Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9344 del 08/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9344 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 16162-2009 proposto da:
HMC ITALIA SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliatok,in ROMA VIA F.
GALIANI

68,

presso lo studio dell’avvocato PIETRO

SELICATO, che lo, rappresenta e difende giusta delega
a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO
DI MILANO 2;

Nonché da:

intimati

Data pubblicazione: 08/05/2015

’ AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente

domiciliato, in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo.,rappresenta e difende;
– controricorrente con ricorso incidentale –

HMC ITALIA SRL, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI
MILANO 2;

intimati –

avverso la sentenza n. 49/2008 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata 1’11/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/03/2015 dal Consigliere Dott. LAURA
TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato SELICATO che ha
chiesto l’accoglimento;

udito per il

controricorrente l’Avvocato MELONCELLI

che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

contro

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RITENUTO IN FATTO
1. Sulla base di un processo verbale di constatazione, notificato il 24.07.06,
l’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società H.M.C. Italia SRL
l’avviso di accertamento n. R1Q03T400003/2007 per maggiori imposte IVA,
IRPEG ed IRAP e sanzioni, relative all’anno di imposta 2003.

2. L’avviso di accertamento era impugnato dalla società dinanzi alla
Commissione Tributaria Provinciale di Milano che, con la sentenza
n.388/09/07, accoglieva parzialmente il ricorso.
Avverso tale decisione proponeva appello la contribuente sulla sola
questione dei costi per prestazioni di servizi, pari ad €. 262.200,79, ritenuti
non di competenza, sostenendo che i costi correttamente erano stati
imputati all’anno 2003. Osservava che i costi erano stati imputati al 2003
perché nel 2002 non vi erano stati ricavi ed i costi, inerenti la pubblicazione
della rivista Marie Claire uscita con il n.1/2003 nel dicembre 2002 (esercizio
2002 chiuso anticipatamente nel novembre 2002) 1 erano direttamente
collegati al prodotto finale, essendo necessario per costruire la rivista la
elaborazione di materiale anche acquisito mesi prima, come avveniva nel
campo delle riviste periodiche: sosteneva , quindi, che ai sensi dell’art.109,
comma 2 lett. b) del TUIR, i costi relativi ai servizi rilevavano solo quando le
prestazioni erano completate e, nel caso in esame, anche se alcune
componenti risalivano al 2002, la completezza si era avuta solo
nell’esercizio 2003 con la pubblicazione del primo numero della rivista.
In via subordinata, anche a voler ritenere errato il proprio comportamento,
la contribuente chiedeva l’esclusione delle sanzioni per incertezza
normativa, sottolineando che non vi era stata alcuna perdita per l’Erario.
La CTR della Lombardia con la sentenza n. 49.35.08, depositata 1’11.07.08 e
non notificata, ritenuto ammissibile l’appello, lo accoglieva solo per la
richiesta subordinata, afferente le sanzioni.
3. Il giudice di secondo grado affermava che le regole di redazione dei
bilanci, anche con riferimento agli esercizi di competenza, non potevano
essere empiricamente alterate ad arbitrio del contribuente secondo canoni
logici, necessariamente soggettivi. Rilevava che il materiale commissionato
ed ottenuto nell’esercizio precedente avrebbe potuto essere utilizzato in
modo diverso o ripetuto, per cui non poteva collegarsi direttamente ai
servizi apparsi sul primo numero della rivista, edita nell’esercizio successivo,
e respingeva sul punto l’appello.

R.G.N. 16162/2009
Cons. est. Laura Tricorni

In particolare venivano recuperati a tassazione, per quanto interessa il
presente processo, costi per prestazioni di servizi di competenza
dell’esercizio precedente rispetto a quello verificato, per €.262.200,79.

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Riteneva inoltre non apprezzabile la doglianza in merito alla doppia
imposizione, per l’impossibilità di recuperare i costi, poiché tale evento non
era dovuto ad un meccanismo impositivo viziato fino al punto di risolversi in
un doppio esborso per la contribuente, bensì ad un errore della stessa,
come tale non recuperabile.

4. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre
motivi e corroborato da memoria ex art.378 cpc. L’Agenzia delle entrate
resiste con controricorso e propone ricorso incidentale su un motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Con il primo motivo la contribuente lamenta la violazione e/o falsa
applicazione dell’art.109 (già art.75), commi 1, 2 e 5 del DPR n.917/1986
(TUIR), in relazione all’art.360, comma 1 n.3, cpc, e lo illustra con il
seguente quesito” Dica codesta Suprema Corte se, ai sensi dell’art.109 (già
art.75), commi 1, 2 e 5 del DPR n.917/1986, possa il Giudice Tributario
(come ritenuto dalla CTR) ritenere che dei componenti negativi di reddito
relativi a prestazioni di servizi debbano essere dedotti nell’esercizio indicato
dalla data della loro fatturazione o del pagamento del corrispettivo; o se,
invece, come ritenuto dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (nonché
dalla dottrina ragionieristica e dalla consolidata prassi amministrativa), i
suddetti componenti negativi debbono essere dedotti avendo riguardo al
momento di ultimazione delle prestazioni nell’esercizio della loro effettiva
partecipazione al risultato di periodo attraverso il conseguimento dei
corrispondenti ricavi. Ciò in applicazione del principio di diritto secondo il
quale, in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione temporale dei
componenti di reddito devono seguire il principio di competenza economica,
stabilito in generale dall’art.109 del DPR n.917/1982, che si basa sulla
correlazione dei costi con i ricavi la quale implica che gli elementi reddituali
negativi derivanti da una determinata operazione siano iscritti in bilancio
non con riferimento alla data della loro fatturazione e dell’effettivo
pagamento, ma tenendo conto del principio di correlazione con i corrispettivi
ricavi”.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa
applicazione dell’art.163 del DPR n.917/1986, in combinato disposto con
l’art.53 della Cost., in relazione all’art.360, comma 1 n.3, cpc.

R.G.N. 16162/2009
Cons. est. Laura Tricorni

Trovava invece accoglimento la domanda subordinata, per cui veniva
disposto l’annullamento delle sanzioni, sulla scorta di una riconosciuta
incertezza normativa.

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Sostiene che la sentenza impugnata, disconoscendo la deduzione dei costi in
questione ha violato i principi del divieto di doppia imposizione e di capacità
contributiva.

1.3. Il primo motivo è infondato e tale pronuncia assorbe anche la disamina
del secondo motivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 2, lett. b) del DPR
n.917/1986 “i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano
conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute,
dalla data in cui le prestazioni sono ultimate” e questa Corte ha più volte
affermato che “In tema di imposte sui redditi, i costi relativi a prestazioni di
servizio sono, a norma del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 2, lett.
b), di competenza dell’esercizio in cui le prestazioni medesime sono
ultimate, senza che abbia rilevo alcuno il momento in cui viene emessa la
relativa fattura o effettuato il pagamento” (Cass. sent. n. 3947/2011; cfr.
anche sent. n. 9096/2012).
Ciò perché in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione
temporale dei componenti negativi, dettate in via generale dal D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917, art. 75, sono inderogabili, non essendo consentito
al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un
esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di
competenza, così da alterare il risultato della dichiarazione; ne’
l’applicazione di detto criterio implica di per sè la conseguenza, parimenti
vietata, della doppia imposizione, che è evitabile dal contribuente con la
richiesta di restituzione della maggior imposta (cfr. Cass. sent.
n.16349/2014).
Tale criterio di imputazione temporale, contrariamente a quanto assume la
ricorrente, riguarda le prestazioni in sé considerate (nel caso, servizi
giornalistici) e non l’utilizzo delle stesse, che evidentemente consegue ad
una attività nuova e diversa non riconducibile a coloro che le prestazioni
hanno già reso, ma al committente che le impiega secondo le proprie
esigenze editoriali, anche temporali, e nella misura in cui realmente
rispondono all’obiettivo editoriale che si prefigge, per ottenere un nuovo
prodotto e cioè la rivista.

R.G.N. 16162/2009
Cons. est. Laura Tricorni

In particolare afferma che, nel caso di specie, non avrebbe potuto farsi
ricorso all’istanza di rimborso in quanto il periodo di imposta ne’e qualki costi
in questione avrebbero dovuto concorrere a formare il reddito aveva
evidenziato una perdita e la maggior perdita, conseguente all’imputazione
del costo, non sarebbe più stata riportabile in avanti.

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Dagli atti peraltro non risulta che le prestazioni in considerazione si siano
concluse in epoca successiva a quella risultante dalle fatture (cfr Cass.
sent. n.27296/2014).

2.1. Con il terzo motivo lamenta la contraddittoria e/o insufficiente
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi
dell’art.360, comma 1 n.5, cpc, che sintetizza così “se i costi afferenti i
servizi contestati alla società ricorrente potevano (dovevano) essere dedotti
nell’esercizio (2003), in cui sono stati effettivamente utilizzati attraverso la
pubblicazione del servizi in questione, ovvero nell’esercizio (2002) in cui gli
stessi sono stati fatturati, pagati e/o conseguiti.”.
Il motivo è inammissibile perché prospetta in via alternativa due vizi
(contraddittorietà della motivazione e insufficienza motivazionale)
incompatibili tra di loro. E’ altresì inammissibile perché sotto la veste del
vizio motivazionale, propone la medesima censura per violazione di legge
già esposta con il primo motivo.
3.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la Agenzia lamenta la falsa
applicazione dell’art.8 del DLGS n.546/1992 e dell’arti° della L
n.212/2000, in relazione all’art.360, comma 1 n.3, cpc.
Sostiene la parte pubblica che la CTR ha errato nel ricondurre ad obiettive
condizioni di incertezza sulla portata e l’ambito di applicazione della norma
tributaria” quella che risultava essere una mera convinzione soggettiva della
contribuente circa il criterio di individuazione dell’esercizio in cui effettuare
la deduzione del costo.
3.2. Il motivo è fondato, alla luce del consolidato orientamento di questa
Corte, secondo cui in tema di sanzioni amministrative per violazioni di
norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che, ai sensi del D.Lgs.
31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, costituisce causa di esenzione del
contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una
condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui
destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del
risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa,
riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per
la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa
qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello
professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico
soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la

R.G.N. 16162/2009
Cons. est. Laura Tricorni

La decisione della CTR, che si è attenuta a tali principi, appare pertanto
immune da vizi.

ragionevolezza di una determinata interpretazione” (Cass. n. 3245 e n.
4522 del 2013, n. 24670 del 2007).

4.1. In conclusione il ricorso principale va rigettato, infondato il primo
motivo, assorbito il secondo, inammissibile il terzo. Il ricorso incidentale va
accolto e la sentenza impugnata va conseguentemente cassata; 1. non
essendo necessarie ulteriori valutazioni, può essere decisa nel merito con il
rigetto del ricorso originariamente proposto anche in punto di sanzioni.
4.2. Le spese seguono la soccombenza e la ricorrente principale va
condannato alla refusione delle spese del giudizio di legittimità nella misura
stabilita in dispositivo.
Le spese delle fasi di merito vanno compensate in ragione dell’evolversi
processuale della vicenda.
P.Q.M.
La Corte di cassazione,
– rigetta il ricorso principale, infondato il primo motivo, assorbito il secondo
ed inammissibile il terzo,;
– accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta il ricorso originario anche in punto di sanzioni;
– condanna la ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità
che liquida nel compenso di €.13.000,00, oltre spese prenotate a debito;
– compensa le spese di giudizio delle fasi di merito.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
MAL 2M
L

Così deciso in Roma, camera di consiglio del 10 marzo 2015.

Nel caso in esame non è stato evidenziato alcun obiettivo elemento di
incertezza normativa, ma è stato considerato solo il mero convincimento
della società contribuente, peraltro manifestato in relazione ad un’unica
specifica fattispecie concreta.

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