Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9348 del 11/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/04/2017, (ud. 27/01/2017, dep.11/04/2017),  n. 9348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23111-2015 proposto da:

C.G., in proprio. e quale amministratore del Condominio

di via (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI

130, presso lo studio dell’avvocato TERESINA TITINA MACRI’,

rappresentato e difeso dagli avvocati PIERO AGUZZI, ARNALDO

AMATUCCI;

– ricorrente –

contro

P.F.;

– intimata –

avverso il decreto n. 1016/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 01/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente C.G., in proprio e quale amministratore del Condominio di via (OMISSIS), con due distinti ricorsi di identico contenuto, impugna, articolando tre motivi di ricorso ex art. 111 Cost., il decreto n. 1016/2015 del 1 luglio 2015 della Corte d’Appello di Firenze, che, pronunciando sul reclamo avverso il provvedimento del Tribunale di Arezzo del 23 settembre 2014, aveva dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di revoca giudiziale del C. dall’incarico di amministratore di condominio proposta da P.F., compensato tra le parti le spese processuali dei due gradi di giudizio e altresì ripartito in pari quota le spese dell’espletata CTU.

C.G. deduce un primo motivo di ricorso, che si sviluppa da pagina 9 a pagina 27, per omesso esame di fatti decisivi ai fini della condanna di P.F. al rimborso delle spese di lite. Ciò in quanto la Corte d’Appello avrebbe valutato la cosiddetta soccombenza virtuale sulla base soltanto della CTU che, pur escludendo gravi irregolarità gestionali dell’amministratore, aveva comunque rilevato carenze di trasparenza nella contabilità condominiale. Si richiamano così analiticamente i dieci motivi specifici addebitati dalla P. all’amministratore per ottenere la revoca, censure tutte superate dal Tribunale di Arezzo. Il secondo motivo sostiene la nullità del decreto della Corte di Firenze, per non aver dato atto della soccombenza della P. nè esplicitato le gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle spese di lite. Il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1129 c.c., nonchè degli artt. 91, 92, 99, 100, 112 e 115 c.p.c., per aver la Corte d’Appello ritenuto cessata la materia del contendere per l’estinzione dell’incarico di amministratore del C., mentre la materia del contendere era cessata, piuttosto, per la rinuncia alla domanda da parte della P.. Ritenuto che il ricorso proposto da Giuseppe C. potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

E’ dapprima inammissibile il ricorso proposto da C.G. quale amministratore del Condominio di (OMISSIS), in quanto nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell’amministratore l’interessato legittimato a contraddire è soltanto l’amministratore e non il condominio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23955 del 22/10/2013).

Secondo poi consolidato orientamento di questa Corte, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione; tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2986 del 27/02/2012; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 14524 del 01/07/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 20957 del 29/10/2004).

Sono dunque inammissibili le censure che il C., con il primo ed il terzo motivo, rivolge al decreto impugnato (stante la carenza di attitudine al giudicato dello stesso), sotto forma di vizi in iudicando o in procedendo, dirette a rimettere di discussione la sussistenza, o meno, delle gravi irregolarità ex art. 1129 c.c., comma 12, ovvero la valutazione dei presupposti legittimanti la statuizione di cessazione della materia del contendere, o, ancora, l’omesso esame di elementi istruttori che avrebbero diversamente potuto determinare il giudice del merito nella declaratoria della soccombenza virtuale (cfr. in termini Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9516 del 06/05/2005).

Quanto invece alle censure avverso la statuizione relativa alla compensazione delle spese del procedimento, va evidenziato come spetti comunque al giudice del merito, nel caso in cui dichiari cessata la materia del contendere, di deliberare il fondamento della domanda per decidere sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale, con apprezzamento di fatto la cui motivazione non postula certo di dar conto di tutte le risultanze probatorie, e che è sindacabile in cassazione sol quando, a sua giustificazione, siano enunciati motivi formalmente illogici o giuridicamente erronei. Quando, perciò, un giudizio sia stato definito con dichiarazione della cessazione della materia del contendere comprensiva, è ammissibile il ricorso per cassazione sul capo della decisione concernente le spese del giudizio soltanto se il suo oggetto sia limitato alla verifica della correttezza dell’attribuzione della qualità di soccombente, attraverso il riscontro dell’astratta fondatezza delle ragioni delle difese spiegate dal ricorrente per cassazione (Cass. Sez. 3, 14/07/2003, n. 10998; Cass. Sez. 1, 27/09/2002, n. 14023). Le stesse “gravi ed eccezionali ragioni”, indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, ben possono riguardare, come nella specie, specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, e, trattandosi di nozione necessariamente elastica, ad esse può certamente ricondursi il giudizio di ragionevolezza della pretesa di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio, risultata infondata per carenza di gravi irregolarità, ma comunque comprensibile alla luce della verificata scarsa trasparenza della gestione condominiale.

Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre provvedere sulle spese di questo giudizio di cassazione, in quanto l’intimata Franca P. non ha svolto difese.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta civile della Corte suprema di cassazione – 2, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

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