Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9350 del 26/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/04/2011, (ud. 16/03/2011, dep. 26/04/2011), n.9350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE 326, presso lo studio dell’avvocato SCOGNAMIGLIO

RENATO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SCOGNAMIGLIO CLAUDIO, giusta procura notarile in atti;

– ricorrente –

contro

N.V., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato DE FELICE RAFFAELE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 603/2007 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 12/07/2006, r.g.n. 47762/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 26 ottobre 1993 N.V. esponeva di essere dipendente del Monte dei Paschi di Siena spa e di essere stato inquadrato come commesso.

Aggiungeva di avere svolto mansioni di impiegato di 2A, avendo espletato dal 1985 in poi ricerche per l’Autorita’ Giudiziaria, di essere stato inoltre addetto alla redazione delle notule di percorrenza auto ed alla posta.

Faceva presente che le mansioni espletate rientravano certamente in quelle previste dall’art. 13 CCNL relative agli impiegati di 2 livello. Invocava, pertanto, il disposto degli artt. 20 CCNL e 7 del contratto integrativo. Tanto premesso, chiedeva dichiararsi il diritto ad essere inquadrato nella categoria di impiegati di 2 livello quanto meno a partire dall’1.11.92 con condanna al pagamento della somma del L. 1.348.830.

Il Monte Paschi Siena si costituiva, contestando la domanda sotto vari profili. Espletata la prova per testi, l’adito Pretore, in accoglimento della domanda, dichiarava il diritto di N. V. ad essere inquadrato nella categoria impiegati di 2 livello dall’1.11.92 e condannava la convenuta al pagamento in favore del ricorrente della somma di L. 198.604 a titolo di differenze retributive maturate fino al maggio 1994 oltre interessi e rivalutazione come per legge. Avverso la predetta sentenza la Banca proponeva appello in data 29.12.98, censurando la decisione sotto il profilo della valutazione delle risultanze istruttorie. Infatti, delle tre tipologie di mansioni addotte dal dipendente, il Pretore avrebbe attribuito rilevanza soltanto alla prima (ricerche per l’A.G.), e comunque il Giudicante avrebbe frainteso la prova orale.

Si e’ costituiva il N. chiedendo il rigetto dell’appello.

Con sentenza del 26 maggio – 12 luglio 2006, il Tribunale di Napoli, ritenuto, sulla base della espletata istruttoria ed alla stregua della contrattazione collettiva applicabile, che l’attivita’ svolta dal N. non fosse riconducibile a quella di commesso, ma piuttosto a quello di impiegato, rigettava l’appello. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la Banca Monte dei Paschi di Siena con un unico articolato motivo, ulteriormente illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c. Resiste il N. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo, la Banca Monte dei Paschi di Siena denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 1362, 2697 c.c., degli artt. 1154 e 116 c.p.c., nonche’ degli artt. 13 ccnl Impiegati e commessi nelle Aziende di Credito del 23/11/1190 e dell’art. 6 lettera B) del Contratto Integrativo Aziendale; carenza e contraddittorieta’ della motivazione su un punto essenziale della controversia.

In particolare, la Banca lamenta avere il Tribunale di Napoli fornito una lettura erronea e fuorviante delle deposizioni testimoniali, trasgredendo il potere – dovere del Giudice di basare la sua decisione sulle risultanze istruttorie effettive. A sostegno del suo assunto, la ricorrente, dopo avere trascritto le deposizioni rese dai testi e le norme contrattuali applicabili, osserva che il Giudice di Appello avrebbe del tutto frainteso il contenuto e la qualita’ delle mansioni assegnate al N., violando i criteri contrattuali di inquadramento in conseguenza anche di un’interpretazione erronea delle clausole collettive, e, quindi, ritenendo che le ricerche svolte dal N. per l’Autorita’ Giudiziaria consistessero “nell’individuare assegni e versamenti transitati su un conto corrente, utilizzando per l’interpretazione un codice numerico e nel selezionare gli stessi tra gli altri documenti” e che tali mansioni avrebbero “richiesto l’interpretazione di codici e la lettura di documenti e la valutazione della riconducibilita’ del documento stesso all’oggetto della richiesta”. A dire della ricorrente, invece, le mansioni del N. sarebbero consistite “nel cercare all’interno delle piccole buste contenute in grosse buste esistenti in archivio classificate per mesi o per quindici giorni, documenti contabili gia’ separati e distinti senza alcuna interpretazione dei codici e cernita di documenti e di assegni in base a criteri suscettibili di autonoma applicazione”. Inoltre la ricorrente sostiene che la frase finale dell’art. 13 del ccnl, che inquadra tra gli impiegati di 2A in genere, “coloro che svolgano mansioni che richiedono applicazione intellettuale non eccedente la semplice diligenza di esecuzione”, non possa essere interpretato se non alla stregua degli elementi letterale e logico, nonche’ dell’elemento sistematico con il raffronto tra le mansioni proprie di impiegato di 2A cat. e quelle proprie dei commessi, dovendosi ritenere che le mansioni di impiegato di 2A categoria implichino un quid di partecipazione intellettuale e conseguente responsabilita’, assente invece nelle mansioni del commesso espletate dal N., e che avrebbero richiesto un’applicazione intellettuale ed un impegno di diligenza di cosi’ basso profilo, a differenza dell’applicazione e dell’impegno richiesto per l’espletamento delle mansioni di impiegato di 2^ categoria, da non fornire alcun appoggio alla infondata rivendicazione del dipendente.

Le argomentazioni proposte dalla Banca Monte dei Paschi di Siena non possono essere condivise.

Il Tribunale di Napoli ha preliminarmente rilevato, come il N. fosse stato inviato dalla ricorrente presso la Filiale di (OMISSIS) con lo specifico incarico di collaborare nella ricerca — per ordine dell’Autorita’ Giudiziaria – di versamenti ed assegni transitati su di un certo conto corrente.

E’ poi passato ad esaminare la deposizione del sig. A. in quanto ritenuta proveniente, come esplicitamente ed implicitamente sottolinea, da persona preposta all’operazione e quindi qualificata decisamente quale fonte bene informata in ordine ai fatti.

Lo stesso Tribunale, dopo aver trascritto la deposizione resa dallo A., ha constatato come la stessa accreditasse la interpretazione secondo la quale le ricerche che incontestabilmente aveva svolte il N. per conto dell’Autorita’ Giudiziaria fossero consistite “nell’individuare assegni e versamenti transitati su un conto corrente, utilizzando per la individuazione un codice numerico e nel selezionale gli stessi tra gli altri documenti”.

Il Tribunale ha quindi rilevato come al N., “a differenza di quanto richiesto ad un normale commesso”, fossero state affidate “mansioni richiedenti l’interpretazione di codici, la lettura di documenti e la valutazione della riconducibilita’ del documento stesso all’oggetto delle ricerche”. Alla luce di tali circostanze di fatto il Giudice a quo ha ritenuto che il compimento di tali operazioni avesse effettivamente richiesto l’uso di conoscenze, sia pure semplici, ed il ricorso ad una .attivita’ logico – intellettiva eccedente una semplice diligenza di esecuzione manuali, ed ha quindi ritenuto che il Pretore avesse compiuto una corretta valutazione dei fatti di causa. Lo stesso Tribunale ha indicato le norme del ccnl vigente e quelle del Contratto Integrativo Aziendale ed ha ritenuto come le mansioni di fatto svolte dal N. fossero da qualificarsi eccedenti rispetto a quelle proprie dei commessi e senz’altro riconducibili a quelle previste per gli stessi impiegati. Questa Corte ha consolidato il principio in virtu’ del quale il carattere negoziale della disciplina in tema di inquadramento del personale comporta che l’interpretazione di essa da parte del Giudice del merito integra un apprezzamento di fatto, che in sede di legittimita’ e’ sindacabile soltanto sotto i profili del vizio della motivazione o della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, i quali non possono risolversi nella mera contestazione di un risultato interpretativo diverso d quello preteso dalla parte, cosi’ come viene proposto nella fattispecie.

Nel caso in esame, mentre l’attivita’ ermeneutica svolta dal Giudice d’appello non risulta affetta dai vizi denunciati dalla ricorrente, neppure e’ ravvisabile -ad avviso del Collegio- nel ragionamento del Giudice di merito il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia. Ed invero, come in piu’ occasioni e’ stato affermato da questa Corte, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimita’ ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non puo’ invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perche’ la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione cfr. Cass. n, 27162/2009).

Per quanto precede il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 15,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA, con attribuzione all’avv. Raffaele De Felice.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2011

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