Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9340 del 28/04/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9340 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 8291-2012 proposto da:
SOCIETA’

IMMOBILIARE MEDITERRANEA SPA OGGI SACI

IMMOBILIARE MEDITERRANEA SPA 00358840833 in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dagli avvocati FIANNACCA
GIOVANNI, TODARO NICOLA, giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 0636691001 in persona del
Direttore Generale pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 28/04/2014

difende, ape legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 21/02/2011 della Commissione
Tributaria Regionale di PALERMO – Sezione Staccata di
MESSINA dl 19.7.2010, dp itt il 24/01/2011i

camera dì

consiglio del 03/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott.
GIUSEPPE CARACCIOLO.

uditd ld relazinne della causa svolta riúlia

La Corte, ritenuto
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
l’appello proposto dalla “Immobiliare

La CTR di Palermo ha respinto

Mediterranea spa” -appello proposto contro la sentenza n.463113/2005 della CTP di
Messina che aveva respinto il ricorso della società contribuente avverso avviso di
accertamento emesso ai fini dell’imposta INVIM Straordinaria a mezzo del quale
l’Amministrazione, pur lasciando invariati i valori iniziali di alcuni immobili di
proprietà della contribuente siti in Messina, ne aveva però incrementato il valore
finale, sulla scorta di una perizia di stima effettuata dall’UTE.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che anche ove l’Ufficio non
avesse fornito la concreta prova del valore oggetto di stima, competeva comunque al
giudice tributario addivenire ad una valutazione del bene in contestazione, valore che
la CTR riteneva di poter rinvenire nell’affidabile stima effettuata dall’Ufficio Tecnico
Erariale allegata al provvedimento di accertamento, nella quale era stata verificata la
consistenza dei singoli immobili oggetto di dichiarazione di alcuni dei quali era stata
riconosciuta la congruità della rendita catastale, mentre rispetto ad altri era stato
assegnato un maggior valore, in funzione della variazioni catastali intervenute.
D’altronde, gli immobili valutati si trovavano tutti in zone centralissime di Messina,
con conseguente appetibilità nel mercato immobiliare cittadino.
La società contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.

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letti gli atti depositati

Infatti, con il primo motivo di impugnazione (improntato, nella rubrica, sia alla
violazione di legge sia alla insufficiente motivazione, ma concretamente sviluppato
solo in rispetto al secondo dei detti profili) la ricorrente si duole del fatto che il
giudicante non abbia assegnato il giusto rilievo all’aspetto della evidente
sproporzione tra i valori iniziali dichiarati e quelli finali effettivamente accertati,

appello si era limitato a riproporre il contenuto puramente descrittivo della stima
UTE, con motivazione in realtà apparente e perciò viziata, specie a fronte della
argomentata incongruità della proporzione tra i predetti valori.
Il motivo appare inammissibilmente formulato per difetto di autosufficienza.
A tale proposito è sufficiente osservare che, secondo la giurisprudenza di questo
giudice di legittimità, in base al principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una
commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso
in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento -il quale non è atto
processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti
di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile
requisito di legittimità dell’atto stesso- è necessario, a pena di inammissibilità, che il
ricorso riporti (cosa che nella specie non è accaduta) testualmente i passi della
motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal
giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo
giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (v. Cass. n. 15867
del 2004).
Orbene, poiché la parte ricorrente censura la decisione di appello per essersi il
giudicante appiattito sulle valutazioni attribuite agli immobili dall’UTE (in specie
evidenziandone motivo di criticità nella abnorme sproporzione tra valori iniziali a
valori finali) sarebbe stato suo preciso onere fornire dettagliata esposizione circa il
contenuto di detta relazione estimativa, onde consentire alla Corte di espletare
debitamente il necessario vaglio in ordine alla “decisività” del fatto identificato ai

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discrepanza ingiustificata rispetto ad un breve intervallo temporale. Il giudice di

fini del prospettato vizio di motivazione, in difetto di che, non resta che considerare
che non è possibile passare all’esame del merito del motivo.
Con il secondo motivo di impugnazione (allo stesso modo del precedente centrato sia
sulla violazione di legge che sul vizio di motivazione) la parte ricorrente —premesso
che la stima dell’UTE sulla quale si fondava l’accertamento avrebbe dovuto essere

Amministrazione Finanziaria, assumeva che detta stima non poteva costituire
elemento certo di riscontro e prova del maggior valore accertato.
Anche detto motivo di impugnazione appare inammissibilmente formulato.
Ed invero, con esso la parte ricorrente critica liberamente le determinazioni cui è
pervenuto il giudice di appello (peraltro senza considerare che quello ha fatto propria
ed ha condiviso la stima del valore degli immobili, ritenendola proporzionata alla
posizione ed all’appetibilità di mercato degli stessi) senza in alcun modo identificare
in quale dei vizi tassativamente fissati dall’art.360 cpc egli sarebbe incorso e perciò
senza considerare che l’impugnazione dei provvedimenti giudiziali in sede di
legittimità è improntata al criterio della “critica vincolata”, senza il rispetto del quale
il motivo di impugnazione non può essere esaminato nel merito.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 15 settembre 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che nessuna delle parti ha depositato memoria illustrativa;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.

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considerata “una stima di parte”, poiché proveniente da un ufficio della stessa

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in € 2.700,00 oltre spese prenotate a debito.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Così deciso in Roma il 3 aprile 2014

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