Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9355 del 12/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/04/2017, (ud. 10/01/2017, dep.12/04/2017),  n. 9355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6393-2014 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO

38, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SINOPOLI, rappresentata

e difesa dall’avvocato ALFREDO LOVELLI giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE SAN GIORGIO JONICO, in persona del Sindaco pro tempore legale

rappresentante Dott. G.G., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MONTEZEBIO N. 19, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

ALBERTO MARTINELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE DI

PONZIO giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 536/2013 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di

TARANTO, depositata il 19/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato ALFREDO LOVELLI;

udito l’Avvocato RAFFAELE DI PONZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 C.A. convenne dinanzi al Tribunale di Taranto, sezione di Grottaglie, il Comune di San Giorgio ionico, allegando di avere patito lesioni personali in seguito ad una caduta, avvenuta il 19 luglio 2004; che la caduta era stata causata dallo scivolamento lungo il piano inclinato di un marciapiede comunale, realizzato per il transito dei disabili; chiedendo la condanna del Comune al risarcimento del danno.

Il Comune si costituì e chiese il rigetto della domanda.

2. Il Tribunale di Taranto con sentenza 23.11.2011 n. 197 accolse la domanda.

La Corte d’appello di Lecce, sezione staccata di Taranto, con sentenza 18.10.2013 n. 536 accolse il gravame proposto dal Comune, e rigettò la domanda.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.A., con ricorso fondato su quattro motivi.

Ha resistito il Comune di San Giorgio fonico con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo.

1.1. Col primo motivo la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, (si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 1227 e 2051 c.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello, attribuendo alla distrazione della vittima la causa dell’accaduto, avrebbe violato l’art. 2051 c.c. e l’art. 1227 c.c..

Spiega che la responsabilità del custode, di cui all’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo; che di conseguenza è onere del custode, per liberarsene, provare il caso fortuito; che nella specie la vittima tenne una condotta del tutto normale (camminava lungo il marciapiede), la quale non può costituire un “caso fortuito”.

1.2. Il motivo è infondato.

Il custode risponde del danno causato dalla cosa affidata alla sua custodia, “salvo che provi il caso fortuito” (così l’art. 2051 c.c.).

Il “caso fortuito”, che spezza il nesso di causa tra la cosa e il danno, può essere rappresentato:

(a) dall’evento imprevisto ed imprevedibile, cui resisti non potest;

(b) dal fatto del terzo (c.d. fortuito autonomo);

(c) dalla colpa della stessa vittima (c.d. fortuito incidentale).

L’onere di provare la colpa esclusiva della vittima ricade sul custode, e può essere fornito per presunzioni.

Tra i “fatti noti” da cui, ai sensi dell’art. 2727 c.c., il giudice di merito può partire per risalire al fatto ignorato dell’esistenza d’un caso fortuito, rientrano le circostanze oggettive in cui si trovava la cosa al momento del suo danno: la sua avvistabilità, la sua prevedibilità, la sua evitabilità.

1.3. La Corte d’appello ha puntualmente applicato tali principi: ha infatti ritenuto che al Comune si applicasse l’art. 2051 c.c.; ha ritenuto che la presunzione di responsabilità ivi prevista potesse essere vinta dalla prova della colpa esclusiva della vittima; ha ritenuto che nel caso in esame la vittima con l’ordinaria diligenza avrebbe potuto evitare il pericolo.

Nessuna violazione di legge ha dunque commesso la Corte d’appello; stabilire poi in facto se la vittima sia stata o meno negligente, ovvero se il rischio poteva o meno essere evitato con l’ordinaria diligenza, è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e non sindacabile in questa sede.

2. Il secondo motivo.

2.1. Col secondo motivo si sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 329, 342 e 346 c.p.c..

Il Tribunale – secondo la tesi della ricorrente – aveva dichiarato essere stata la vittima “diligente”, e non vi era stato appello sul punto: la Corte d’appello, pertanto, non avrebbe potuto rigettare la domanda attorea sul presupposto che la vittima fosse stata distratta, giacchè sul punto si era formato – questo il senso della censura – il giudicato.

2.2. Il motivo è infondato.

Il Tribunale affermò la responsabilità del Comune di San Giorgio Jonico quale custode, ex art. 2051 c.c., e l’amministrazione comunale impugnò tale statuizione, negando la sussistenza dei presupposti per l’affermazione della sua responsabilità. La Corte d’appello ha accolto tale impugnazione ritenendo che la colpa della vittima escludesse quella del custode.

L’impugnazione del Comune ha dunque investito il tema della esistenza o meno di cause impeditive della responsabilità per danno da cose in custodie, e nessun giudicato interno può essersi formato sul punto.

3. Il terzo motivo.

3.1. Col terzo motivo si lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

La Corte d’appello, attribuendo alla vittima la colpa esclusiva dell’accaduto, avrebbe rilevato d’ufficio l’eccezione di cui all’art. 1227 c.c., comma 2, non sollevata dal Comune.

3.2. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha rilevato d’ufficio la sussistenza della colpa della vittima nella causazione del danno (disciplinato dall’art. 1227 c.c., comma 1), e non già la sussistenza della colpa della vittima nell’aggravamento del danno (disciplinato dall’art. 1227 c.c., comma 2).

Ed è pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che il concorso di colpa della vittima di cui all’art. 1227 c.c., comma 1 costituisce oggetto di una eccezione rilevabile d’ufficio (ex multis, da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 9241 del 06/05/2016).

4. Il quarto motivo.

4.1. Col quarto motivo la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 2043 c.c.; D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503, art. 5; D.M. 14 giugno 1989, n. 236, art. 4.2.2. ed 8.2.2.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello ha accertato in facto che la rampa sulla quale cadde l’attrice non era conforme alle norme tecniche di costruzione di simili rampe: e ciò costituiva una colpa del Comune, che doveva legittimarne la condanna ex 2043 c.c..

La Corte d’appello, pertanto, avrebbe violato quest’ultima norma, per avere escluso la responsabilità del Comune pur dopo averne accertata la colpa.

4.2. Il motivo è infondato.

Una volta ravvisata nella condotta della vittima la causa esclusiva dell’infortunio, diveniva irrilevante stabilire se vi fosse o meno una condotta colposa del Comune.

La violazione d’una qualsiasi regola di condotta rileva infatti non di per sè, ma solo in quanto sia stata causa dell’evento di danno; quindi, una volta ravvisata quest’ultima nella condotta del danneggiato, la natura colposa della condotta tenuta dal preteso responsabile è giuridicamente priva di effetti.

5. Le spese.

5.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

5.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna C.A. alla rifusione in favore di Comune di San Giorgio fonico delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di C.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017

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