Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9345 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9345 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 22600-2009 proposto da:
ANGELICI ALESSANDRO titolare dell’omonima Ditta,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CESI
44, presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO GESSINI,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA 3, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lqrappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 08/05/2015

nonchè contro
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

intimato

avverso la sentenza n. 80/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 30/09/2008;

udienza del 10/03/2015 dal Consigliere Dott. LAURA
TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GESSINI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato MELONCELLI
che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

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RITENUTO IN FATTO

Il ricorrente aveva eccepito il difetto di motivazione degli avvisi, avvenuto
per relationem, e l’acritico recepimento da parte dell’Ufficio delle conclusioni
rassegnate dal Comando di Polizia Tributaria nell’aprile 2001.
La decisione della CTP, adottata con sentenza n. 294/36/07, era sfavorevole
al contribuente che la appellava dinanzi alla Commissione Tributaria
Regionale del Lazio.
2. Il giudice di appello, nel rigettare l’impugnazione con la sentenza n.
80/26/08, depositata il 30.09.08 e non notificata, affermava l’infondatezza
della doglianza in merito alla carenza di motivazione degli avvisi di
accertamento, rimarcando che il contribuente non aveva contestato le
circostanze di fatto e di diritto poste a base delle conclusioni adottate in
sede di verifica.
Affermava poi che non sussisteva alcuna violazione dell’art.39 del DPR
n.600/1973, in quanto l’accertamento era da qualificarsi di tipo analitico
induttivo e non sintetico, ancorchè l’Ufficio avesse proceduto ai sensi
dell’art.39, comma 1 lett. d) del DPR n.600/1973. La pretesa tributaria
appariva, pertanto , legittima perché basata su un accertamento pur
sempre analitico, perché i dati non erano stati presunti, ma ricavati anche
dalle dichiarazioni del contribuente che avevano permesso di determinare
una ricostruzione indiretta dei componenti positivi del reddito.
3. Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi e
illustrato da memoria ex art.378 cpc. L’Agenzia delle entrate resiste con
controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Con il primo motivo il contribuente lamenta la violazione ed errata
interpretazione dell’art.112 cpc, in relazione all’art.360, comma 1 n.4, cpc,
in quanto, a suo dire, la CTR avrebbe ignorato due censure proposte
nell’atto di appello.
La prima relativa ad un prospettato errore materiale compiuto dall’Ufficio
nell’indicare i corrispettivi dichiarati dal contribuente in misura inferiore a
quanto effettivamente dichiarato, con la conseguenza di determinare una
ripresa a tassazione maggiore del dovuto.
La seconda relativa al procedimento logico matematico seguito
nell’effettuare il calcolo dei corrispettivi presunti, che risultava incongruente

R.G.N. 22600/2009
Cons. est. Laura Tricorni

1. Angelici Alessandro, esercente l’attività di commercio al dettaglio di carni
bovine, con separati ricorsi impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria
Provinciale di Roma gli avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2000 e
2001, con i quali era stato accertato a suo carico un reddito maggiore di
quello dichiarato con conseguente recupero a tassazione, ai fini IVA, IRPEG
ed IRAP.

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in quanto erano stati utilizzati dati non omogenei, addizionando e
sottraendo valori differenti e cioè prezzi di vendita e prezzi di acquisto.

Sostiene il contribuente che la CTR nel respingere l’appello aveva affermato
la legittimità dell’accertamento qualificandolo come analitico-induttivo in
quanto fondato su dati ricavati anche dalla dichiarazioni della parte privata,
senza tuttavia fare alcun cenno alla natura dei dati – ricavati da parametri
generali predeterminati dal Ministero delle Finanze- con i quali l’Ufficio
aveva rideterminato i ricavi ed il volume di affari dichiarato. In particolare
ricordava di avere eccepito nell’atto di appello che gli indicatori settoriali – e
cioè i parametri di valutazione degli “scarti di lavorazione” e delle “rese”
delle carni acquistate e vendute al dettaglio non potevano rappresentare
indici oggetivi di capacità economica ma, al limite, elementi da tenere in
considerazone ai fini di un successivo e più approfondito accertamento,
mentre l’Ufficio si era limitato ad un recepimento acritico ed automatico dei
dati forniti dal Ministero. A corredo formula il seguente quesito “Dica la
Corte di cassazione se i criteri fissati dal Ministero delle Finanze nella
metodologia di controllo per il commercio al dettaglio di carni abbiano
introdotto dei parametri matematici la cui applicazione costituisca una
presunzione semplice che, da sola, non è idonea a giustificare la rettifica
della dichiarazione dei redditi del contribuente e quindi che la Commissione
Tributaria Regionale, nel respingere l’appello ha violato l’art.39, comma 1,
lett. d) del DPR n.600/1973 e l’art.54, comma 3, del DPR n.633/1972 e
l’art.2729 cc”.
1.3. Con il terzo motivo il ricorrrente lamenta la omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, in
relazione all’art.360, comma 1 n.5, cpc, e ripropone le medesime doglianze
di cui al primo motivo, sotto la veste del vizo motivazionale.
1.4.1. I motivi risultano tutti inammissibili e vanno respinti.
1.4.2. Innanzi va rilevato che la critica portata alla sentenza, anche sotto il
profilo della omessa pronuncia, trascura del tutto l’esame degli elementi di
fatto sui quali la motivazione sarebbe meritevole di censura e non solo non
trascrive gli specifici passaggi dell’avviso di accertamento e dell’atto di
appello, necessari per comprendere il concreto atteggiarsi delle astratte
doglianze, ma non ne propone nemmeno una diversa interpretazione, né
indica gli specifici fatti, almeno a campione, sui quali la motivazione sarebbe
omessa, insufficiente o contraddittoria í né le ragioni logico giuridiche di tale
affermazione. Il contribuente si limita a contestare in via astratta la
decisione, assumendo la sussistenza dei vizi dedotti e portando
alternativamente la critica anche nei confronti dell’avviso di accertamento,
che tuttavia non trascrive.

R.G.N. 22600/2009
Cons. est. Laura Tricorni

1.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed erronea
interpretazione degli artt.39, comma 1, lett. d) del DPR n.600/1973, 54,
comma 3, del DPR n.633/1972 e 2729 cc, in relazione all’art.360, comma 1
n.3, cpc.

1.4.3. In particolare con le doglianze proposte in merito ai difetti di calcolo
ed alla non omogeneità dei dati utilizzati per il conteggio (primo e terzo
motivo) la parte si limita a censurare l’apoditticità e carenza di motivazione
della sentenza impugnata sulla base della ricostruzione dei fatti auspicata
da sé medesima, senza tuttavia fornire gli elementi specifici e completi
(dichiarazione dei redditi ed avviso di accertamento) da cui evincere,
nell’ambito della complessiva emergenza accertativa, la eventuale
fondatezza della doglianza sui dati che la parte assume essere stati
erroneamente considerati e senza esplicitare in concreto le ragioni per cui
la motivazione è inidonea a giustificare la decisione, mediante lo specifico
riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua
provenienza e all’ effettiva incidenza, tanto più che sul punto nella sentenza
vi è espressa spiegazione sulla discrasia dei dati relativi ai corrispettivi
dichiarati dal contribuente risultanti dal pvc e dall’avviso di accertamento,
collegata alla diversa epoca di rilevazione degli stessi (cfr. Cass. sent.
n.4589/2009).
carenze
si
riverberano
negativamente
sul
piano
1.4.4.
Tali
dell’autosufficienza dei motivi primo e terzo e ne decretano l’inammissibilità.
1.4.5. Quanto alla doglianza proposta con il secondo motivo, va rilevato che
il contribuente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che
ha respinto il suo appello sulla considerazione che l’accertamento era stato
di tipo analitico -induttivo, in quanto legittimamente basato su dati non
presunti perchè ricavati delle dichiarazioni rese dallo stesso contribuente in
contraddittorio; a fronte di ciò il quesito articolato sulla legittimità
dell’utilizzo dei parametri ministeriali non trova alcuna corrispondenza
motivazionale nella sentenza. Peraltro non risulta evidenziata nemmeno la
decisività della questione, né, sul piano dell’autosufficienza, sono riportati i
passi dell’avviso di accertamento da cui ricavare l’utilizzo di detti parametri.
2.1. In conclusione il ricorso va rigettato per inammissibilità di tutti i motivi.
2.2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella
misura stabilita in dispositivo.
CANCELLMA
P.Q.M.

MAS 20.15

La Corte di cassazione,
– rigetta il ricorso per inammissibilità di tutti i motivi;
– condanna il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità
che liquida nel compenso di C.6.500,00, oltre spese prenotate a debito;
Così d ciso in Roma, camera di consiglio del 10 marzo 2015.

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