Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9339 del 20/04/2010

Cassazione civile sez. III, 20/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 20/04/2010), n.9339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8963-2009 proposto da:

FILM & VIDEO INTERNATIONAL SNC di PEZZELLA V. e FIGLI in persona

del

socio Amministratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

FARNESINA 355, presso lo studio dell’avvocato AMORESANO ALESSANDRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARTINO RINALDO, giusta delega a

margine della seconda pagina del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.L.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE REGINA MARGHERITA 140, presso lo studio dell’avvocato FERRETTI

ANNA MARIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SCACCIAVILLANI ITALO PAOLO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 545/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

5.2.08, depositata il 21/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la ricorrente l’Avvocato Martino Rinaldo che si riporta

agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 7 aprile 2009 la Film & Video International S.n.c. di Pezzella V. e Figli ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 21 febbraio 2008 dalla Corte d’Appello di Milano che, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva rigettato la domanda di condanna di B. L.A. al pagamento del corrispettivo di 30.000 videocassette.

Il B. ha resistito con controricorso.

2 – la formulazione dei due motivi di ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 c.p.c., n. 4 e art. 366-bis c.p.c..

La prima norma (art. 366 c.p.c., n. 4) prescrive che il ricorrente specifichi i motivi per i quali chiede la cassazione della sentenza impugnata. Quanto alla seconda (art. 366 bis c.p.c.) occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, essa va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso. Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1381 c.c.; vizio logico e insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5) in relazione agli audiovisivi su malattie infettive e menopausa.

Le argomentazioni addotte a sostegno, svolte in oltre trenta pagine nelle quali vengono sviluppate numerose questioni fattuali, trattano una serie di rilievi attinenti a parti diverse della sentenza, per cui la censura viene a perdere il necessario carattere di specificità per assumere la veste di un contenitore nel quale sono state riversate doglianze plurime. Queste caratteristiche si riverberano sul quesito, che la stessa ricorrente riconosce essere articolato (in effetti plurimo), il quale non postula l’affermazione di un principio di diritto, decisivo per la controversia e di applicazione generalizzata, basato sulla denunciata violazione e falsa applicazione (neppure specificate come se si trattasse di sinonimi) dell’art. 1381 c.c. e che risulta privo anche del momento di sintesi formulato sulla base dei requisiti sopra enunciati, necessario per circoscrivere il fatto controverso e specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza impugnata si presenti, rispettivamente, illogica, insufficiente, erronea e contraddittoria (è evidente, ad esempio, che la motivazione su un punto non può essere, al tempo stesso, omessa e contraddittoria). In realtà i quesiti chiedono alla Corte un accertamento dei fatti all’origine della controversia e una valutazione dei medesimi, cioè di compiere attività riservate al giudice di merito.

Anche la seconda parte della censura si conclude con un quesito che non richiede l’enunciazione di un principio di diritto e che si sostanzia in affermazioni attinenti al merito.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 230 e 244 c.p.c., vizio logico e omessa motivazione sulla mancata ammissione delle dedotte prove per interpello e testi su fatti controversi e decisivi per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5) in relazione agli audiovisivi su malattie infettive e menopausa. Anche questo motivo – come il primo – tratta congiuntamente violazioni e false applicazioni di norme di diritto e vizi di motivazione e già tale modus censurandi si pone in contrasto con la norma di riferimento.

Inoltre contiene censure intrinsecamente contraddittorie poichè violazione e falsa applicazione di norme non sono sinonimi, ma l’una esclude l’altra e la motivazione di un capo della sentenza non può essere nello stesso tempo omessa, insufficiente e contraddittoria, di talchè viene a mancare la necessaria indicazione specifica delle doglianze.

Anche questa censura si conclude con un quesito che non consente l’enunciazione di un principio di diritto basato sulle norme indicate nella titolazione del motivo e che non contiene un momento di sintesi adeguato per le stesse ragioni indicate con riferimento al primo motivo.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria e ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria non inducono a statuizione diversa; si osserva in particolare: a) è onere del ricorrente per cassazione esporre adeguatamente i fatti di causa e lo svolgimento del processo, mentre la sentenza della Corte ben può limitarsi ad indicare sinteticamente quanto sufficiente per comprendere quale sia l’oggetto della controversia; b) l’elaborazione giurisprudenziale ha ormai definitivamente chiarito i requisiti che debbono presentare il quesito di diritto necessario allorchè vengano denunciate violazione e falsa applicazione di norme di diritto e il momento di sintesi che occorre quando viene lamentato il vizio di motivazione; c) nessuno dei due motivi presenta un quesito di diritto in armonia con i criteri indicati dalle Sezioni Unite; d) i denunciati vizi di motivazione non trovano specificazione in appropriati momenti di sintesi e, piuttosto, la ricorrente tende a riferire la propria ricostruzione dei fatti di causa;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2010

 

 

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