Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9353 del 12/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/04/2017, (ud. 15/12/2016, dep.12/04/2017),  n. 9353

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27403-2014 proposto da:

P.C. & C SRL, in persona del legale rappresentante p.t.

P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PILO ALBERTELLI

1, presso lo studio dell’avvocato LUCIA CAMPOREALE, rappresentata e

difesa dall’avvocato SALVATORE STARA giusta procura speciale;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, P.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 679/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 07/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

FATTI DELLA CAUSA

1. La P.C. & C. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione contro il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in persona del Curatore Ignazio Zucca avverso la sentenza del 7 novembre 2013, con cui la Corte d’Appello di Cagliari ha dichiarato inammissibile l’appello da essa proposta, con due atti notificati il primo il 19 novembre 2012 ed il secondo il 20 novembre 2012, avverso la sentenza n. 2387 del 2012 del Tribunale di Cagliari, la quale aveva dichiarato inammissibile l’opposizione di terzo all’esecuzione con la quale la ricorrente aveva dedotto che in un luogo costituente sia la residenza del P. che la sede della società, erano stati pignorati beni mobili di sua proprietà dal Fallimento in danno del P..

2. Il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda perchè, per quanto aveva dedotto il Fallimento, il P. aveva provveduto al pagamento del debito e delle spese, al fine di evitare una vendita, e la procedura esecutiva si era estinta. Le spese giudiziali venivano addebitate all’opponente sulla base del principio della soccombenza virtuale.

3. La Corte cagliaritana, nella costituzione con riferimento ad entrambi gli appelli della Curatela, che aveva dedotto nel primo che la procedura fallimentare si era chiusa il 12 maggio 2011 e nel secondo aveva chiesto che il processo fosse dichiarato interrotto ai sensi dell’art. 300 c.p.c., ha dichiarato inammissibile l’appello.

Lo ha fatto, evocando i principi di diritto e le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite n. 26279 del 2009 ed inoltre:

a) dando rilievo alla circostanza che l’atto di appello non avrebbe potuto essere proposto nei confronti della curatela, in quanto il fallimento si era chiuso il 12 maggio 2011 e la sentenza era stata pronunciata il 7 settembre 2012 e depositata il 18 settembre successivo, onde “uno degli eventi idonei a determinare l’interruzione del processo si (era) verificato nel giudizio di primo grado, prima della chiusura della discussione, e (non era) stato dichiarato nè notificato dal procuratore della parte cui esso si riferisce a norma dell’art. 300 c.p.c.”;

b) disconoscendo ogni rilevanza delle dichiarazioni rese dal difensore costituito per la curatela in appello alla stregua del principio di diritto di cui a Cass. n. 14106 del 2012.

4. Al ricorso non v’è stata resistenza degli intimati.

5. La trattazione del ricorso veniva fissata per l’udienza del 4 marzo 2016, in vista della quale parte ricorrente depositava memoria, nella quale, tra l’altro, invitava il relatore ad astenersi adducendosi che il medesimo era stato oggetto di varie istanze di ricusazione da parte del difensore della ricorrente in altri giudizi di cassazione. Il relatore dichiarava di non ravvisare ragioni di astensione.

6. Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, con ordinanza interlocutoria n. 12867 del 21 giugno 2016, così disponeva:

“il Collegio rileva che il ricorso per cassazione è stato notificato, oltre che a P.C., al Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in persona del curatore, ancorchè dalla sentenza impugnata emerga che già prima della sentenza di primo grado la società fallita era tornata in bonis per la chiusura del fallimento.

Tale notificazione risulta rivolta ad un soggetto la cui capacità non è più esistente, giacchè, allorquando ha luogo la chiusura del fallimento il soggetto dichiarato fallito ritorna in bonis e riacquista la capacità ed il processo deve proseguire in confronto del soggetto che tale capacità ha riacquistato.

Al riguardo rileva il dato oggettivo che dalla sentenza risulta la dichiarazione della curatela fallimentare evocata nel giudizio di appello in ordine alla chiusura del fallimento, mentre è irrilevante che tale dichiarazione non sia stata ritenuta efficace dalla Corte territoriale per il tramite dell’evocazione del precedente di cui a Cass. n. 14106 del 2012, perchè il principio di diritto di cui a tale decisione deve reputarsi ormai superato dall’intervento dell’arresto di cui a Cass. sez. un. n. 15295 del 2014, la quale, superando la giurisprudenza precedente, ha sancito i seguenti principi di diritto: “In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300 c.p.c., comma 4”; “La morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 cod. proc. civ., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ. da parte del notificante.”.

Fermo che tali principi si dovranno considerare ai fini dello scrutinio del ricorso in relazione alla decisione impugnata, là dove, invece, essa ha fatto applicazione del vecchio orientamento da essi superato e dovranno esserlo in funzione della valutazione della legittimità del procedere della Corte d’Appello, si deve rilevare che i suddetti principi comportano che in riferimento a questo giudizio di legittimità è stato evocato in giudizio un soggetto che ormai non ha più capacità, mentre, essendo ormai emersa la situazione di ritorno in bonis della società avrebbe dovuto esservi evocata quest’ultima.

L’esistenza del carattere litisconsortile necessario della controversia, pur in presenza di inesistenza della provocazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso, impone di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti del medesimo.

Ne consegue che va disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti della s.r.l. (OMISSIS) tornata in bonis. Tale notificazione le si farà se ancora essa sia esistente. In mancanza l’integrazione del contraddittorio dovrà farsi nei confronti di coloro che siano ad essa succeduti nella posizione giuridica oggetto del presente giudizio.”.

6.1. Sulla base di tali motivi la Corte, visto l’art. 371-bis c.p.c., ordinava “a parte ricorrente di integrare il contradditorio mediante notificazione del ricorso e della presente ordinanza nei confronti della s.r.l. (OMISSIS) tornata in bonis, se esistente, oppure di coloro che siano succeduti ad essa succeduti nella posizione giuridica oggetto del giudizio.”. Concedeva “all’uopo termine di giorni sessanta dalla comunicazione del deposito della presente” e rinviava a nuovo ruolo la trattazione del ricorso.

7. Parte ricorrente depositava atto di asserito adempimento dell’ordine di integrazione e la trattazione del ricorso veniva fissata per l’odierna udienza.

8. In vista di essa parte ricorrente ha depositato memoria a mezzo posta, che è pervenuta il 13 dicembre 2016 presso l’ufficio protocollo della Corte.

La memoria è irrituale, non essendo consentito depositare la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. a mezzo posta, stante l’inapplicabilità dell’art. 134 disp att. c.p.c. (in termini Cass. n. 182 del 2011 e, da ultimo, Cass. n. 7704 del 2016).

9. Nella memoria si eccepisce, peraltro, che sarebbero incompatibili il Presidente Roberta Vivaldi, il relatore Consigliere Frasca e altro consigliere, che, peraltro, non fa parte del Collegio ed all’uopo si fa presente che, in relazione al loro operato in altro giudizio di cassazione, è stata promossa azione di responsabilità ex L. n. 117 del 1988 davanti al Tribunale di Roma e che nei confronti del Cons. Frasca è stata proposta istanza di ricusazione nell’ambito di un ricorso per regolamento di competenza, rubricato al n.r.g. 1174 del 2015.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva, in via preliminare, che non si rinviene alcuna ragione di “incompatibilità” del Presidente e del relatore, se per tale si è inteso alludere alle fattispecie previste dell’art. 51 c.p.c..

In particolare, sia quanto al Presidente sia quanto al relatore, non è riconducibile ad alcuna delle previsioni di cui all’art. 51 c.p.c. e particolarmente a quella di cui al n. 3 di detta norma, atteso che essi non sono parti della causa ai sensi della L. n. 117 del 1988.

2. Il Collegio rileva che nell’atto di esecuzione dell’ordine di integrazione del contraddittorio parte ricorrente ha dedotto che “la ditta ricorrente ha accertato, presso la C.C.I.A. di Cagliari, come da “fogli” che saranno prodotti, che la ditta (OMISSIS) s.r.l., tornata in bonis nel 2011, ha mantenuto come soci i signori” F.M.E. (con una partecipazione dell’80%) e Pi.Ma. (con una partecipazione del 20%). Ha, quindi, allegato che quest’ultimo è deceduto il (OMISSIS), come da certificazione del Comune di Cagliari (che ha dichiarato di voler poi produrre), e che ha lasciato come eredi la moglie Pu.Al. e il figlio Pi.Fi..

Ha, poi, osservato che, in esecuzione della ordinanza di integrazione del contradditorio “si provvede pertanto a notificare il presente atto alle signore F.E. e Pu.Al. e al signor Pi.Fi., nelle rispettive dette qualità ad ogni effetto correlato”.

In esecuzione di tale intento ha proceduto alla notificazione ai predetti.

2. In tal modo l’ordine di integrazione è stato eseguito in modo irrituale, in quanto l’ordinanza di integrazione del contraddittorio aveva prescritto che l’integrazione dovesse avvenire nei confronti della società, se ancora esistente e, solo per il caso di inesistenza di essa, che la notificazione si eseguisse nei confronti di coloro che fossero succeduti nella posizione giuridica oggetto di causa.

D’altro canto non si è nemmeno allegato che la società, dopo essere tornata in bonis, si sia estinta ed anzi si è detto che sarebbe tornata in bonis nel 2011.

Nè l’estinzione risulta dalla documentazione allegata.

Da essa, anzi, emerge che la società – che ha sede legale in (OMISSIS), (C.A.P. (OMISSIS), stradario (OMISSIS)) – avrebbe in corso la procedura di “scioglimento e liquidazione”.

Ne consegue che l’esecuzione dell’ordine di integrazione, in quanto la possibilità di notificare ai successori nella posizione giuridica della società sorgeva solo in mancanza della permanenza della società stessa, si deve avere per ineseguito, con la conseguenza dell’inammissibilità del ricorso (Cass., Sez. Un., n. 6107 del 2012; (ord.) n. 10863 del 2010, ex multis).

Si deve aggiungere che, secondo un orientamento di questa Corte, l’elenco delle produzioni effettuate avrebbe dovuto essere notificato anche a P.C., pur non costituito in questo giudizio di legittimità, atteso che l’art. 372 c.p.c., comma 2, quando prescrive la notifica dell’elenco dei documenti relativi all’ammissibilità alle altre parti, ove prodotti dopo il deposito del ricorso, si riferisce anche a quelle che non hanno resistito: si veda Cass. n. 12761 del 2004, secondo cui: “Qualora il ricorso per cassazione venga proposto da un soggetto diverso da quello nei cui confronti sia stata pronunciata la sentenza impugnata, la documentazione diretta a provare la legittimazione del ricorrente all’impugnazione deve essere depositata in cancelleria e il deposito deve essere notificato, mediante elenco, alle altre parti, ancorchè queste non abbiano resistito in giudizio con controricorso, in quanto la mancata notifica al ricorrente del controricorso preclude all’intimato la possibilità di presentare memorie, ma non quella di partecipare alla discussione orale e di esercitare in tale sede le proprie difese, anche in relazione alla documentazione predetta.”.

Orientamento che, però, potrebbe essere stato messo in discussione alla stregua delle statuizioni di Cass. sez. un. n. 19980 del 2014.

Tuttavia, non essendo la questione decisiva non è necessario un approfondimento.

3. Il ricorso, giusta le considerazioni svolte, deve, dunque, dichiararsi inammissibile.

No è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017

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