Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9346 del 21/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/05/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 21/05/2020), n.9346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30719-2018 proposto da:

M.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 8, presso lo studio dell’avvocato MARINA MILLI, rappresentata

e difesa dall’avvocato RAIMONDO FULCHERI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 568/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 23/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

ANTONIO FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 23 marzo 2018 la Commissione tributaria regionale del Piemonte confermava la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da M.M.G. contro l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle entrate aveva revocato le agevolazioni concesse per l’acquisto della prima casa in relazione ad imposte di registro, ipotecarie e catastali. Osservava la CTR che l’atto impositivo soddisfaceva l’obbligo di motivazione, in quanto la contribuente era stata posta nelle condizioni di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarla in giudizio. Riteneva che la vendita da parte della contribuente in favore del figlio della propria quota del 10% di abitazione sita nel medesimo comune in cui si trovava l’immobile per il quale era stata richiesta l’agevolazione costituisse abuso del diritto, in quanto preordinata ad ottenere un indebito vantaggio fiscale. Escludeva che, nella fattispecie, sussistesse l’obbligo di instaurare il preventivo contraddittorio.

Avverso la suddetta sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Va esaminato prioritariamente il secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, commi 4 e 5, per non avere la CTR ritenuto nel caso di specie necessaria l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale.

Il motivo è fondato.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 4, applicabile ratione temporis, stabiliva che “L’avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2”.

Secondo l’orientamento espresso da questa Corte, in materia tributaria, il principio generale di diritto comunitario del contraddittorio anticipato, di cui sono espressione sia la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, sia il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 bis, comma 4, trova applicazione anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti fattispecie elusive non riconducibili alle ipotesi tipiche contemplate dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, con conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento emesso, in assenza di particolari ragioni di urgenza, prima del termine dilatorio di sessanta giorni (Cass. n. 25759 del 2014; Cass. n. 406 del 2015).

Nella specie, essendo stata contestata alla contribuente una condotta elusiva integrante abuso del diritto, indipendentemente dalla ricorrenza di una delle ipotesi tipiche previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, sussisteva l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale.

La CTR ha quindi errato nell’affermare che la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo con la contribuente non aveva comportato l’illegittimità dell’avviso di accertamento, prevista invece a pena di nullità dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis.

L’accoglimento del secondo motivo di ricorso determina l’assorbimento del primo motivo.

In conclusione, diversamente dalla proposta del relatore, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.

Le spese dei gradi di merito possono essere compensate tra le parti, mentre le spese giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 21 maggio 2020

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