Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9348 del 28/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9348 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 8171-2007 proposto da:
DAMELE FRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI GRACCHI 209, presso lo studio dell’avvocato BUZZI
ALBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato
SCANCARELLO ANGELO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
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RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. C. F. 01585570581
(già FERROVIE DELLO STATO S.p.A. Società di Trasporti
e Servizi per Azioni),
rappresentante

pro

in persona del legale

tempore, elettivamente domiciliata

Data pubblicazione: 28/04/2014

in ROMA VIA GERMANICO

172,

presso lo studio

dell’avvocato OZZOLA MASSIMO, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

controricorrente

555/2006 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

14/01/2014

dal Consigliere Dott. DANIELA

BLASUTTO;
udito l’Avvocato BIANCO MARIA GRAZIA per delega OZZOLA
MASSIMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO,che ha concluso per
l’inammissibilità / in subordine rigetto.

di GENOVA, depositata il 06/07/2006 R.G.N. 501/2003;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Genova, con sentenza del 9 maggio 2006, rigettava il
gravame proposto da Franco Damele avverso la pronuncia di primo grado che

Ferrovie dello Stato ) avente ad oggetto l’impugnativa della transazione conclusa
tra le parti il 22 gennaio 1997 e la conseguente rivendicazione del Damele di
vedere accertato il suo diritto ad essere inquadrato nella IX categoria – profilo
capo settore gestioni – con ogni conseguenza di ordine economico.
In particolare, osservava la Corte territoriale:
– che il ricorrente aveva firmato un verbale di accordo nel quale era stata prevista
la corresponsione, da parte della soc. Ferrovie dello Stato, della somma di lire
64.800.000 a titolo di incentivo all’esodo volontario anticipato e di una ulteriore
somma di lire 200.000 a fronte della rinuncia, da parte dell’ex dipendente, ad
ogni altra eventuale ragione di credito in dipendenza dell’intercorso rapporto di
lavoro, tra l’altro, anche a titolo di diverso inquadramento e differenze
retributive;
– che l’appellante aveva eccepito la nullità del punto n. 4 della transazione sulla
base del rilievo che la somma di lire 200.000 era del tutto irrisoria è
sproporzionata in rapporto all’entità dei diritti dismessi;
– che l’impugnativa era priva di fondamento, in quanto la transazione era stata
conclusa dinanzi all’ufficio provinciale del lavoro ed era quindi regolata
dall’ultimo comma dell’ art. 2113 c.c.;
– che ai fini della validità della rinuncia non occorreva la pendenza di una lite,
potendo la transazione essere finalizzata anche ad evitare una controversia,

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aveva respinto la domanda dallo stesso proposta nei confronti della soc.

mentre nessuna rilevanza poteva avere la circostanza che la somma di lire
200.000 fosse di minima entità, posto che i diritti oggetto di dismissione erano
meramente eventuali;

psicologica esercitata dalla società sul Damele, il quale in data 20 dicembre 1996
aveva firmato una missiva aderendo alla richiesta di risoluzione consensuale del
rapporto ed aveva manifestato già in quella sede la volontà di rinunciare a
qualsiasi altra pretesa riferibile al rapporto di lavoro;
– che era priva di rilievo giuridico la circostanza che il lavoratore ignorasse
l’esistenza di precedenti accordi aziendali idonei ad accreditare – ad avviso del
medesimo ricorrente – la tesi del riconoscimento del diritto al superiore
inquadramento.
Per la cassazione di tale sentenza il Damele propone ricorso affidato a due
motivi ed illustrato con memoria. Resiste con controricorso la soc. Rete
Ferroviaria Italiana.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione delle norme di
ermeneutica contrattuale (artt. 1362 e segg c.c. ) e degli art. 1965 e 2113 c.c.,
nonché vizio di motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) chiedendo a questa Corte
se, nel caso di quietanza a saldo predisposta dal datore di lavoro a conclusione
del rapporto e sottoscritta dal lavoratore, portante la dichiarazione di rinuncia a
tutti indistintamente gli ulteriori diritti derivanti dal rapporto, senza che venga
accertata, attraverso l’interpretazione del documento ed il concorso di specifiche
circostanze desumibili aliunde, la consapevolezza nel lavoratore di diritti
determinati o determinabili e la cosciente volontà di abdicarvi, costituisca retta

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– che non vi erano elementi che potessero accreditare la tesi di una pressione

applicazione degli artt. 1362, 1363, 1370, 1965 e 2113 c.c., attribuire alla mera
sottoscrizione del dipendente efficacia di effettiva rinuncia o transazione relativa
ai diritti formalmente dismessi. Quanto al denunciato vizio di motivazione,
sostiene che la sentenza non aveva chiarito come dal documento del 20.12.96

Il motivo è inammissibile.
Il quesito di diritto riproduce il principio più volte affermato da questa Corte
in tema di quietanza a saldo, la quale può assumere valore di rinuncia o di
transazione sempre che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del
documento, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti
determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di
abdicarvi o di transigere sui medesimi. Tale riferimento non è tuttavia
pertinente, poiché nel caso in esame non si versa in un’ipotesi di quietanza a
saldo, ma in un caso di transazione stipulata dinanzi all’ULPMO e dunque
regolata dall’ultimo comma dell’art. 2113 c.c.
Tale disposizione stabilisce che le previsioni dei commi precedenti “non si
applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411
c.p.c.”, cioè alle conciliazioni raggiunte in sede giudiziale, in sede sindacale o
dinanzi alle commissioni di conciliazione presso la direzione provinciale del
lavoro.
Come affermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte (v. ex p/urimis,
Cass. n. 17785 del 2002, n. 16283 del 2004), con riguardo alla speciale
impugnativa della transazione tra datore di lavoro e lavoratore, prevista dall’art.
2113, terzo comma, cod. civ., l’intervento dell’ufficio provinciale del lavoro è in
sé idoneo a sottrarre il lavoratore a quella condizione di soggezione rispetto al
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Damele e/REI. s.p.a.

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potesse desumersi la consapevolezza del ricorrente di dismettere specifici diritti.

datore di lavoro, che rende sospette di prevaricazione da parte di quest’ultimo le
transazioni e le rinunce intervenute nel corso del rapporto in ordine a diritti
previsti da norme inderogabili, sia allorché detto organismo partecipi
attivamente alla composizione delle contrastanti posizioni delle parti, sia quando

interessati in trattative dirette, l’espressione di una volontà non coartata del
lavoratore. Consegue che anche in tale ultimo caso la transazione si sottrae alla
impugnativa suddetta.
Rimangono, invece, esperibili i mezzi ordinari di impugnazione concessi alle
parti di un contratto per farne valere i vizi che possono inficiarlo, ossia i vizi di
nullità o quelli di annullabilità, ivi compresi quelli incidenti sulla formazione del
consenso; infatti, rispetto a tali azioni l’intervento dell’ufficio provinciale del
lavoro non può esplicare alcuna efficacia sanante o impeditiva (cfr. Cass. n.
1552/84). Riguardo a diritti già maturati, il negozio dispositivo integra una mera
rinuncia o transazione, rispetto alla quale la dipendenza del diritto da norme
inderogabili comporta, in forza dell’art. 2113 cod. civ., l’annullabilità dell’atto di
disposizione, ma non la sua nullità. Nei confronti di diritti ancora non sorti o
maturati la preventiva disposizione può comportare, invece, la nullità dell’atto,
poiché esso è diretto a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera
diversa da quella fissata dalle norme di legge o di contratto collettivo (Cass.
12561/2006).
Nel presente caso, la rinuncia non ha avuto ad oggetto diritti futuri, ma diritti
(in ipotesi) già maturati nella sfera giuridica del lavoratore durante il precorso
rapporto di lavoro, mentre il riferimento fatto dalla Corte di appello alla
comunicazione del 20.12.2006 – con la quale il Damele aderì alla proposta di

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Damele c/ R.F.I. s.p.a.

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in un proprio atto si limiti a riconoscere, in una transazione già delineata dagli

risoluzione consensuale dichiarando sin da quel momento di non avere altro a
pretendere in relazione al rapporto di lavoro così concluso – non alludeva ad un
riscontro testuale della consapevolezza, da parte del lavoratore, di dismettere
precisi diritti, ma costituiva un elemento indiziario valorizzato dal giudice di

adombrato dal ricorrente. La Corte di appello ha dunque motivatamente
escluso – con statuizione nemmeno specificamente impugnata – l’esistenza dei
vizi di annullabilità del negozio transattivo, unici profili (tra quelli dedotti dal
ricorrente) suscettibili di rilevare in caso di impugnazione di transazione
conclusa ai sensi del quarto comma dell’art. 2113 c.c..
Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge in relazione agli artt.
1322, 1325, 1362, 1367, 1418, 1419, 1965 e 2113 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) e vizio
di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.). Le questioni sono così sintetizzate nei tre
quesiti di diritto:

se in un contratto contenente una pluralità di obbligazioni, con specifiche

prestazioni e controprestazioni, non sia lesivo dei canoni interpretativi di cui
all’art. 1362 c.c. attribuire alle singole obbligazioni cause e contenuti diversi da
quelli risultanti dal testo sottoscritto dalla parti;
– se, con riguardo ad un contratto con pluralità di obbligazioni che non siano tra
loro in relazione di necessità e/o funzionalità – ed in grado singolarmente di
produrre effetti realizzanti l’interesse dei paciscenti, né da questi dichiarate
inscindibili – non sia lesivo dell’autonomia contrattuale delle parti, riconosciuta
dall’art. 1322 c.c., considerare le citate obbligazioni unitariamente e/o
promiscuamente, di modo che la prestazione dell’una possa essere imputata a
controprestazione dell’altra, invece di valutare tali obbligazioni in rapporto agli
specifici titoli ed impegni in ciascuna dedotti;

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merito per escludere l’esistenza (anche) del presunto vizio della volontà,

- se la transazione e/o rinuncia ai sensi degli artt. 1965 e/o 2113 c.c. resa in sede
ULPMO possa essere dichiarata nulla per mancanza di causa e/o di contenuto
del negozio (aliquid datum) e/o di volontà, ove il corrispettivo datoriale sia del
tutto simbolico e/o apparente, tale da escludere una seria volontà negoziale.

interpretativi compiuti dal giudice di appello circa il senso da attribuire al testo
della transazione e alla ricostruzione della volontà delle parti, censure che
attengono a vizi di ermeneutica relativi ad un testo negoziale del quale il
ricorrente non trascrive il contenuto, né allega il testo al ricorso.
Sul punto il ricorso non rispetta il principio di autosufficienza, del tutto
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il ricorrente per
cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un
documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere — imposto dall’art.
366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. – di produrlo agli atti e di indicarne il
contenuto; il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in
quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in
questione, il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel
ricorso il contenuto del documento; la violazione anche di uno soltanto di tali
oneri rende il ricorso inammissibile (v., exp/urimir, tra le più recenti, Cass. n. 6556
del 2013).
Il terzo quesito muove dalla considerazione del carattere meramente simbolico
del corrispettivo di lire 200.000 che la società si impegnava a corrispondere a
fronte della dismissione di un complesso di diritti, anche non menzionati nella
transazione. Il carattere irrisorio dell’aliquid datum sarebbe indice della invalidità
della rinuncia.
La censura è infondata.

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I primi due quesiti sono inammissibili, vertendo su presunti errori

Nell’interpretazione del contratto di transazione, per verificare se sia
configurabile tale negozio occorre indagare innanzitutto se le parti, mediante
l’accordo, abbiano perseguito la finalità di porre fine all’ incertus litis eventus, senza
tuttavia che sia necessario che esse esteriorizzino il dissenso sulle contrapposte

transattivo, la cui esistenza può anche essere desunta da una corresponsione di
somma di denaro da parte del debitore, accettata dal creditore dichiarando di
essere stato pienamente soddisfatto e di null’altro avere a pretendere, se possa
ritenersi che essa esprima la volontà di porre fine ad ogni ulteriore contesa.
Quanto poi ai requisiti dell’ aliquid datum e dell’ aliquid retentum, essi non sono da
rapportare agli effettivi diritti delle parti, bensì alle rispettive pretese e
contestazioni, e pertanto non è necessaria l’esistenza di un equilibrio economico
tra le reciproche concessioni (Cass. n. 7548 del 2003). Dunque, affinché una
transazione sia validamente conclusa, è necessario, da un lato, che essa abbia ad
oggetto una res dubia, e cioè che cada su un rapporto giuridico avente, almeno
nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall’altro, che, nell’intento di
far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si
facciano delle concessioni reciproche (cfr. Cass. n.11471/97). L’oggetto della
transazione non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde
valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che
le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni (cfr. Cass. n.
11117 del 1999, n.7999 del 2010).
In conclusione, il ricorso va respinto.
L’onere delle spese resta regolato secondo soccombenza. La relativa
liquidazione è operata come indicato in dispositivo.
P.Q.M.

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pretese, né che siano usate espressioni direttamente rivelatrici del negozio

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 100,00
per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2014
Il Presidente

Il Consigliere est.

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