Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9359 del 17/04/2013
Civile Sent. Sez. 2 Num. 9359 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE
SENTENZA
sul ricorso 6487-2006 proposto da:
DITTA CERICOLA CARLO in persona dell’omonimo titolare
e legale rappresentante pro tempore Sig. CERICOLA
CARLO P.I.01446660696, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA G. AVEZZANA 2/B, presso lo studio
dell’avvocato RAFFAELLA ANTRILLI, rappresentato e
2013
difeso dall’avvocato NATARELLA GIUSEPPE;
– ricorrente –
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contro
COND VALCOL VIA CESARE BECCARIA 9 VASTO in persona
dell’Amministratore
920030964P
elettivamente
Data pubblicazione: 17/04/2013
domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 6, presso lo
studio dell’avvocato LUPIS STEFANO, rappresentato e
difeso dall’avvocato CONTI DOMENICO;
CAPOVELLO ANTONIO CPVNTN40A29E372W, ZUCARO OLIMPIA
ZCRLMP51R64E372H, elettivamente domiciliati in ROMA,
dell’avvocato BOCCIA LORETA, rappresentati e difesi
dall’avvocato SQUADRONE CORRADO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 252/2005 del TRIBUNALE di
VASTO, depositata il 23/09/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/01/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato NATARELLA Giuseppe, difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato CONTI Domenico,
difensore del
condominio che ha chiesto il rigetto del ricorso e si
riporta al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
VIA CIRCONVALLAZIONE CLODIA 5, presso lo studio
Svolgimento del processo
l) Il 19. 12. 2003 il giudice di pace di Vasto, adito da Capovello
Antonio e Olimpia Zucaro, riconosceva la parziale responsabilità
del convenuto condominio Val Col “e, per esso, ex art. 1169 c.c.,
della ditta Cericola Carlo nella causazione dei danni lamentati
dagli attori”, derivati dall’esecuzione di opere edili nella
Condannava pertanto il Cericola al pagamento della somma di euro
1.105,00 in favore degli attori, quale risarcimento per i danni
subiti dal loro appartamento.
1.1) Su appello del Cericola e appello incidentale del Condominio,
il tribunale di Vasto confermava che i danni erano stati
esattamente quantificati dal consulente in 1.700 euro ed stati
attribuiti a responsabilità del condominio nella misura del 65%,
dovendo gli attori rivolgersi per il residuo al proprietario del
lastrico solare.
Il giudice di appello riformava la sentenza solo con riguardo alla
rilevanza delle posizioni soggettive, poiché riteneva responsabile
il Condominio nei confronti degli attori e rilevava che essi non
avevano formulato alcuna domanda nei confronti del Cericola.
Condannava quest’ultimo a tenere indenne il condomino Valcol.
Il Cericola ha proposto ricorso per cassazione con sette motivi.
Condominio Valcol e i coniugi Capovello hanno resistito con
separati controricorsi.
La trattazione della causa è stata rinviata una prima volta per
acquisire la delibera condominiale di autorizzazione
dell’amministratore a stare in giudizio e il 20 settembre 2012 per
astensione di uno dei difensori dalle udienze.
Motivi della decisione
2) Divenuta definitiva, per mancata impugnazione, la condanna del
Condominio Val Col al risarcimento dei danni in favore degli
attori Capovello e Zuccaro, l’odierno ricorso mira a vanificare la
condanna del Caricola a tenere indenne il Condominio.
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copertura dell’edificio condominiale.
Decisivo è, a questo fine, l’esame del secondo motivo.
Con esso il ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione
del disposto di cui agli artt. 180, 269, 311 e 320 c.p.c.”
Si duole del fatto che la chiamata in causa sia stata richiesta e
autorizzata dopo la prima udienza, giacchè inizialmente il
Condominio era stato dichiarato contumace e solo alla seconda
udienza – tenutasi il 9. 11. 2001 – aveva formulato la “richiesta
Deduce che in tal modo sarebbe stato violato il disposto
normativo, secondo il quale (art.167 cpc) il convenuto che voglia
chiamare un terzo in causa deve costituirsi con comparsa di
risposta, nei termini di cui all’art. 167 c.p.c., farne
dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi
dell’art. 269.
Ricorda inoltre che, secondo la giurisprudenza, il rigore di
queste due norme è accentuato nel giudizio di fronte al giudice di
pace, dal disposto di cui all’art. 320 c.p.c.
2.1) La censura è fondata, nonostante la parziale inesattezza dei
riferimenti normativi invocati.
Occorre
preliminarmente
disattendere
l’eccezione
di
inammissibilità sollevata da parte Capovello, che ha notato come
la denunciata violazione rientri “nella fattispecie degli
errores
in procedendo censurabili unicamente sub art. 360 punto n. 4 e non
come violazione di legge o vizio di motivazione”.
L’eccezione non ha pregio, sia perché la neutra formula della
violazione di legge, usata in rubrica, è compatibile con la
qualificazione della censura ex art. 360 n. 4 c.p.c., sia perché
in ogni caso la individuazione esposta nella rubrica del ricorso
non è vincolante.
E’ infatti dall’insieme delle deduzioni svolte nel motivo di
ricorso che il giudice deve desumere il corretto inquadramento,
che può prescindere dalla errata configurazione datagli dal
ricorrente.
3)Dalle sentenze di merito emerge la fedeltà del ricorso allo
svolgimento della vicenda processuale.
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subordinata di chiamata in garanzia della Ditta Cericola”
L’atto introduttivo citava in giudizio il Codominio per l’udienza
del 30 luglio 2001, slittata al 20 settembre 2001, come il ricorso
puntualizza, coerentemente con le difese dei resistenti.
All’udienza di rinvio del 9 novembre 2001 il condominio si
costituì, chiedendo e ottenendo la autorizzazione alla chiamata in
causa del Cericola.
Secondo il giudice di pace e il tribunale, la chiamata in causa
di “prima udienza” ex art. 269 cod. proc. civ., agli effetti della
chiamata del terzo, deve essere inteso in senso non meramente
cronologico, bensì’ sostanziale, come indicativo della fase in cui
si abbia una effettiva trattazione e cioe’ esercizio di attivita’
istruttoria oppure la risoluzione di questioni insorte fra le
parti, senza, quindi, che la preclusione per tale chiamata possa
verificarsi, qualora, esaurite le attivita’ preparatorie attinenti
alla comparizione e costituzione delle parti, si siano avute
udienze di mero rinvio, ma non anche e spletamento, sia pure in
parte, di attivita’ istruttoria o d ecisoria, a pregiudizio
definitivo del terzo chiamato (Cass. 3156/02).
L’applicabilità di questa tesi al caso di specie non è condivisa
dal Collegio.
La chiamata in causa del terzo, nel giudizio davanti al giudice di
pace, non e’ disciplinata dalle norme dettate dagli artt. 167,
terzo comma, e 269, secondo comma, cod.proc.civ., per cui il
convenuto che intende chiamare un terzo in causa non e’ tenuto a
farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di
risposta, ma puo’ richiederla nella prima udienza di comparizione.
Tale limite risponde però ad esigenze di concentrazione del
processo che non possono essere superate a favore del convenuto
costituitosi solo alla seconda udienza.
3.1)Risponde a più attenta lettura del sistema processuale vigente
affermare, come è stato fatto, che: “Nel procedimento avanti al
giudice di pace, l’art. 319 cod. proc. civ. consente alle parti di
costituirsi in cancelleria o in udienza, garantendo loro liberta’
di forme, sicche’ ben puo’ il convenuto considerarsi esonerato
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era consentita e non è da considerare tardiva, perché il concetto
dall’onere di presentare la comparsa di costituzione; peraltro,
non distinguendo tra udienza di prima comparizione e udienza di
prima trattazione, l’art. 320 cod. proc. civ. concentra nella
prima udienza tutta l’attivita’ processuale delle parti (quali la
precisazione dei fatti, la produzione dei documenti e le richieste
istruttorie), consentendo (ai sensi del quarto comma) il rinvio a
successiva udienza solamente quando, in relazione all’attivita’
prove.
Ne consegue che all’udienza che venga tenuta successivamente alla
prima
rimane
precluso
al
convenuto
proporre
domanda
riconvenzionale, ne’, ove rimasto contumace alla prima udienza e
costituitosi solo a quest’ultima, gli e’ consentito svolgere
attivita’ difensiva diversa dalla mera contestazione delle pretese
avversarie e delle prove addotte a sostegno delle medesime,
pure gli e’ precluso di chiamare un terzo in causa.
come
Le suindicate
preclusioni processuali non sono derogabili nemmeno da parte del
giudice di pace,
che non puo’ rinviare la prima udienza al fine di
consentire alle parti l’espletamento di attivitar precluse,
trovando tale sistema fondamento e ragione nell’esigenza di
garantire la celerita’ e la concentrazione dei procedimenti
civili, a tutela non solo dell’interesse del singolo ma anche di
quello della collettivita’.”(Cass.7238/06; 16578/05; 9350/08).
La dinamica processuale concentrata ha trovato deroga, nella
preferibile giurisprudenza, solo nel peculiare caso regolato da
Cass.3326/04, nel quale
comparso di persona,
in prima udienza il convenuto era
e il giudice,
senza opposizione dell’altra
parte e senza svolgere alcuna attivita’, aveva spostato l’udienza
per consentire in quella sede al convenuto di costituirsi,
formulando in quella udienza domande ed eccezioni, ivi compresa
l’istanza di chiamata in causa del terzo.
Trattasi, come è palese, di tolleranza consentita dal concorso di
condizioni particolari, non presenti nel caso di specie.
A fronte del rilievo tempestivamente mosso dal chiamato in causa,
che ha ribadito anche in appello la propria opposizione alla
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svolta, risultino necessarie ulteriori produzioni o richieste di
chiamata, i giudici di merito e in particolare il tribunale
avrebbero dovuto dichiararne l’inammissibilità.
In questa sede l’accoglimento del motivo comporta la cassazione in
parte qua della sentenza impugnata e consente di decidere questo
residuo segmento della controversia con decisione nel merito,
dichiarando la nullità della chiamata in causa del Cericola perché
Tutti gli altri motivi restano assorbiti, giacché relativi:
il
primo alla mancata integrazione del contraddittorio con
il
proprietario del lastrico solare; il terzo alla decisione con
criteri equitativi; il quarto alla legittimazione degli attori
(con cui non poteva sorgere rapporto processuale in carenza di
rituale chiamata in causa); il quinto la valutazione della prova
sul danno e il sesto le norma applicabili in tema di appalto.
Il Condominio, unico soccombente
sul motivo decisivo,
va
condannato alla refusione delle spese di lite (oggetto dell’ultimo
motivo) per tutti i gradi di giudizio.
La liquidazione è in dispositivo
avuto riguardo alle notule
depositate e al valore della causa.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso,
assorbiti gli
altri.
Cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la
nullità della chiamata in causa, inammissibile.
Condanna il condominio Val Col al rimborso in favore del
ricorrente delle spese di tutti i gradi di giudizio, che liquida
quanto al presente in euro 1.200 di cui 200 per esborsi; quanto al
primo grado in euro 1.100,00 di cui 55 per spese; quanto al secondo
grado in euro 1604,00 di cui 104 per esborsi.
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inammissibile.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Seconda
sezione civile tenuta il 24 gennaio 2013
Il cons. est.