Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9354 del 21/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/05/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 21/05/2020), n.9354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4627-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

I.L.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2815/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 09/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 9 luglio 2018 la Commissione tributaria regionale della Sicilia confermava la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da I.L.C. contro l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate, sulla base delle incongruenze riscontrate tra i ricavi dichiarati e i ricavi desumibili in base allo studio di settore applicabile all’attività di “commercio al dettaglio di calzature ed accessori” svolta da contribuente nell’anno 2006, aveva rilevato l’omessa contabilizzazione di maggiori ricavi, ai fini IRPEF e IRAP, e l’omessa contabilizzazione del maggior volume d’affari, ai fini IVA.

Premesso che lo studio di settore deve essere supportato da altri e diversi indizi che ne confermino l’attendibilità, rilevava la CTR che l’incongruenza data dai ricavi insufficienti relativi alle annualità precedenti costituiva un elemento neutro che dava luogo all’accertamento mediante studio di settore. Riteneva, poi, che gli elementi di prova offerti dal contribuente consentissero di superare la presunzione semplice correlata allo studio di settore.

Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con unico motivo.

Il contribuente non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico mezzo l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62-bis e 62-sexies e dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR, in violazione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova in materia di studi di settore, recepito acriticamente le deduzioni e gli elementi addotti dal contribuente.

Preliminarmente, rileva la Corte che risulta prodotto in atti l’avviso di ricevimento del ricorso per cassazione nel quale è fatta menzione della irreperibilità del destinatario.

Nell’ipotesi come quella in esame in cui la notificazione non è andata a buon fine per irreperibilità del destinatario, e quindi per fatto non imputabile alla parte istante, la ripresa del processo notificatorio è rimessa a quest’ultima (cfr. Cass. n. 19060 del 2015). Va rammentato che “Qualora la notificazione di un atto di impugnazione, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si perfezioni per circostanze non imputabili al richiedente, questi – anche in virtù del principio di economia processuale, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – ha l’onere di riattivare autonomamente il procedimento notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto” (Cass. n. 9286 del 2019). Pertanto, la ricorrente, una volta appreso l’esito negativo della notifica, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, avrebbe dovuto attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio nel limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali, di cui occorre dare rigorosa prova e che nella specie neppure sono state allegate (cfr., in termini, Cass. Sez. U. n. 14594 del 2016). E poichè nel caso in esame i termini da ultimo indicati sono abbondantemente trascorsi, il presente ricorso va dichiarato inammissibile.

Nessuna pronuncia deve adottarsi sulle spese processuali stante la mancata notifica del ricorso all’intimato.

Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2020

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