Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9346 del 16/04/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9346 Anno 2018
Presidente: DI VIRGILIO ROSA MARIA
Relatore: DI MARZIO MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 28532-2016 proposto da:
MORANDI PAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato UMBERTO DEFLORLAN;

– ricorrente contro
MORANDI MARIO, in proprio e quel legale rappresentante della
MORANDI SNC, DI MORANDI LINO E MARIO IN
LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliati in RONIA, VIA
VIRGILIO 8, presso lo studio dell’avvocato ILARIA

nccorn, che

li rappresenta e difende;

– controricorrentiavverso la sentenza n. 225/2016 della CORTE D’APPELLO di
‘I’RINTO, depositata il 02/09/2016;

Data pubblicazione: 16/04/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/02/2018 dal Consigliere Dott. MA URO DI
NIARZ IO.

RILEVATO CHE

riformando parzialmente la decisione adottata dal locale Tribunale, ha
rigettato la domanda di Morandi Paolo di liquidazione della quota del
socio deceduto Morandi Lino ai sensi dell’articolo 2289 c.c.,
dichiarando che lo stesso Morandi Paolo, quale erede di Morandi Lino
ha diritto ad ottenere il 50% del saldo attivo della liquidazione della
società Morandi S.n.c. come determinato all’esito della relativa
procedura, condannando il medesimo alla restituzione dell’importo di
€ 622.500,00 e dichiarando interamente compensate le spese di lite tra
le parti.
Ha in breve ritenuto la Corte territoriale, per quanto rileva, che, con il
decesso di Morandi Lino, uno dei due soci di Morandi S.n.c. di
Morandi Lino e Mario, il suo erede Morandi Paolo avesse diritto alla
quota di liquidazione all’esito della relativa procedura, per effetto della
deliberazione in tal senso del socio superstite, e non alla liquidazione
della quota alla data della morte del suo dante causa.

2.

Per la cassazione della sentenza Morandi Paolo ha proposto

ricorso per due mezzi illustrati da memoria.
Morandi S.n.c. di Morandi Lino e Mario in liquidazione ha resistito
con controricorso.

CONSIDERATO CHE

Ric. 2016 n. 28532 sez. M1 – ud. 13-02-2018
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1. — Con sentenza del 2 settembre 2016 la Corte d’appello di Trent°,

3.

Il ricorso contiene due motivi di violazione di legge svolti in

relazione agli articoli 2284, 2272 e 2289 c.c., con cui il ricorente
ribadisce la propria tesi secondo cui, in caso di morte di uno dei due
soci della società, l’erede del socio defunto avrebbe diritto alla
liquidazione della quota alla data del suo decesso, e non potrebbe

RITENUTO CHE
4. — Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione
semplificata.

5. — Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c..
Il quesito sollevato dal ricorrente concerne l’applicabilità dell’articolo
2284 c.c., che impone ai soci superstiti di liquidare la quota agli eredi, a
meno che non preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con
gli stessi eredi, se questi vi consentono, anche qualora la società, come
nel caso di specie, sia composta soltanto da due soci. La questione
rinvia al problema del coordinamento della citata disposizione con
l’articolo 2272, n. 4, c.c., alla stregua del quale la società si scioglie se
viene a mancare la pluralità dei soci, quando nel termine di sei mesi
essa non è ricostituita.
Secondo un primo orientamento patrocinato dalla dottrina, la mancata
ricostituzione della pluralità dei soci costituirebbe condicio _fiicti da cui
dipende lo scioglimento della società, sicché essa opererebbe
retroattivamente, eN- articolo 1360 c.c., comma 1, con l’ulteriore
conseguenza che, in mancanza della ricostituzione, la società dovrebbe
considerarsi sciolta al momento del venire a mancare della pluralità dei
soci; di qui l’inapplicabilità dell’articolo 2284 c.c., dovendosi ritenere
sciolta la società composta da due soci, per effetto della retroattività
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subire decisioni di segno diverso da parte del socio superstite.

della condizione, alla morte di uno di essi, con il diritto degli eredi alla
quota di liquidazione e non alla liquidazione della quota.
Secondo altra opinione, la mancata ricostituzione della pluralità dei
soci nel termine previsto va qualificata come conditio inris, priva di
efficacia retroattiva, sicché, in difetto di ricostituzione della pluralità dei

di cui all’articolo 2272, n. 4, c.c., mentre, in pendenza di detto termine,
il socio superstite, oltre ad optare per la ricostituzione, può avvalersi
della scelta tra le tre diverse soluzioni contemplate dall’articolo 2284
c.c..
Questa Corte ha sempre condiviso quest’ultimo, e prevalente anche in
dottrina, indirizzo, in forza del quale l’articolo 2284 c.c. si applica in
pieno anche nel caso di società composta da due soci.
Già in epoca remota è stato affermato che l’articolo 2284 c.c. trova
applicazione in tutti i casi di morte del socio, ossia anche in caso di
società costituita da due soci, sicché, in tale ipotesi, lo scioglimento del
rapporto particolare del socio defunto si verifica alla data della morte, e
gli eredi non sono ammessi a chiedere lo scioglimento della società e la
sua messa in liquidazione, rientrando la facoltà di scioglimento —
questo il punto che qui interessa — nell’esclusivo potere del socio
superstite e non degli eredi, i quali possono soltanto aderire alla
eventuale proposta di continuazione della società, finché non sia
scaduto il termine di cui all’articolo 2272, n. 4 (Cass. 18 giugno 1956, n.
2164). Si osserva che l’articolo 2272, n. 4, c.c. è diretto a regolare i
rapporti della società con i terzi: a tutela di costoro, mediante una
finzione giuridica, è prevista la continuazione della società sino alla
data in cui il socio superstite delibera lo scioglimento, o sino allo
scadere del termine di sei mesi, nel qual caso l’effetto si produce
necessariamente e:\,- num; viceversa, l’articolo 2284 c.c. regola i rapporti
Ric. 2016 n. 28532 sez. M1 – ud. 13-02-2018
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soci, lo scioglimento della società si produce alla scadenza del semestre

interni tra i soci, e, come dimostra la lettera, l’effetto dello scioglimento
del rapporto limitatamente al singolo socio ha luogo ex tunc.
Si è ribadito che nelle società di due soci, in caso di morte di un socio,
il socio superstite ha la facoltà di scegliere, entro i sei mesi concessi per
la ricostituzione della pluralità dei soci, tra la liquidazione della quota

liquidazione delle quote mediante lo scioglimento della società, non
può intraprendere nuove attività, poiché con l’inizio di esse
manifesterebbe per fricta conci/Identici la volontà di non sciogliere la
società, implicitamente rinunziando all’esercizio del diritto potestativo
riconosciutogli dall’articolo 2284 c.c. (Cass. 16 febbraio 1981, n. 936, la
quale con ampia motivazione presta adesione all’indirizzo dominale, di
cui si è detto, secondo cui la morte del socio trasforma il suo diritto
alla quota in diritto di credito degli eredi; ma se, nel termine di sei mesi,
interviene la delibera dei soci sopravvissuti di liquidare la società o il
contratto di continuazione tra soci ed eredi, allora alla morte consegue
nella prima ipotesi la successione degli eredi nella quota della società in
liquidazione, nella seconda ipotesi la loro successione nella quota della
società in attività d’impresa).
Si è ulteriormente precisato che la morte del socio di una società di
persone non determina necessariamente lo scioglimento generale della
società, né la formale liquidazione della stessa, sebbene la società sia
costituita da due soli soci, in quanto anche in questa ipotesi è
applicabile la disciplina dello scioglimento del rapporto sociale
limitatamente ad un socio ex articolo 2284 c.c., dovendo il socio
superstite procedere innanzitutto alla liquidazione della quota spettante
agli eredi dell’altro socio, fatte salve le eccezioni previste dallo stesso
articolo 2284 c.c., mentre lo scioglimento della società consegue solo
se, nei termini di cui all’articolo 2272, n. 4, c.c., la pluralità dei soci non
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agli eredi e lo scioglimento della società; ma se intende evitare la

viene ricostituita (Cass. 11 aprile 1995, n. 4169). Si legge in quest’ultima
decisione: «Dalla compam.zione di queste due norme e dalla loro particolare

collocnione nell’ambito del codice civile (la prima posta nel libro V, titolo I”,

se

capo IV, Dello scioglimento della società e, la seconda, nel successivo capo 11,
Dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio), la prevalente

disposi:zioni restano compatibili anche nell’ipotesi di morte di un socio in una società
composta da due soli soci, tal che l’applica:zione di una di esse non esclude quella
dell’altra (cfr., per l’analogo, ma dive,» caso di recesso di uno dei due soci, Cass.
22 giugno 1963 n. 2899). Infatti, la nascita del diritto degli eredi alla
liquidaione della quota e lo scioglimento della società sono conseguene di due
eventi distinti: il primo costituito dalla morte del socio; il secondo dalla mancata
ricostitiqione della _pluralità dei soci (Cass. 7 maggio 1974, n. 1278 e 16 luglio
1976, n. 2812; 22 dicembre 1978, n. 6156; 16 febbraio 1981, n. 936; 6

fe bbraio 1984, n. 903). Le norme, pertanto, hanno fin diverso ambito, inerendo la
prima ai rapporti esterni tra società e ter_zi e la seconda ai rapporti interni tra .s-oci.
Da ciò deriva che, nel caso di morte di uno dei due soci, il socio superstite deve
procedere innamzitutto alla liquida,zione della quota spettante agli eredi (salve le
ecce,—ioni previste dallo stesso art. 2284), firmo restando lo scioglimento della società
se, nei termini di cui all’art. 2272, n. 4, la pluralità dei soci non viene ricostituita».
La decisione menzionata da ultimo e la già citata Cass. 16 febbraio
1981, n. 936, sono state ulteriormente richiamate in una pronuncia con
cui, seguendo l’impostazione contenuta in tali precedenti, è stato
affermato che anche nella società di persone composta da due soli soci,
ove la morte di un socio determini il venir meno della pluralità dei soci,
non può riconoscersi un diritto degli eredi del socio defunto a
partecipare alla liquidazione della società ed a pretendere una quota di
liquidazione, anziché il controvalore in denaro della quota di
partecipazione, in quanto lo scioglimento della società costituisce un
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dotti-Ma e tutta la giurispruden,za hanno tratto il convincimento che le due

momento successivo ed eventuale rispetto allo scioglimento del
rapporto sociale limitatamente al socio e trova causa non tanto nel
venir meno della pluralità dei soci, quanto nel persistere per oltre sei
mesi della mancanza della pluralità medesima (Cass. 19 aprile 2001, n.
5809, erroneamente citata dal ricorrente in ricorso a sostegno della

Nella stessa identica linea si colloca la decisione, pure erroneamente
richiamata a proprio favore dal ricorrente, secondo cui anche nella
società di persone composta da due soli soci, ove la morte di uno di
essi determini il venir meno della pluralità dei soci, lo scioglimento del
rapporto particolare del socio defunto si verifica alla data del suo
decesso, mentre i suoi eredi acquistano contestualmente il diritto alla
liquidazione della quota secondo i criteri fissati dall’articolo 2289 c.c.,
vale a dire un diritto di credito ad una somma di denaro equivalente al
valore della quota del socio defunto in base alla situazione patrimoniale
della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento (Cass. 11
maggio 2009, n. 10802, la quale si limita a condividere l’orientamento
precedente e non prende posizione sull’eventualità che il socio
superstite possa esercitare le opzioni consentite dall’articolo 2284 c.c.
per il semplice fatto che la questione si collocava al di fuori della
materia del contendere).
Non vi è ragione di riconsiderare detto stabile Orientamento, in
applicazione del quale correttamente la Corte territoriale ha stabilito
che il socio superstite potesse deliberare la collocazione in liquidazione
della società, competendo pertanto al Morandi Paolo la quota di
liquidazione che ne sia o sarà derivata.

6. — Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il
raddoppio del contributo unificato.
Ric. 2016 n. 28532 sez. M1 – ud. 13-02-2018
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propria tesi).

PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso,
in favore della Contro_. ricorrente, delle spese sostenute per questo
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi C 3.600,00, di cui C

misura del 15°,(0 e quant’altro dovuto per legge, dichiarando ai sensi del
d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i
presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13,
comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2018.

100,00 per esporsi ed il resto per compenso, oltre spese generali nella

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