Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9345 del 28/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9345 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 13969-2012 proposto da:
LA GIOIA COSTRUZIONI S.R.L. P.I. 01232330728, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2
(STUDIO DOTT. PLACIDI), presso lo studio
dell’avvocato MARIANI GIUSEPPE, che la rappresenta e
2014

difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

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contro

CARIA ANGELO C.F. CRANGL37E16E859U, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 157, presso lo

Data pubblicazione: 28/04/2014

studio dell’avvocato LUCCHESE ALBERTO,

che

lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 7273/2011 della CORTE
D’APPELLO di BARI, depositata il 29/11/2011 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/01/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

5793/2007;

FATTO
La Corte di appello di Bari, con sentenza del 28 novembre 2011, riformando
la decisione del Tribunale in sede, dichiarava illegittimo il licenziamento per
giustificato motivo oggettivo intimato dalla La Gioia Costruzioni s.r.l. a Caria
Angelo in data 16 settembre 1999 condannando detta società a
corrispondere al lavoratore una indennità pari alla retribuzione globale di
fatto dal giorno del licenziamento sino al 15 maggio 2002 ( data di
necessario collocamento a riposo del Caria per raggiunti limiti di età) oltre

accessori di legge.
Ad avviso della Corte le ragioni poste a fondamento del licenziamento non
erano state provate. In particolare, la allegata crisi aziendale dovuta alla
mancata aggiudicazione del nuovo contratto di appalto con l’AMGAS non era
stata dimostrata non essendo le perdite di esercizio ricollegabili alla
cessazione dell’appalto con AMGAS. Inoltre, l’assunzione in data 2 giugno
1999 ( tre mesi prima del licenziamento in questione) di altro dipendente con
le medesime mansioni del Caria (autista) non era stata affatto giustificata
dalla società la quale non aveva neppure provato l’impossibilità di collocare
utilmente l’appellante in mansioni equivalenti od anche inferiori.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso La Gioia Costruzioni
s.r.l. affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso Caria Angelo.

DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 18 della L. n. 300/1970 e dell’art. 3 della L. 15 luglio 1966 n. 604 per
non avere la Corte di merito tenuto conto delle risultanze istruttorie dalle
quali era emerso che l’appalto con AMGAS rappresentava l’80% del lavoro
aziendale negli anni 1998 -1999 e che la cessazione dello stesso aveva
comportato una crisi aziendale, attestata dalle perdite di esercizio, e la
necessità di licenziare altri nove dipendenti, oltre al Caria, tutti addetti al
cantiere AMGAS, onde evitare la perdita anche degli altri posti di lavoro
residui.
Il motivo è inammissibile.
Vale ricordare che nel caso in cui venga impugnata con ricorso per
cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni,
tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla
cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato
oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo
1

nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi
lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla
cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le
ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è
sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto
di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il
ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba

interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o
del capo impugnato ( Cass. Sez. U, n. 16602 del 08/08/2005; successive
conformi, ex multis: Cass. n. 21431 del 12/10/2007; Cass. Sez. U, n. 10374

del 08/05/2007).
Orbene, nel caso in esame, è stata censurata solo una delle due “rationes
decidendi” poste a fondamento della impugnata sentenza. Ed infatti, nessuna
critica è stata mossa alla seconda delle ragioni addotte dalla Corte di merito
a sostegno dell’accoglimento del gravame e cioè il fatto che la società
datrice di lavoro non aveva provato la impossibilità di collocare utilmente il
lavoratore in mansioni equivalenti od anche inferiori rientranti nel bagaglio
professionale del medesimo, così violando l’obbligo di “repechage”.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo con
attribuzione all’avv. Alberto Lucchese per dichiarato anticipo fattone.

P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso, condanna la ricorrente alle spese
del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3.000,00
per compensi professionali, oltre accessori di legge fied –euro t00,00
jsi con distrazione in favore dell’avv. Alberto Lucchese.
Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2014.

essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di

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