Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9346 del 28/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9346 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 6365-2011 proposto da:
COMUNE DI DONGO c.f. 00657120135, in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 48, presso lo studio
dell’avvocato AMITRANO MARGARETH, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ANNA BERRA, giusta
2014

delega in atti;
– ricorrente –

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contro

DE LUCA GIOVANNI c.f. DLCGNN56D27E507L;
– intimato –

Data pubblicazione: 28/04/2014

Nonché da:
DE LUCA GIOVANNI C.F. DLCGNN56D27E507L, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SAVOIA 78, presso lo studio
dell’avvocato MENALDI VALERIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato REZZONICO MARCO,

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

COMUNE DI DONGO C.F. 00657120135;
– intimato –

avverso la sentenza n. 751/2010 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 26/08/2010 R.G.N. 771/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato CORVASCE FRANCESCO per delega
AMITRANO MARGARETH;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
rigetto di entrambi i ricorsi.

giusta delega in atti

FATTO
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 26 agosto 2010, riformando
in parte la decisione del Tribunale di Como, dichiarava la illegittimità del
licenziamento disciplinare intimato il 10 ottobre 2007 a De Luca Giovanni dal
comune di Dongo con condanna di quest’ultimo a reintegrare il dipendente
nel posto di lavoro nonché al risarcimento del danno quantificato in misura
pari alla retribuzione globale di fatto dalla data del recesso alla effettiva
reintegrazione, oltre accessori; confermava l’impugnata sentenza nelle parti

in cui aveva rigettato la domanda proposta dal De Luca di declaratoria di
illegittimità del demansionamento e delle condotte vessatorie attuate nei
suoi confronti dal detto ente a decorrere dal 16.2.2007 e di risarcimento dei
conseguenti danni subiti.
Ad avviso della Corte territoriale il licenziamento era illegittimo in quanto
dei quattro addebiti contestati al De Luca nelle missive del 3 luglio e 7 agosto
2007: quello sub a) — ordinazione dei lavori senza copertura finanziaria alla
ditta Montini – era generico ed infondato; quello sub b) — ritardo nella
redazione della schema di contratto di appalto di lavori pubblici – era
generico e tardivo; quello sub c) — difformità del prospetto relativo alla
liquidazione del Fondo Incentivante la Progettazione a favore del personale
el l’ U. T . C. sulla cui scorta era stata adottata la determina , n. 24 del 7
dicembre 2005 – era tardivo; infine, quello sub d) – uso di apparecchiature
comunali per il perseguimento di interessi personali – era del tutto generico.
Inoltre, rilevava la Corte che l’appello non conteneva specifiche censure alla
motivazione della decisione gravata nella parte in cui aveva rigettato la
domanda relativa al demansionamento ed al conseguente risarcimento del
danno essendosi l’appellante limitato a lamentare una carente istruttoria
senza indicare quali fossero le circostanze, allegate e non potute provare,
ritenute rilevanti ai fini della decisione delle domande stesse.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il comune di Dongo
affidato a due motivi.
Resiste con controricorso il De Luca e propone ricorso incidentale fondato su
un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la
medesima sentenza ( ex art. 335 c.p.c.).

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Con il primo motivo del ricorso principale si deduce omessa insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio.
Dopo aver precisato che la Corte di Appello aveva erroneamente
considerato tra le circostanze prodromiche al licenziamento un episodio ( la
pratica Giardelli) non GAR9idefatO dal comune ricorrente tra le cause poste a
fondamento del licenziamento, si censura la sentenza impugnata per aver
erroneamente ritenute generiche e tardive, nei termini sopra precisati, le

contestazioni degli addebiti.
In particolare, quanto all’addebito sub a), la Corte, dopo averne affermato la
genericità per non essere stati specificati i lavori di cui la ditta Montini aveva
richiesto il pagamento nel giugno 2007, poi, contraddittoriamente aveva
rilevato che detti lavori erano stati appaltati alla ditt« Montini oltre che dal De
Luca anche dal Sindaco ( quelli di ripristino del lungolago) o solo dal Sindaco
( gli interventi per la perdita di acqua in piazza Martiri). Inoltre, dalla espletata
istruttoria (deposizioni dei testi Borrelli ed Angelinetta) era emerso che il De
Luca non aveva rispettato la procedura prevista “per l’affidamento dei lavori
in copertura finanziaria”.
Riguardo agli addebiti sub b) e c) evidenziava che il giudice del gravame
non aveva in alcun modo precisato le ragioni della ritenuta tardività visto che:
il rifiuto a redigere lo schema di contratto per il 2006 era awenuto con circa
dodici mesi di ritardo mentre la redazione del prospetto per la liquidazione
del FIP, dolosamente alterata onde assicurarsi un compenso superiore al
dovuto, era stata contestata non appena l’ente aveva avuto contezza
dell’alterazione, come emergeva dalle dichiarazioni rese dal segretario
comunale Borrelli. La Corte, inoltre, non aveva tenuto conto della copiosa
documentazione acquisita agli atti e sulla cui scorta il Tribunale aveva
reputato legittimo il licenziamento intimato.
Con il secondo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto e dei contratti ed accordi collettivi nazionali.
Si lamenta che la Corte di appello avrebbe ritenuto tardive le contestazioni
senza richiamare alcuna disposizione di legge e senza considerare che la
giurisprudenza aveva in più occasioni affermato il principio secondo cui la
immediatezza della contestazione doveva essere intesa in senso relativo,
tenendo conto del tempo necessario per l’accertamento dei fatti addebitati e
la loro valutazione nonché della struttura organizzativa datoriale. Inoltre, i
fatti contestati al De Luca integravano una violazione dei doveri di

2

comportamento di cui al disposto degli artt. 23, comma 3 lett. a), h) e m),
nonché 25 , comma 7 , lett. e) e i) del CCNL Enti Locali ed avevano
comportato anche danni economici all’ente.
Il primo motivo è inammissibile sotto vari profili.
Il primo luogo perché privo del requisito dell’autosufficienza.
Sul punto, vale ricordare che qualora il ricorrente in sede di legittimità
denunci l’omessa valutazione di un documento ovvero di una prova
testimoniale, il vizio di motivazione può ritenersi sussistente soltanto nel caso

di totale obliterazione del documento o di elementi deducibili dal documento,
oppure dalla deposizione, che si palesino idonei a condurre – secondo una
valutazione che la Corte di cassazione esprime sul piano astratto e in base a
criteri di verosimiglianza – ad una decisione diversa da quella adottata dal
giudice di merito. Nella denuncia di questo vizio, il ricorrente ha dunque
l’onere, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di
riprodurre il tenore esatto del documento, ovvero della prova testimoniale, il
cui omesso esame è denunciato, riportandone il contenuto nella sua
integrità, in modo da permettere siffatta valutazione di decisività, essendo
insufficienti i richiami “per relationem” agli atti della precedente fase del
giudizio, inammissibili in sede di legittimità ( ex multis: Cass. Ordinanza n.
17915 del 30/07/2010; Cass n. 4405 del 28/02/2006).
Orbene, nel motivo non risulta trascritto il contenuto né delle deposizioni
testimoniali cui si fa riferimento né dei documenti richiamati e né viene
indicato in quale fase del giudizio questi ultimi siano stati prodotti.
E’, inoltre, generico in quanto non tiene conto delle motivazioni esposte nella
impugnata sentenza e sulla cui scorta la contestazione degli addebiti è stata
considerata generica. Ed infatti, la Corte ha spiegato che solo all’esito della
istruttoria espletata era stato accertato quali fossero i lavori per i quali la ditta
Montini nel giugno 2007 aveva reclamato il pagamento e, dunque, nessuna
contraddizione è dato ravvisare nella motivazione che, peraltro, individua i
detti lavori per dimostrare anche la infondatezza dell’addebito evidenziando
che gli stessi erano stati appaltati non solo dal De Luca, ma anche dai
Sindaco.
Infine, è inammissibile anche perchè propone una diversa lettura delle
risultanze istruttorie con riferimento all’addebito sub a), ritenuto infondato
dalla Corte di appello, integrante un dissenso dalle conclusioni del giudice
del gravame e tesa a sollecitare una richiesta di controllo sulla motivazione
che si risolverebbe in una inammissibile duplicazione del giudizio di merito

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(cfr. Cass. 6288 del 18/03/2011; Cass. 10657/2010, Cass. 9908/2010, Cass.
27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009, Cass. 18885/2008, Cass.
6064/2008).
E’ il caso di evidenziare, peraltro, con riferimento all’addebito relativo al
rifiuto di redigere la schema contrattuale che la Corte di appello ha rilevato
che nelle stesse allegazioni del comune si evinceva che detta redazione
doveva avvenire nell’anno 2006 mentre la contestazione è del luglio 2007.
Il secondo motivo è, del pari, inammissibile perché generico e non tiene

conto della motivazione della impugnata sentenza nella quale vengono
illustrate le ragioni che hanno portato a ritenere tardiva la contestazione degli
addebiti ( con riferimento al rifiuto di redazione dello schema di contrato già
sopra si è detto; riguardo alla irregolare predisposizione del prospetto di
liquidazione del FIP viene spiegato come, rispetto ad una delibera in data 7
dicembre 2005 che si assume essere stata fondata su detto errato prospetto,
il comune non abbia indicato quando avesse effettuato il riesame della
pratica a seguito del quale si sarebbe avveduto delle irregolarità onde
dimostrare la tempestività della contestazione del luglio 2007 rispetto a fatti
del 2005).
Infine, va rilevato che il mezzo, nella parte in cui richiama le norme della
contrattazione collettiva, risulta del tutto inconferente con la motivazione
della decisione gravata.
Passando all’esame del ricorso incidentale si osserva che con l’unico motivo
viene dedotto che la Corte di merito avrebbe rigettato le domande relative al
demansionamento, al mobbing ed al risarcimento dei relativi danni con una
motivazione che non teneva conto del contenuto dell’atto di appello di cui
vengono riportati alcuni passi.
Si denuncia, altresì, anche omessa motivazione sulla domanda relativa alla
richiesta di saldo dell’indennità relativa al Fondo Incentivante di Produttività.
Il motivo è inammissibile perché non censura compiutamente l’impugnata
sentenza.
Quanto alla omessa motivazione il mezzo è anche privo del requisito
dell’autosufficienza in quanto, per come formulato, non consente di
comprendere i termini in cui la domanda sulla quale la Corte non avrebbe
motivato era stata proposta.
Entrambi i ricorsi, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili.
Le spese del presente giudizio, stante la reciproca soccombenza, vanno
compensate tra le parti.
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P.Q.M.
La Corte, riunisce i ricorsi, li dichiara inammissibili entrambi, compensa tra le
parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2014.

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