Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9353 del 07/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 07/04/2021), n.9353

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21766-2019 proposto da:

G.E., quale liquidatore della S.I.V. SOCIETA’ COOPERATIVA

A R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati DOMENICO VITALE, CARMINE

CORRADO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 667/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 13/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La soc. S.I.V. s.c.ar.l. in liquidazione proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano avverso l’avviso con il quale l’Ufficio operava una ripresa dell’imposta Irpef, relativa all’anno 2012, per avere la società, quale sostituto di imposta, omesso di versare le ritenute sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Regionale Tributaria della Regionale della Lombardia rigettava l’appello osservando: a) che il contribuente non aveva fornito sufficienti elementi che provassero la destinazione diversa dalla retribuzione da lavoro dipendente delle erogazioni in denaro ai lavoratori accertate dalla Guardia di Finanza e dagli Uffici ispettivi del lavoro; b) che l’eccezione di nullità per mancato rispetto del termine dilatorio di giorni sessanta giorni tra la notifica del pvc della Guardia di Finanza e l’emissione dell’atto impositivo era meramente strumentale avendo il contribuente dimostrato di non avere elementi a suo favore da poter dedurre in fase precontenziosa al fine di evitare l’atto di recupero fiscale.

4. Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a quattro motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento notificato senza il rispetto del termine di giorni 60 dalla notifica del processo verbale di accertamento della Guardia di Finanza.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione del T.U. n. 917 del 1986, art. 51, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1; si sostiene che la contribuente non doveva fornire alcuna dimostrazione della natura dei pagamenti eseguiti per remunerare i soci della cooperativa delle trasferte e delle missioni.

1.2 Con il terzo e quarto motivo la sentenza viene censurata per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non avere la CTR rilevata la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento e motivato sulle eccezioni relative all’erroneo inserimento di un soggetto che era stato socio lavoratore e l’erronea applicazione a tutti i dipendenti dell’aliquota del 23%.

2. Il primo motivo è fondato con assorbimento degli altri motivi.

2.1 La L. n. 212 del 2000, art. 12, comma, stabilisce che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

2.2 A far tempo dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18184/13 – ripresa e confermata dalla sentenza S.U. n. 24823/15 – si è affermato l’orientamento per cui la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, “deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del temine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni” (ed “indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali: (Cass. n. 15010/14; 9424/14, 5374/14, 20770/13, 10381/14, come si ha cura di precisare in Cass., sez. un., n. 24823 del 2015) – “determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”; con la precisazione che “il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativi dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” (ex multis, da ultimo, Cass. nn. 4564/2019, 8750/2018, 7897/2016, 7601/2016).

2.3 E’ stato poi chiarito che nel caso di accesso, ancorchè finalizzato ad un’acquisizione documentale immediata, comunque la c.d. “prova di resistenza” non può trovare ingresso in virtù della obbligatorietà generalizzata del contraddittorio preventivo sancito per legge dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (Cass. n. 1007 / 2017).

2.4 Da ultimo, nelle sentenze n. 701 e 702 del 2019, la Corte ha espresso i principi – che il Collegio condivide e ai quali intende dare continuità- secondo cui ” 1) la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, prevede, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio operata dal legislatore, attraverso la previsione di nullità dell’atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che già, a monte, assorbe la “prova di resistenza” e, volutamente, la norma dello Statuto del contribuente non distingue tra tributi armonizzati e non; 2) il principio di strumentalità delle forme ai fini del rispetto del contraddittorio, principio generale desumibile dall’ordinamento civile, amministrativo e tributario, viene meno in presenza di una sanzione di nullità comminata per la violazione, e questo vale anche ai fini del contraddittorio endoprocedimentale tributario; 3) per i tributi armonizzati la necessità della “prova di resistenza”, ai fini della verifica del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, scatta solo se la normativa interna non preveda già la sanzione della nullità.

2.5 Nella fattispecie è pacifico che la fonte di innesco dell’impugnato avviso di accertamento era stato un PVC della G.d.F. così come può ritenersi processualmente accertato – per espressa ammissione della stessa Agenzia delle Entrate (cfr. pag.3 del controricorso) – che l’Ufficio abbia emanato l’atto di accertamento 56 giorni dopo la notifica del processo verbale di accertamento e quindi senza il rispetto del termine dei sessanta giorni prescritti dalla L. n. 212 del 2000, art. 12 -.

2.6 II giudice di appello, nel ritenere ininfluente il mancato il contraddittorio endoprocedimentale, non ha fatto buon governo dei suddetti principi

3 Il ricorso va quindi accolto e la causa non essendo necessari ulteriori approfondimenti in punto di fatto può essere decisa con l’accoglimento del ricorso originario proposto dal contribuente.

4 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza mentre quelle dei gradi di merito vanno integralmente compensate tra le parti.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il terzo e il quarto, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dalla società contribuente.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.100 per compensi oltre ad Euro 200 per spese, rimborso forfettario ed accessori di legge. Compensa tra le parti le spese relative ai gradi di merito delle spese tra le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021

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