Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9357 del 20/04/2010

Cassazione civile sez. III, 20/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 20/04/2010), n.9357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3382/2009 proposto da:

M.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 76/A, presso lo studio dell’avvocato CUCCI

Massimo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CALO’

MARCO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA EDILIZIA ARTIGIANI (in sigla SCEA) a RL, in persona del

Presidente del C.d.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GLORIOSO 13, presso lo studio dell’avvocato BUSSA ANDREA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SANTI LAURINI Roberto, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1397/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE

dell’1/09/08, depositata l’01/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

La Corte:

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il giorno 26 gennaio 2010 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“1. – M.J. propone un motivo di ricorso per cassazione contro la sentenza 1 settembre – 1 ottobre 2008 n. 1083 della Corte di appello di Firenze, che – in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Grosseto – ha dichiarato prescritto il diritto da lui azionato contro la Cooperativa Edilizia Artigiani-SCEA a r.l., di vedere accertata la permanenza della sua qualità di socio della Cooperativa, con relativo diritto all’assegnazione di un appartamento, per cui aveva già versato degli acconti.

La prescrizione è stata accertata per essere decorsi oltre cinque anni dalla data in cui il M. era stato informato di non essere più socio della Cooperativa ((OMISSIS)) e la data della notificazione dell’atto di citazione (28 settembre 2004), in quanto il giudice di appello ha negato efficacia interruttiva ad una lettera inviata il 18 novembre 1999, non inviata presso la sede sociale, ma presso certo M.D., che non ricopriva alcuna carica sociale.

Resiste la SCEA con controricorso.

2.- L’unico motivo – con cui il ricorrente lamenta insufficiente motivazione nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto non potersi presumere che la lettera 18.11.1999 sia pervenuta a SCEA – è inammissibile sotto più di un profilo.

2.1.- In primo luogo per il mancato rispetto dell’art. 366 bis cod. proc. civ., che, in relazione ai vizi di motivazione, richiede che le censure vengano riassunte in una proposizione chiara e sintetica, analoga al quesito di diritto, che riassuma il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, e le ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende la motivazione inidonea a giustificare la decisione (cfr. Cass. Civ. S.U. 18 giugno 2008 n. 16258; Cass. Civ. Sez. 3^, 7 aprile 2008 n. 8897; Cass. Civ. 25 febbraio 2009).

2.2.- In secondo luogo il ricorso ripropone in questa sede di legittimità l’esame del merito della vertenza, censurando l’accertamento del giudice di appello relativo alla probabilità o meno che la lettera asseritamente interruttiva della prescrizione sia pervenuta a conoscenza della Cooperativa destinataria.

Trattasi di censure che – prospettando nella sostanza la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di essi ha la parte e l’erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti al giudizio – attiene ad aspetti del giudizio medesimo interni all’ambito della discrezionalità di valutazione e di apprezzamento dei fatti sulla base del libero convincimento del giudice.

Non prospetta invece vizi dell’iter formativo di tale convincimento, che sono i soli rilevanti ai fini dell’ammissibilità delle censure proposte ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (cfr. per tutte Cass. Civ. 23 maggio 2003 n. 12052).

5.- Propongo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, con procedimento in Camera di consiglio”. – La decisione è stata comunicata al Pubblico Ministero e ai difensori delle parti.

Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti esposti nella relazione, che le argomentazioni difensive contenute nella memoria non valgono a disattendere.

2. – Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3.- Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.300,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2010

 

 

 

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