Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9358 del 17/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9358 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 15803-2012 proposto da:
CIOFFI GIUSEPPINA CFFGPP39B62H703B,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONTE SANTO, 25, presso lo
studio dell’avvocato BOTTI ANDREA, rappresentata e
difesa dall’avvocato MASTROVITI FULVIO;
– ricorrente contro

2013
18

CONSIGLIO NOTARILE BARI, P.I.80022780722, IN PERSONA
DEL SUO PRESIDENTE LEGALE RAPP.TE P.T. NOTAIO BIAGIO
FRANCO SPANO, NONCHE’

ireacLo

STESSO PRESIDENTE DEL

CONSIGLIO NOTARILE DI BARI NOTAIO BIAGIO FRANCO

Data pubblicazione: 17/04/2013

SPANO,

elettivamente

domiciliatcP

in

ROMA,

VIA

COSSERIA N. 2, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO
PLACIDI, rappresentati e difescp dall’avvocato
MACCHIONE GIUSEPPE;
– controricorrente

di BARI, depositata il 29/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/01/2013 dal Consigliere Dott.
PASQUALE D’ASCOLA;
udito

l’Avvocato

Luigi

D’AMBROSIO

con

delega

depositata in udienza dell’Avvocato Fulvio
MASTROVITI, difensore del ricorrente che si riporta
agli atti;
udito l’Avvocato Giuseppe MACCHIONE, difensore del
resistente che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale DOTT. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 938/2011 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
1)La Corte di appello di Bari con sentenza 29 dicembre 2011 ha
confermato, salvo correzione dell’entità della sanzione, la
condanna disciplinare del notaio Giuseppina Cioffi, per violazione
dell’art. 147 lett. c) della legge notarile – B) violazione 26 e
147 L.N. e art. 6 codice deontologico.

A)

stipulato moltissimi mutui, in numero superiore alla media

degli altri notai del Distretto, percependo compensi inferiori ai
minimi previsti dalla Tariffa Notarile.
B) stipulato fuori sede, nel periodo in esame, un terzo degli atti
inseriti in raccolta, anche in giorni e orari fissati per
l’assistenza obbligatoria, in ottobre e novembre 2009.
Giuseppina Cioffi ha proposto ricorso per cassazione, notificato
il 25 giugno 2012 e illustrato da memoria depositata in vista
dell’adunanza camerale. vmAyvv-Lwtí
f – resistito con controricorso.
I1ConsiglionotarilecliBarlha
q
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
2)Dalla sentenza impugnata non risulta né l’intervento del
Procuratore della Repubblica nel giudizio disciplinare innanzi
alla CoReDi, nè che il Procuratore Generale presso la Corte di
appello di Bari sia stato parte nel giudizio

a quo,

sicchè

superflua l’istanza cautelativa della difesa della ricorrente,
volta alla concessione di termine ex art. 331 c.p.c. per integrare
il contraddittorio in sede di legittimità.
E’ rituale la notifica del ricorso al Consiglio notarile locale,
contraddittore in appello, ad istanza del quale è stato avviato
nel giugno 2010, prima quindi dell’entrata in vigore dell’art. 26
d.lgs. 150/11, il procedimento disciplinare.
3)11 primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 d.l. 223/06 convertito in L.n. 248/06
dell’art. 147 lett c)della L. 89/13 – omessa motivazione.

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D’Ascola rei

3

L’incolpazione consisteva nell’avere:

La ricorrente sostiene che l’attività notarile è soggetta al
regime concorrenziale, come desumibile dall’art. 147, che vieta la
concorrenza solo se illecita, principio affermato da Cass. 4721/12
e in numerose pronunce emesse nel 2008 dalla Corte di Giustizia
C. E.
Afferma che l’attività dei notai soggiace quindi alla disciplina
contenuta nella legge c.d. Bersani, cosicchè, una volta sancita

come condotta colpevole la semplice riduzione di compensi e
onorari sarebbe illegittima.
Il ricorso contesta anche la tesi, sostenuta nella sentenza
impugnata, della reintroduzione del vincolo tariffario mediante il
d.lgs 249/06, che ha riformulato l’art. 147; sarebbe rimasta salva
la disposizione speciale di cui alla legge 248 Bersani (art. 2),
poiché l’art.147 non sarebbe con essa incompatibile, dovendosi
ritenere che è configurabile la illecita concorrenza da parte del
notaio che operi la riduzione dei compensi, ma solo se connotata
da distorsione delle dinamiche concorrenziali.
3.1)Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione art.
147 co.1 lett. c) della legge 89/13 – violazione dell’art. 112
c.p.c. – omessa motivazione), il ricorso evidenzia che il nuovo
codice deontologico professionale a differenza del precedente art.
17, contiene all’art.14 una disposizione sull’illecita concorrenza
che non contiene alcun riferimento alla legge notarile, né alla
percezione di onorari ridotti, allineandosi così alla riforma
Bersani nel consentire l’attuazione del principio costituzionale
di libera concorrenza.
Lamenta che la sentenza impugnata non abbia affrontato i suddetti
motivi, già esposti in sede di reclamo.
4)Le censure sono fondate.
Secondo l’orientamento tradizionale, di recente riassunto da Cass.
26961/07, “La riduzione degli onorari e dei diritti notarili,
effettuata dal notaio in modo ripetuto e continuato, costituisce
di per se’ una forma di illecita concorrenza, a norma del comma
secondo dell’art. 147 legge notarile n. 89 del 1913,
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D’Ascola rei

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l’abrogazione dei minimi tariffari, una disciplina che sanzionasse

rappresentando un mezzo di pubblicita’ e di richiamo idoneo a
porre in essere un comportamento disdicevole, con la conseguenza
che per integrare l’illecito non e’ necessario uno specifico
comportamento doloso, ma e’

sufficiente la volontarieta’ del fatto

in se’,

considerata in rapporto alla condotta,

in

ossia una volonta’,

contrasto

con

la

comportamento

non

derivi

legge,
un

mentre e’ irrilevante che da tale
danno per il prestigio della classe

non si siano resi conto del trattamento di favore usato nei loro
confronti.”
Con riferimento a

fatti compiuti anteriormente all’entrata in

vigore del citato art. 2 del decreto-legge n. 223 del 2006, si è
ritenuto (Cass., 15 aprile 2008, n. 9878) che sia “da escludere
che, in relazione all’attività notarile – concretantesi nello
svolgimento di una pubblica funzione, per l’esercizio della quale
l’ordinamento prevede l’istituzione di pubblici ufficiali, in
possesso di particolari requisiti soggettivi, nominati a seguito
di un esame d’idoneità, soggetti a vigilanza e periodici controlli
ispettivi, sottoposti a rigorose regole disciplinari sia
ipotizzabile la possibilità di una libera prestazione di servizi,
in regime di concorrenza, da parte di altri professionisti dello
stesso paese o di altri paesi della Comunità, la quale renda
incompatibile l’inderogabilità delle tariffe con le menzionate
disposizioni CE.”
4.1) Questo orientamento è considerato non più attuale dal
Collegio, alla luce della sopravvenuta evoluzione normativa
costituita dall’art. 2 del decreto-legge n. 223 del 2006,
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 248 del
2006, nella cui vigenza è stata posta in essere la condotta
addebitata all’odierna ricorrente.
Conviene riprendere testualmente la sentenza resa sul

ricorso

5998/12, trattato e deciso nella odierna camera di consiglio.

Si è ivi osservato che la norma citata,

“nel testo risultante

dalle modifiche apportata dalla legge di conversione, prevede:

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notarile o dei colleghi o la circostanza che i clienti del notaio

- l’abrogazione, a partire dalla data di entrata in vigore del
decreto-legge,

delle

«disposizioni

legislative

e

regolamentari che prevedono con riferimento alle attività
libero professionali e intellettuali . . . l’obbligatorietà
di tariffe fisse o minime» (comma l, lettera a);
– l’adeguamento, entro il l ° gennaio 2007, delle «disposizioni
deontologiche» e dei «codici di disciplina che contengono le

misure a garanzia della qualità delle prestazioni
professionali», e, «in caso di mancato adeguamento», la
nullità, a decorrere dalla medesima data, delle «norme in
contrasto con quanto previsto dal comma l» (comma 3).
Il legislatore del 2006 disvela anche la finalità del
superamento del previgente assetto regolamentare della materia
tariffaria.
L’abrogazione dell’obbligatorietà delle tariffe fisse, con la
conseguente conformazione delle norme deontologiche e dei codici
di autodisciplina, mira a «rafforzare la libertà di scelta del
cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato
maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio
dell’economia e dell’occupazione» (art. l), rendendo possibile la
«libera concorrenza» nel settore dei servizi professionali e
garantendo agli utenti «un’effettiva facoltà di scelta
nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle
prestazioni offerte sul mercato» (art. 2, comma l).

4.2)

Ad avviso del Collegio, l’abrogazione della obbligatorietà di

tariffe fisse o minime riguarda la generalità delle professioni,
senza eccezione alcuna; né la portata riformatrice del precedente
assetto – orientata alla tutela della concorrenza e ad offrire
all’utente “una più ampia possibilità di scelta tra le diverse
offerte, maggiormente differenziate tra loro, sia per i costi che
per le modalità di determinazione dei compensi” (Corte cost.,
sentenza n. 443 del 2007) -può essere ridimensionata
dall’interprete in ragione delle specificità dell’attività
notarile.
n.15803 -12 D’Ascola rei

/1\

fl

6

prescrizioni di cui al comma 1», «anche con l’adozione di

In particolare, non può convenirsi con il giudice a quo quando
afferma che, per l’attività notarile, la riduzione tariffaria
costituirebbe un

vulnus dell’ordine pubblico economico in quanto

riguarderebbe prestazioni effettuate nell’esercizio di una
funzione pubblica, in relazione alla quale non sarebbe
ipotizzabile il regime di libera concorrenza.
Invero, l’attività del notaio si inquadra a pieno titolo nel
del lavoro autonomo e, precisamente, nell’esercizio delle

professioni intellettuali (Cass., Sez. Il, 10 novembre 1998, n.
11284; Cass., Sez. Il

,

11 maggio 2012, n. 7404; Cass., Sez. III,

28 settembre 2012, n. 16549).

4.3)

Come ha chiarito la giurisprudenza della Corte di giustizia

(con sentenze della Grande Sezione in data 24 maggio 2011, emesse
nella causa C-50/08 ed in altre cause, le quali hanno dichiarato
che il requisito di cittadinanza previsto dalla normativa francese
e da altre normative nazionali per l’accesso alla professione di
notaio costituisce una discriminazione fondata sulla cittadinanza
vietata dall’art. 43 CE), i notai, “nei limiti delle loro
rispettive competenze territoriali”, esercitano la loro
professione “in condizioni di concorrenza”; e la circostanza che
le attività notarili perseguano obiettivi di interesse generale,
miranti in particolare a garantire la legalità e la certezza del
diritto degli atti conclusi tra privati, non è sufficiente a far
considerare quelle attività come una forma di “partecipazione
diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri”.
Del resto, l’inserimento dell’attività notarile nel quadro dei
servizi professionali ai quali si applica la disciplina della
concorrenza è confermato dalla successiva evoluzione normativa, in
particolare dal decreto-legge 24 gennaio 2012, n. l, recante
Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitività, convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Esso, nel
completare il quadro avviato con il decreto-legge n. 223 del 2006,
non solo non eccettua, ancora una volta, i notai dalla prevista
abrogazione delle tariffe «delle professioni regolamentate nel
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A
V

7

genus

sistema ordinistico» e delle «disposizioni vigenti che, per la
determinazione del compenso del professionista, rinviano» a dette
tariffe (art. 9); ma anche introduce, accanto all’incremento del
numero dei notai, ulteriori forme di concorrenza nei distretti,
modificando la norma sull’assistenza personale allo studio e
stabilendo, a modifica delle originarie disposizioni contenute
nella legge notarile del 1913, che «Il notaro può recarsi, per

della Corte d’appello in cui trovasi la sua sede notarile, ed
aprire un ufficio secondario nel territorio del distretto notarile
in cui trovasi la sede stessa» (art. 12).

4.4)

D’altra parte, la sopravvivenza della inderogabilità

della tariffa notarile neppure potrebbe desumersi dal fatto che
gli onorari dovuti al notaio secondo la tariffa per gli atti
originali (e non genericamente i “compensi” spettanti al notaio)
costituiscono, in virtù di specifiche disposizioni di legge, il
parametro sulla cui base sono calcolati, oltre a tributi,
contribuzioni relative anche al funzionamento dei consigli
notarili distrettuali e del consiglio nazionale del notariato (v.,
ad esempio, l’art. 39 della legge 22 novembre 1954, n. 1158,
concernente la tassa d’archivio, che le parti devono corrispondere
all’amministrazione degli archivi notarili tramite il notaio sulla
base dell’onorario della tariffa notarile per l’originale di ogni
atto tra vivi soggetto a registrazione e di ogni atto di ultima
volontà). Un conto, infatti, è il compenso spettante al notaio, in
relazione al quale, essendo venuta meno l’obbligatorietà della
tariffa fissa, le parti possono legittimamente, secondo la
disciplina liberalizzatrice a tutela della concorrenza, stabilirne
di comune accordo una misura inferiore a quella derivante dalla
tariffa ministeriale; altro è che, ad altri fini, la tariffa
costituisca ancora una base di riferimento per l’esatto versamento
della tassa d’archivio e dei contributi agli organi istituzionali
di categoria.

4.5)

Infine, non è condivisibile l’assunto secondo cui

l’inderogabilità della tariffa dei notai
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sarebbe stata
8

ragione delle sue funzioni, in tutto il territorio del distretto

ripristinata ad opera dell’art. 30 del d.lgs. n. 249 del 2006, il
quale, nel riformulare l’art. 147 della legge notarile con
l’espressa previsione della punibilità del notaio che «fa illecita
concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o
compensi», è contenuto in un atto avente forza di legge entrato in
vigore successivamente tanto al decreto-legge n. 223 del 2006,
quanto alla legge di conversione n. 248 del 2006.

2006, n. 249 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 184 della
Gazzetta Ufficiale dell’il agosto 2006 e destinato ad entrare in
vigore il quindicesimo giorno successivo alla predetta data di
pubblicazione) sia posteriore alla legge di conversione 4 agosto
2006, n. 248 (le cui modificazioni al decreto-legge n. 223 sono
entrate in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella

Gazzetta Ufficiale,

avvenuta nel supplemento

ordinario n. 183 dell’il agosto 2006). E’ infatti in
base alla promulgazione che va stabilita l’anteriorità o
posteriorità di una legge rispetto alle altre ai fini
dell’abrogazione attiva o passiva, mentre la pubblicazione ed il
decorso del termine di

vacatio

valgono a segnare l’entrata in

vigore, e quindi l’applicabilità della legge.
In questo senso è la giurisprudenza della Corte
costituzionale, secondo cui “per stabilire l’anteriorità o la
posteriorità di una legge rispetto ad un’altra deve farsi
riferimento alla data della promulgazione e non a quella della
pubblicazione, sicché la legge promulgata successivamente abroga
quella promulgata prima anche se pubblicata dopo” (sentenza n. 321
del 1983).
Ne consegue che l’art. 30 del d.lgs. n. 249 del 2006, essendo
stato emanato il l ° agosto 2006, è anteriore alla legge n. 248 del
2006, promulgata il 4 agosto 2006; e quest’ultima, avendo una
valenza di sistema e di riforma economico-sociale, con l’esplicito
obiettivo di assoggettare tutte le professioni ai principi di
tutela della concorrenza, prevale sulle anteriori discipline
professionali di settore.
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Deve infatti escludersi che l’art. 30 del d.lgs. l ° agosto

Il venir meno, dopo l’abrogazione della obbligatorietà delle
tariffe fisse o minime, della rilevanza disciplinare della
percezione, da parte del notaio, di compensi più contenuti
rispetto a quelli stabiliti dalla tariffa, è del resto confermata
dall’adeguamento alla nuova disciplina legislativa, da parte del
Consiglio nazionale del notariato, dei principi di deontologia
professionale dei notai.

gennaio 2007 faceva ancora rientrare tra le fattispecie di
illecita concorrenza “l’annotazione a repertorio di onorari minori
o ridotti rispetto a quelli che devono essere indicati in base
alla natura dell’atto” (art. 17, lettera a, terzo alinea); il
nuovo testo, approvato con deliberazione n. 2/56 del 5 aprile
2008, per un verso ha eliminato detta previsione e, per l’altro
verso, ha omesso il richiamo deontologico alla disposizione
dell’art. 147 della

legge

notarile nel nuovo art. 24, secondo

comma, lettera c), relativo ai rapporti del notaio con il
Consiglio nazionale del notariato e con la Cassa nazionale del
notariato.

4.6)

Conclusivamente, per effetto della disciplina introdotta

dalla legge di conversione n. 248 del 2006, di conversione del
decreto-legge n. 223 del 2006, il notaio che, quand’anche
sistematicamente, offra la propria prestazione ad onorari e
compensi più contenuti rispetto a quelli derivanti
dall’applicazione della tariffa notarile, non pone in essere, per
ciò solo, un comportamento di illecita concorrenza, essendone
venuta meno la rilevanza sul piano disciplinare della relativa
condotta.
– Detta rilevanza neppure potrebbe fondarsi assegnando alla
tariffa o ai criteri di massima determinati dai consigli notarili
distrettuali il ruolo di parametro di valutazione della congruità
del compenso stesso sul versante del rapporto tra il notaio e la
categoria di appartenenza ai fini della tutela del decoro e del
prestigio della professione notarile.

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D’Ascola rei

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Mentre, infatti, il testo di quei principi approvato del 26

Tale ragionamento sostituisce all’apprezzamento del singolo
notaio circa l’importanza dell’opera ed il suo coefficiente di
difficoltà una valutazione

ex ante

di natura generalizzata

affidata alla tariffa, con la sostanziale reviviscenza
dell’obbligatorietà della stessa; e, con un non consentito
rovesciamento di prospettiva, finisce con il collidere con la
ratio dell’intervento legislativo del 2006, la quale, al fine di

consapevolmente, di preferire e di decidere, ha inteso perseguire
la tutela dell’interesse generale proprio mediante l’introduzione
della concorrenza su uno degli elementi più qualificanti, il
prezzo, dell’attività economica del professionista.
Si consideri, d’altra parte, che l’art. 2233, secondo comma,
cod. civ., nel prevedere che «In ogni caso la misura del compenso
deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della
professione», è norma destinata ad assumere rilievo solo in
mancanza di un’intesa fra gli interessati circa la misura del
corrispettivo dovuto per la prestazione professionale (Cass., Sez.
Il, 22 gennaio 2000, n. 694; Cass., Sez. Lav., 20 luglio 2007, n.
16134), sicché qualora il compenso del professionista sia stato
liberamente pattuito con il cliente, il giudice non ha il potere
di modificarlo al fine di adeguarlo all’importanza dell’opera
prestata e al decoro della professione (Cass., Sez. II, 22
novembre 1995, n. 12095). La citata disposizione, inoltre,
esplicando la propria rilevanza esclusivamente nell’ambito dei
rapporti tra il professionista ed il cliente, non si rivolge (agli
ordini professionali né) ai consigli notarili, i quali non hanno
il potere di pretendere, sul piano deontologico, che il compenso
della prestazione professionale, liberamente pattuito, sia in ogni
caso adeguato a parametri che, di fatto, reintrodurrebbero
l’obbligatorietà della tariffa notarile.
Diversamente ragionando, e lasciandosi ai consigli notarili il
compito di attivare i propri poteri di monitoraggio, di vigilanza
e di indagine sul notaio che richieda compensi più bassi rispetto
a quelli medi della categoria, si giungerebbe ad un
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Il

rendere effettiva la libertà del cliente di orientarsi

condizionamento del comportamento economico del professionista sul
mercato, incentivandolo, al fine di sottrarsi ad un procedimento
disciplinare dall’esito incerto, a continuare ad applicare tariffe
imposte, in aperto contrasto, ancora un volta, con la ratio legis.
4.7) Ferma l’irrilevanza disciplinare della mera adozione, da
parte del notaio, di comportamenti di prezzo indipendenti sul
mercato, l’estensione dell’autonomia privata, con la conseguente

discendenti dalla applicazione della tariffa, non deve in ogni
caso tradursi in un pregiudizio per il cliente in termini di
qualità della prestazione (come è reso palese dalla norma che
affida alle disposizioni deontologiche delle diverse categorie
professionali ed ai codici di autodisciplina il compito di
prevedere «misure a garanzia delle qualità delle prestazioni
professionali»: art. l, comma 3, del decreto-legge n. 223 del
2006), né può realizzarsi attraverso pratiche professionali
scorrette e con strumenti di acquisizione della clientela non
conformi all’etica della comunità professionale alla quale il
notaio appartiene e del più vasto gruppo sociale entro il quale
svolge la sua professione e anche la sua vita di relazione (cfr.,
con riferimento agli avvocati, Cass., Sez. Un., 18 novembre 2010,
n. 23287; Cass., Sez. Un., 10 agosto 2012, n. 14368).
Di qui l’importanza, per un verso, della previsione di regole
deontologiche che quella qualità consentano sempre di assicurare,
in conformità delle speciali e peculiari caratteristiche tecniche
della professione notarile. Il notaio, infatti, giurista di alta
qualificazione che accede alla professione a seguito di una
rigorosa selezione e sottoposto a vigilanza e controlli ispettivi
anche a fini disciplinari, è un pubblico ufficiale con il compito
di attribuire agli atti di cui è autore il carattere di
autenticità, assicurandone al contempo la conservazione,
l’efficacia probatoria e la forza esecutiva; ed il suo intervento,
tanto per la consulenza che fornisce in modo imparziale ma attivo
alle parti, come per la redazione del documento autentico che ne è
il risultato, conferisce all’utente del diritto la sicurezza
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D’Ascola rei

12 11\

12

possibilità di pattuire compensi inferiori rispetto a quelli

giuridica e, prevenendo possibili liti, costituisce un elemento
indispensabile per la stessa amministrazione della giustizia. Ivia
come la tariffa non è di per sé garanzia della qualità della
prestazione, così la deroga alla tariffa con la pattuizione di un
compenso più basso rispetto alla stessa non equivale in alcun modo
a prestazione scadente.
Di qui, ancora, la sanzionabilità, sotto il profilo

comportamenti del notaio contrari ai doveri di correttezza
professionale o servendosi di altri mezzi non confacenti al decoro
ed al prestigio della classe notarile, come il citato art. 147,
comma l, lettera c,

continua a prevedere, una volta venuto meno,

per abrogazione, il riferimento alla condotta di riduzioni di
onorari, diritti o compensi.

Il

che avviene, a titolo

esemplificativo, quando il notaio esegua la propria prestazione in
modo sistematicamente frettoloso o compiacente o violi il
principio di personalità della prestazione, ovvero provveda a
documentare irregolarmente, anche dal punto di vista fiscale, la
prestazione resa, o ponga in essere comportamenti di impronta
prettamente commerciale non confacenti all’etica professionale (si
pensi all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie
o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza o al
decoro, o, ancora, all’offerta di servizi, come finanziamenti e
anticipazioni di somme, che non rientrano nell’esercizio
dell’attività notarile) o non adeguati alla diligenza del
professionista avveduto e scrupoloso, o che possano comunque
nuocere alla sua indipendenza, alla sua imparzialità e alla sua
qualità di pubblico ufficiale.

AN

5) Dalle argomentazioni svolte discende l’accoglimento dei primi
due motivi di ricorso, restando assorbito il terzo.
Esso concerne la violazione e falsa applicazione dell’art. 30
della tariffa notarile approvata con d.m. 27.11. 2001 e la
denuncia di vizi di motivazione.

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D’ Ascola rei

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disciplinare, dell’illecita concorrenza realizzata attraverso

Le censure riguardano le contestazioni disciplinari relative alla
applicazione sistematica di compensi Inferiori ai minimi di
tariffa e attengono alla sussistenza in punto di fatto degli
addebiti, irrilevante alla luce dei principi di diritto che ne
escludono la consistenza disciplinare.
6) E’ invece da respingere il quarto motivo, con il quale il
notaio denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 26

motivazione .
La censura si riferisce all’addebito di cui agli artt. 26 e 147
della legge notarile, che sanzionano la stipula in maniera
costante e sistematica di atti fuori dallo studio professionale,
nonché nei giorni e nelle ore di assistenza obbligatoria.
La sentenza riferisce che è stato accertato che, nel mese di
ottobre 2009, 62 atti su 87 della raccolta (il 71%) vennero
stipulati fuori dalla sede di Casamassima, dei quali 27 nei giorni
di assistenza obbligatoria in sede; nel mese di novembre 51 su 78
atti stipulati fuori sede, di cui 9 nei giorni di assistenza
obbligatoria.
La ricorrente sostiene che il numero degli atti stipulati fuori
sede

“non può assumere in sé alcuna rilevanza al fini

dell’accertamento della violazione dell’obbligo in questione, dal
momento che il combinato disposto di cui agli articoli 6 e 26 L.N.
non vieta la stipulazione di atti fuori sede ma vincola il notaio
ad assicurare la presenza nella sede di assegnazione soltanto nel
giorni e negli orari stabiliti dal presidente della corte
d’appello ed eventualmente dal consiglio notarile.”

Ne desume che l’unico dato rilevante ai fini della responsabilità
disciplinare è solo il numero di atti stipulati fuori sede nei
giorni e negli orari di assistenza obbligatoria. In proposito la
ricorrente deduce che

“nella maggior parte dei casi l’orario di

stipulazione degli atti contestati non rientrava nella fascia
oraria deputata all’assistenza alla sede, di talché a tali atti
non poteva attribuirsi alcuna rilevanza al fini della
individuazione della sua eventuale responsabilità disciplinare”.
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del codice deontologico e dell’art. 147 L.N. e vizi di

Si duole pertanto della omessa valutazione di tale circostanza e
afferma che soltanto 22 atti su 165 complessivi (e 36 oggetto di
specifico rilievo) erano stati stipulati al di fuori

degli orari

di assistenza alla sede stabilita dal presidente della corte
d’appello.
6.1) Il motivo non merita accoglimento.
La Corte di appello ha ricordato che secondo l’art. 6:

“Per il

notaio è tenuto ad assistere personalmente allo studio anche in
giorni e per ore diversi da quelli fissati dal Presidente della
Corte di Appello,

secondo le disposizioni impartite dai Consigli

Notarili sulla base della situazione locale della sede e tenendo
conto del criteri indicati dall’art. 45, co. 2 R.N. e di ogni
altro elemento.
Il Consiglio Notarile propone al Presidente della Corte di Appello
una revisione del giorni e degli orari di assistenza sulla base
dei propri deliberati.
Nei giorni ed ore prescritti per la personale assistenza allo
studio il notaio è tenuto a limitare le proprie prestazioni fuori
della sede a singoli e particolari casi.”
Secondo l’art. 9: “È vietato al notaio assistere ad uffici
secondari nei giorni fissati per la assistenza alla sede.”
Ha poi ritenuto, sulla base dei dati sopra riportati che il grande
numero di atti stipulati fuori sede, sia in generale, che nei
giorni di assistenza obbligatoria, in considerazione della brevità

del tempo di osservazione, della tipologia impegnativa degli atti
(mutui e vendite) e della loro scadenza continuativa dimostrassero
che l’incolpata avesse avviato una “pratica costante e
sistematica”.
Ha aggiunto che per gran parte degli atti non vi era alcun
riferimento soggettivo (le parti) né oggettivo (gli immobili) alla
sede notarile “o al suo ufficio secondario”, circostanze
valorizzate anche nella decisione della CoReDi integralmente
riportata nella sentenza impugnata e in essa recepita.

n.15803 -12

D’Ascola rei

15

miglior soddisfacimento delle richieste di prestazione notarile il

Queste valutazioni non si espongono alla critica,
costituiscono

un’applicazione

ragionevole

dei

poiché
principi

deontologici ricordati, da leggere unitariamente, nel senso che è
la sede dello studio notarile il luogo su cui deve essere
incentrata l’attività del professionista, circostanza contraddetta
nella specie, dall’alta incidenza percentuale – tra il 62 e il 71%
– degli atti più significativi posti in essere fuori sede.


con

questa

valutazione

di

sostanziale

elusione

dell’obbligo deontologivo è l’evidenziazione dell’assenza di nesso
con la sede dei fattori che potevano giustificare l’attività fuori
sede per specifiche esigenze della clientela.
La complessiva valutazione è assorbente – e quindi ha sicuramente
tenuto conto – delle difese relative all’orario di svolgimento
delle prestazioni e si sottrae quindi alla censura di omessa
motivazione delle circostanze ad esso relative.
E’ logico e coerente con l’assunto svolto in sentenza il
presupporre che a poco vale l’accortezza di fissare
stipula

gli orari di

in momenti non ricompresi nella fascia oraria

espressamente vincolata, atteso che l’attività complessiva che
ruota intorno alla stipula implica un insieme di incombenze e di
adempimenti che, a fronte di una percentuale così alta di atti
svolti fuori sede, documentano la violazione dell’obbligo di cui
all’art. 6, laddove impone al notaio di assistere personalmente
allo studio anche in giorni e per ore diversi da quelli fissati
dal Presidente della Corte di Appello.
La tesi di parte ricorrente vorrebbe capovolgere il senso di
questa disposizione e del suo nesso con l’art. 9. Quest’ultima
disposizione sancisce la ingiustificabilità di atti compiuti fuori
sede in orari ufficialmente calendarizzati per la sede principale,
ma non si traduce , come vorrebbe il ricorso, nella facoltà, fuori
da tale fascia vincolata, di fissare arbitrariamente il centro
effettivo dei propri interessi professionali.
E’ la sede notarile che, a legislazione vigente, rimane il perno
intorno a cui deve ruotare – e su cui va commisurato
deontologicamente – l’operato del professionista.
n.15803 -12

D’Ascola rei

16

Coerenti

Per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi del ricorso,
la sentenza impugnata è cassata in relazione alle censure accolte.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Il notaio Cioffi deve essere assolto dall’incolpazione di
violazione dell’art. 147, comma 1, lettera c), della legge

Resta ferma la condanna alla sanzione pecuniaria di euro 100
per l’altra violazione contestata.
8.

– Sussistono evidenti motivi,

atteso l’accoglimento

parziale del ricorso e la novità dell’orientamento
giurisprudenziale che è prevalso, per l’integrale compensazione
tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

PQM
La Corte accoglie primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il
terzo.
Rigetta il quarto motivo.
Cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e assolve il notaio ricorrente dagli addebiti relativi.
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della se sezione
civile tenuta 1’8 gennaio
Il Consigliere est.

2013
Il Presidente

7

notarile.

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