Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9352 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. III, 04/04/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 04/04/2019), n.9352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22606/2017 proposto da:

R.E., elettivamente domiciliata in ROMA, invia dei Due

Macelli, n. 66, presso l’AVVOCATO MAURO CARRETTA che la rappresenta

e difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

AZIENDA TRASPORTI MILANESI S.p.a., in persona del legale

rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla

PIAZZA Sallustio, n. 9, presso l’AVVOCATO LORENZO SPALLINA,

rappresentata e difesa anche disgiuntamente dagli AVVOCATI RITANGELA

ROSSI e FRANCESCO D’ERRICO, per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 09530 del TRIBUNALE DI MILANO, depositata il

29/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28 febbraio 2019 dal Consigliere Dott. CRISTIANO VALLE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.E. impugna, a seguito di ordinanza di inammissibilità dell’appello della Corte di appello di Milano, la sentenza n. 9530 in data 29/07/2016 del Tribunale di Milano, di rigetto della domanda di risarcimento dei danni subiti a seguito della mancata predisposizione, sull’autobus dell’Azienda Trasporti Milanesi S.p.a., a bordo del quale ella viaggiava in data 8 maggio 2008, di adeguate misure di sicurezza e segnatamente di un dispositivo volto ad evitare lo schiacciamento dei piedi dei passeggeri.

Resiste con controricorso la Azienda Trasporti Milanesi S.p.a. R.E. ha depositato memoria per l’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione, laddove il primo giudice ha ritenuto la colpa esclusiva della R. nella causazione dell’evento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il secondo mezzo chiede, ugualmente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dichiararsi nullità della sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione, laddove il tribunale ha ritenuto assolta la prova, incombente sul vettore, di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Il terzo motivo è formulato per violazione e falsa applicazione di legge in relazione al regime di responsabilità del vettore, e quindi sulla base dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 1681 c.c..

Il quarto motivo insiste sulla nullità della sentenza qualora la stessa dovesse essere interpretata quale fondata sull’insussistenza del nesso causale.

Il quinto ed ultimo mezzo deduce violazione e falsa applicazione di legge in riferimento agli artt. 40 e 41 c.p. e art. 1681 c.c..

Il ricorso è inammissibile.

Come risulta dalla prima pagina del ricorso di legittimità e dal suo tenore complessivo, è stata impugnata la sentenza del Tribunale di Milano di rigetto della domanda di risarcimento danni.

La sentenza di prime cure, ben consapevole della giurisprudenza di questa Corte formatasi sull’art. 1681 c.c. (è segnatamente richiamata Cass. n. 00249 del 10/01/2017) ha escluso la responsabilità del vettore nella causazione dell’incidente occorso alla R., affermando che la stessa attrice in primo grado aveva dedotto di avere spostato il piede nello spazio destinato all’apertura delle ante delle porte dell’autobus a causa della spinta di un altro passeggero. La sentenza gravata prosegue affermando che l’incidente avvenne sulla linea (OMISSIS) alla fermata “(OMISSIS)” presso la quale vi era usualmente un notevole traffico in salita e discesa dei passeggeri e, quindi, la R. avrebbe dovuto essere consapevole della circostanza che il conducente avrebbe aperto anche la porta destinata alla salita e ciò sia per far salire gli astanti che per far discendere i passeggeri a bordo dell’autobus, che la stessa prospettazione attorea definiva numerosi (pag. 3 della sentenza “elevato numero di persone presenti sull’autobus”).

Il percorso motivazionale dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello (resa dalla Corte territoriale ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c.) è, invece, incentrato sulle diverse ricostruzioni dell’accaduto prospettate dalla R., che in atto di citazione (in primo grado) aveva dedotto di essere stata spinta da un passeggero intenzionato a tentare l’uscita dalla porta di entrata, nella segnalazione dell’incidente aveva affermato che il conducente dell’autobus non aveva aperto la porta centrale della discesa e che a seguito della spinta dei passeggeri la porta era stata aperta ed ancora nell’intimazione di risarcimento aveva affermato di trovarsi in prossimità delle porte adibite alla salita.

Dette diverse ragioni del decidere, autonome rispetto a quella fatta propria dalla sentenza del Tribunale, non risultano in alcun modo investite dai motivi di ricorso, sebbene gli stessi contengano, sostanzialmente, una richiesta di diverso apprezzamento delle circostanze di fatto poste dal primo giudice a fondamento della decisione e, quindi sono, di per ciò solo, come meglio in seguito, inammissibili.

La giurisprudenza di questa Corte è oramai stabile nell’affermare che l’ordinanza di inammissibilità dell’appello, qualora contenga ragioni decisorie diverse ed ulteriori rispetto a quelle del provvedimento oggetto dell’impugnazione deve essere autonomamente impugnata, nelle parti in cui ha integrato e corroborato la decisione di primo grado (da ultimo si veda: Cass. n. 5655 del 09/03/2018).

Con riferimento alle censure della sentenza del Tribunale deve rilevarsi la loro, già sopra prospettata, inammissibilità, essendo impropriamente veicolate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ossia per nullità della sentenza, vizio nella specie non riscontrabile, risultando la pronuncia del primo giudice conforme al modello legale e compiutamente motivata in relazione all’esclusione dell’applicabilità della previsione dell’art. 1681 c.c., nel senso di fattispecie di responsabilità oggettiva e diffondendosi la motivazione in fatto sia in ordine all’insussistenza di nesso causale tra condotta dell’autista ed evento sia in relazione all’insussistenza di un obbligo di legge o di regolamento per la A.T.M. S.p.a. di predisporre dispositivi antischiacciamento sulle vetture, ovvero in quanto i motivi sono prospettati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma richiedono, in realtà, un diverso apprezzamento dei fatti di causa.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre IVA e CA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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