Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9360 del 08/04/2021

Cassazione civile sez. II, 08/04/2021, (ud. 02/07/2020, dep. 08/04/2021), n.9360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26339/2015 proposto da:

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI

4, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA SCAFARELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MASSIMILIANO DEBIASI,

ANDREA DEBIASI;

– ricorrente –

contro

L.P., L.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

ANTONINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO

CASARI;

L.L., elettivamente domiciliato in VIA, ROSMINI 45 –

TRENTO, presso lo studio dell’Avv. GABRIELE A BECCARA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 177/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata 08/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/07/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Con atto di citazione del 28 maggio 2010 L.E. conveniva in giudizio i germani L.M., L.P. e L.L., chiedendo che venisse accertato e dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà esclusiva di una pluralità di beni immobili (alcuni fondi agricoli destinati a prati/frutteti e a bosco/pascolo, un edificio per ricovero degli attrezzi e un immobile di civile abitazione), con conseguente condanna della convenuta L.P. al rilascio di quelli illegittimamente occupati. Si costituivano L.M. e P. chiedendo di respingere le domande del fratello; si costituiva pure L.L., domandando il rigetto delle domande proposte dall’attore e chiedendo, in via riconvenzionale, la divisione giudiziale di uno dei fondi (p.f. 2244/2), di proprietà comune dei due fratelli.

Il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cles, con sentenza parziale n. 35/2013, rigettava la domanda di usucapione; in relazione alla domanda riconvenzionale di divisione di L.L. la causa era rimessa sul ruolo “al fine di acquisire apposita consulenza tecnica d’ufficio”.

2. La sentenza n. 35/2013 veniva impugnata da L.E..

La Corte d’appello di Trento, ritenuto che le prove orali assunte nel corso del giudizio di primo grado e gli elementi documentali prodotti “non appaiono sufficienti per ritenere provato da parte dell’appellante un possesso inconciliabile con la possibilità di godimento degli altri coeredi”, con sentenza 8 giugno 2015, n. 177 rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione L.E.. Resistono con distinti controricorsi L.L. da un lato e L.M. e P. dall’altro lato.

Il ricorrente e le controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in cinque motivi.

1) I primi due motivi sono tra loro strettamente connessi.

a. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”: la Corte d’appello avrebbe “omesso di esaminare alcuni fatti decisivi per il giudizio e in particolare alcune testimonianze e dichiarazioni rese dai testimoni”.

b. Il secondo motivo contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la “violazione o/o falsa applicazione degli artt. 1158,1140 e 2967 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento alle prove orali”: la Corte d’appello non avrebbe considerato il carattere decisivo, al fine “di provare l’intervenuta usucapione del diritto di proprietà”, delle prove orali in atti; le dichiarazioni dei testimoni sarebbero infatti “estremamente chiare e univoche nel riconoscere in capo ad E. il ruolo di unico ed esclusivo titolare del possesso” per oltre vent’anni.

I motivi non possono essere accolti. Quello che il ricorrente contesta con i due motivi, sotto i profili dell’omesso esame di fatti decisivi e della violazione di legge, è la valutazione delle dichiarazioni rese dai testimoni (in particolare di Z.D., D.G., O.G., L.N., L.F. e C.R.) posta in essere dal giudice di merito, valutazione che lo ha portato a concludere per il mancato raggiungimento della prova dell’esclusività del possesso esercitato da L.E.; negazione dell’esclusività del possesso che, ad avviso del giudice di merito, vale pure in relazione alla domanda, subordinata, di usucapione del diritto di comproprietà per la metà. Tale valutazione delle prove spetta al giudice di merito ed è insindacabile da questa Corte di legittimità, ove sia, come nel caso di specie, motivata, con la precisazione che “l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo” (Cass., sez. un., n. 8053/2014). Non vale, poi, il riferimento che per le rivendicate proprietà rurali gli anni necessari per ottenere l’accertamento dell’avvenuta usucapione sono soltanto quindici: a prescindere dall’errato riferimento normativo (l’art. 1159 invece che art. 1159-bis c.c.), il ricorrente non afferma nel motivo di avere fatto valere la domanda, che pur proponibile in appello a determinate condizioni non può dirsi “immanente in ogni domanda di usucapione” (v. Cass. 7543/2011), nel giudizio di secondo grado.

2) Il terzo motivo contesta, ex art. 360, n. 3, “violazione o falsa degli artt. 1158 e 2967 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento alle prove documentali”: la Corte d’appello avrebbe errato nel non ritenere dirimenti, al fine di considerare provata l’esclusività del possesso esercitato dal ricorrente, i documenti dal medesimo prodotti.

Il motivo non può essere accolto. Il giudice d’appello, nel considerare insufficiente la prova del pagamento delle spese relative agli immobili, ha seguito la giurisprudenza di questa Corte per cui non sono sufficienti ad escludere il compossesso dei coeredi gli atti di gestione del bene comune (v., ad esempio, Cass. 13921/2002); circa le spese relative alla medesima costruzione dell’abitazione e alla successiva ristrutturazione il giudice d’appello ha poi rilevato “che non vi è prova di spese di costruzione o di ristrutturazione pagate dal solo L.E.” e tale rilievo il ricorrente non supera, limitandosi ad affermare di avere sostenuto tali spese, senza indicare i documenti, prodotti in causa, da cui tale prova deriverebbe.

3) Il quarto motivo (indicato come terzo) denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1158,1140,1141 e 1144 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c.”: la Corte d’appello avrebbe anzitutto errato ad affermare che il ricorrente aveva iniziato ad usucapire dal (OMISSIS), data del decesso della madre, usufruttuaria della casa, così fondando le sue argomentazioni “su un dato tavolare e non reale”; avrebbe errato poi a parlare “di meri atti di tolleranza da parte dei parenti nei confronti del potere esercitato” dal ricorrente, che avrebbe provato il contrario, ossia che non v’era “mera tolleranza, ma tutti sapevano ed accettavano che E. ne fosse l’unico vero proprietario”.

Il motivo non può essere accolto. Il giudice d’appello non ha considerato il solo “dato tavolare”, ma ha affermato – sulla base delle dichiarazioni dei testimoni (v. pp. 13 e 15 del provvedimento impugnato) – che la madre abitava con il figlio e non era semplicemente sua “ospite” al pari dei fratelli. Quanto poi all’errato richiamo agli atti di tolleranza, il giudice d’appello, in realtà, non invoca tale nozione, ma piuttosto, come già detto, fonda la propria decisione sulla mancata prova del possesso esclusivo, da intendersi come “possesso inconciliabile con la possibilità di godimento degli altri coeredi”, del ricorrente.

4) Il mancato accoglimento dei primi quattro motivi determina l’assorbimento del quinto (indicato come quarto) che lamenta, ex art. 360, n. 3, “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in ordine alla ripartizione delle spese di lite”, quale “diretta conseguenza dell’odierna richiesta di cassare la sentenza oggetto del presente ricorso”.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore delle controricorrenti L.P. e L.M. che liquida in Euro 5.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, e in favore del controricorrente L.L. che liquida in Euro 5.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2021

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