquiderà le spese del presente
giudizio.
P.Q.M.

R.G.N. 20355/2009
Cons. est. Laura Tricorni

1.3.5. Va quindi rilevato che le doglianze proposte con i primi due motivi
sono fondate e vanno accolte, poiché la CTR non ha fatto corretta
applicazione di questi principi, erroneamente ascrivendo all’Ufficio oneri
probatori non di sua pertinenza.

6

La Corte di Cassazione,
accoglie il ricorso principale sui motivi primo, secondo
inammissibile il terzo motivo;

e quarto,

– cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR del Lazio in altra
composizione per il riesame e per la statuizione sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, camera di consiglio del 30 marzo 2015.

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